Negli ultimi anni si è parlato molto di smart home, immaginando che nel futuro l’intelligenza, ovvero la capacità dei dispositivi domestici di comunicare fra di loro garantendo maggiore comfort e semplicità di utilizzo, potesse essere l’unica evoluzione della visione di casa. Ma questa prospettiva è reale? Quanto si è investito e si sta investendo in questa direzione? Quali limiti e quali potenzialità hanno le nuove tecnologie per la gestione e il controllo della casa? Cerca di fare il punto della situazione Hayley Tsukayama con un articolo pubblicato sul Washington Post, partendo da una recente notizia dal mercato: le dimissioni di Tony Faddell, il fondatore di Nest, la startup, acquistata da Google nel 2014 per 3,3 mln di dollari, produttrice dell’omonimo termostato intelligente.
I malfunzionamenti dei dispositivi
Nest avrebbe dovuto essere l’apripista per una vsione di smart home. Ma qualcosa non ha funzionato. E’ stata lenta a lanciare i prodotti e quando lo ha fatto non sempre sono stati un successo. Il sistema di allarme Nest Proctect ha riscontrato diversi malfunzionamenti che hanno costretto l’azienda a disabilitare la funzione più innovativa, quella che prevedeva l’arresto dell’allarme passando la mano sotto il rilevatore.
Altri problemi si sono avuti con dei dispositivi di gestione del riscaldamento, i cui guasti hanno lasciato le persone al freddo per diverso tempo, provocando un’ondata di lamentele e proteste finitE sulle prime pagine del New York Times.
Non c'è ancora integrazione
Tutti questi ostacoli stanno evidenziando le problematiche che possono verificarsi nel mercato delle smart home. Dove le aspettative in molti casi non sono diventate realtà. Nella realtà i dispositivi che dovrebbero dialogare gli uni con gli altri non lo fanno perché non vi è ancora un’integrazione totale.
Attualmente gli utenti si trovano in difficoltà perché in molti casi i sistemi non ‘dialogano fra loro’ come promesso e perché sono costretti a barcamenarsi con una serie di password collegate ai sistemi che rendono tutto molto più complicato del dovuto.
I problemi riscontrati dagli utenti
Un sondaggio della società di consulenza Accenture redatto all’inizio del 2016 evidenziava come alcune persone avevano scelto di abbandonare l’uso dei cosiddetti elettrodomestici intelligenti. I motivi, secondo l’indagine, erano diversi. Si va dalla preoccupazione per la violazione di privacy e di sicurezza personale alla semplice difficoltà di gestire tutti i sistemi, ritenuti troppo complicati da utilizzare. A queste motivazioni se ne aggiunge anche un’altra, legata al fatto che l’innovazione tecnologica è un treno in corsa e il timore di acquistare dispositivi che potrebbero nel giro di poco risultare desueti è più che reale. Soprattutto se si considera che, a conti fatti, di smart home si è fatto un gran parlare ma Nest non ha avuto finora grandi competitor e la competizione, invece, è molto importante da un punto di vista di sviluppo tecnologico e di spinta sul mercato.
Forse è troppo presto per dire che la casa possa essere intelligente
Tutto ciò ovviamente non deve spingere a ritenere il mercato della casa intelligente una bufala. E’ un terreno molto promettente ma probabilmente non ancora maturo per presentarsi implementabile nella quotidianità. Un esempio tangibile ce lo dà il dispositivo ‘Siri in a box’ lanciato da Google con l’obiettivo di gestire attraverso comandi vocali una serie di dispositivi domestici, e non solo. Non vi è stata una risposta entusiastica da parte dei potenziali consumatori, perché se ho già il mio smartphone che, grazie a Siri, mi permette di svolgere una serie di operazioni, perché devo acquistare un altro dispositivo così simile negli intenti?