Sentenze

Pensioni professionisti, due sentenze (TAR Lazio e Cassazione) sotto la lente

Per la Cassazione sono illegittimi i tetti per i pensionati pre 2007, mentre per il Tar Lazio i montanti possono essere rivalutati

venerdì 11 settembre 2015 - Redazione Build News

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Sulle pensioni dei professionisti la giurisprudenza si è recentissimamente pronunciata con due sentenze, una del Tar Lazio e l'altra della Cassazione, illustrate sul sito di Confprofessioni.

TAR LAZIO: I MONTANTI SONO RIVALUTABILI. Con la sentenza 11081, depositata lo scorso 7 settembre, il TAR Lazio ha annullato il provvedimento (prot. 9989 del 9/07/2014) con il quale il Ministero del Lavoro ha bocciato la delibera dell’Epap (4/2014 del 26/02/2014) per la maggiore rivalutazione dei montanti a favore degli iscritti di una parte del rendimento maturato sulla gestione previdenziale. 

L’Epap fa parte di quegli enti costituiti con il Dlgs 103/96 che da sempre calcolano l'assegno pensionistico con il sistema contributivo, quindi l'equilibrio finanziario è garantito ma l'assegno è più basso rispetto a quello erogato con il sistema retributivo; ma la sentenza del Tar Lazio si estende a tutti gli altri enti di previdenza.

L'interpretazione finora accettata secondo la quale la rivalutazione dei montanti è equivalente alla media quinquennale della variazione del PIL nominale (che per il 2014 è negativa, - 0,1927% e che per legge è stata “accordata” allo 0% - Art. 5 comma 1 del DL n.65 2015 convertito dalla legge 105/2015) è crollata anche e soprattutto con la delibera Epap bocciata dal Ministero del Lavoro e reintrodotta dal Tar Lazio. Nel febbraio 2014 l'Epap, infatti, per cercare di migliorare le future pensioni dei propri iscritti (geologi, attuari, chimici, agronomi e forestali) aveva deciso di versare nel “conto” di ogni iscritto un rendimento extra. Il calcolo fatto dalla Cassa prevedeva di considerare la differenza positiva fra il rendimento effettivo e il tasso di capitalizzazione previsto dalla legge 335/95 (riforma Dini) e cioè la media quinquennale del Pil - calcolata dall'Istat - e in caso di risultato positivo la metà di questa differenza sarebbe stata riconosciuta ai montanti individuali e l'altra metà entra in un fondo di riserva.

LA CASSAZIONE BOCCIA I MASSIMALI PENSIONABILI. I pensionati delle Casse di previdenza privatizzate, andati in quiescenza prima del primo gennaio 2007, hanno diritto alla riliquidazione della pensione se il loro ente, per contenere la spesa previdenziale, aveva fissato un "massimale pensionabile". Lo hanno deciso le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 17742, depositata lo scorso 8 settembre.

La Suprema Corte, infatti, a Sezioni Unite, ha stabilito che la pensione dovrà essere riliquidata nella misura dovuta con il metodo più conveniente, quello del rigoroso ‘pro rata’ in vigore prima della ‘riforma Dini’. La questione dell’applicazione del criterio pro rata in maniera «rigorosa» o attenuata – ossia che tenga conto delle esigenze di tenuta del sistema e della solidarietà con le future generazioni piuttosto che dei diritti quesiti – è stata oggetto di altalenanti verdetti della Suprema Corte che, con la sentenza 17742, molto attesa dalle Casse, è intervenuta in una materia contrassegnata dalla «incertezza della giurisprudenza» e da «dubbi interpretativi».

Con questa decisione, è stato respinto il ricorso della Cassa dei ragionieri e dei periti commerciali contro la sentenza con la quale la Corte di Appello di Torino, nel 2012, aveva affermato il diritto di un ragioniere andato in pensione di vecchiaia dal 2001 «alla riliquidazione della prestazione, a decorrere dal momento della maturazione della pensione». La Corte di Appello, dando ragione al ragioniere pensionato, ‘promotore’ di questa battaglia giudiziaria, aveva dichiarato «illegittima» la fissazione del massimale pensionistico deliberato dalla Cassa nel 1997, dopo la riforma ‘Dini’ che ha introdotto il sistema contributivo. E per ottenere gli importi ‘tagliati’ dai massimali, la Suprema Corte, con una seconda ‘cattiva’ notizia per le Casse, afferma che la prescrizione è decennale e non quinquennale.

I PRINCIPI DI DIRITTO AFFERMATI DALLA CASSAZIONE. Nella suddetta sentenza 17742/2015 la Corte di cassazione ha affermato i seguenti principi di diritto:

A) Nel regime dettato dalla 1. 8.08.95 n. 335 (legge di riforma del regime pensionistico obbligatorio e complementare), gli enti di previdenza privatizzati di cui al d.lgs. 30.06.94 n. 509 (tra cui rientra la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore di ragionieri e periti commerciali) non possono adottare, in funzione dell'obiettivo di assicurare l'equilibrio di bilancio e la stabilità delle proprie gestioni, provvedimenti (quale la delibera 28.06.97 del Comitato dei delegati della Cassa, approvata con decreto 31.07.97 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale) che, lungi dall'incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano un massimale allo stesso trattamento e, come tali, risultino incompatibili con il rispetto del principio del pro rata, previsto dall'art. 3, c.12, della stessa legge 8.08.95 n. 335, in relazione alle anzianità già maturate rispetto all'introduzione delle modifiche derivanti dagli stessi provvedimenti.

B) Nel regime previdenziale dettato dalla 1. 8.08.95 n. 335 (legge di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), per le prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del d.lgs. 30.06.94 n. 509 (tra cui rientra la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore di ragionieri e periti commerciali) ed in relazione alle anzianità già maturate rispetto all'introduzione delle modifiche imposte dalla legge di riforma, per i trattamenti pensionistici maturati prima del 1° gennaio 2007 trova applicazione l'art. 3, c. 12, della 1. n. 335 del 1995 nella formulazione originaria, che prevedeva l'applicazione rigorosa del principio del pro rata.

C) Nel regime previdenziale e per gli enti indicati al capo che precede, per i trattamenti pensionistici maturati dal 1' gennaio 2007 in poi trova applicazione l'art. 3, c. 12, della 1. 8.08.95 n. 335 nella formulazione introdotta dall'art. 1, c. 763, della 1. 27.12.06 n. 296, che prevede che gli enti previdenziali suddetti emettano delibere che mirano alla salvaguardia dell'equilibrio finanziario di lungo termine, "avendo presente" — e non più rispettando in modo assoluto — il principio del pro rata, tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni. Con riferimento agli stessi trattamenti pensionistici maturati dopo dal 10 gennaio 2007, sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale già adottati dagli enti medesimi ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della legge n. 296 del 2006, ai sensi dell'ultimo periodo del detto art. 1, c. 763, della legge n. 296 del 2006, come interpretato dall'art. 1, c. 488, della 1. 27.12.13 n. 147, il quale ha contenuto chiarificatore del dettato legislativo e non viola i canoni legittimanti l'intervento interpretativo del legislatore desumibili dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

D) Il diritto al pagamento dei ratei delle prestazioni pensionistiche liquidate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del d.lgs. 30.06.94 n. 509 (tra cui rientra la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore di ragionieri e periti commerciali), oggetto di richiesta di riliquidazione, non si prescrive nel termine quinquennale di cui all'art. 2948, n. 4, cc., ma in quello decennale ordinario previsto dall'art. 2946 c.c.”.

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