Una signora ha impugnato i provvedimenti con i quali il Comune di Anacapri ha ordinato la sospensione e la demolizione delle opere (ulteriori rispetto a quello già oggetto della precedente ordinanza di demolizione prot. 3406 del 2.3.2006) consistenti:
- nella creazione di uno spazio coperto di circa mq 29 costituito da struttura metallica (pergola bioclimatica) alta circa mt. 2,60, previa realizzazione di massetto di calpestio, delimitata su trae lati da murature;
- nella pavimentazione delle aree destinate a giardino, con posa in opera di una piscina autoportante seminterrata per circa mt. 0,84;
- in una piccola baracca in legno di mt. 1,63 x 1,63 x 2,20 alt. non infissa al suolo;
- in un pergolato in pali di castagno di circa mt. 4,90 x 4,00 con sovrastante incannucciato;
- nella pavimentazione in quarzite di un’ulteriore superficie di circa mq. 25 del giardino per creazione di un vialetto per area terrazzata.
Con la sentenza n. 1666/2023 pubblicata il 14 marzo, il Tar Campania (Sezione Sesta) ha giudicato infondato il ricorso.
Rileva il Collegio che le opere oggetto dei provvedimenti impugnati sono ulteriori rispetto a quelle già sanzionate con ordinanza prot. 3406 del 2.3.2006. In tale ipotesi, la giurisprudenza condivisa dal Collegio ritiene che “In presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili nella loro oggettività alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o del risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione” (T.A.R. Napoli sez. VII, 19/07/2021, n. 4968).
“Le opere in argomento peraltro”, osserva il Tar Napoli, “ad accezione del pergolato in pali di legno con sovrastante incannucciato, non sono riconducibili all’attività edilizia libera ma al più a quelle realizzabili mediante dichiarazione dell’interessato ai sensi dell’art. 22 del DPR 380/01, tenuto conto:
- che la struttura metallica (pergola bioclimatica) alta circa mt. 2,60 poggia su un massetto di calpestio ed è delimitata su tre lati da muri preesistenti, mentre quella libera deve essere aperta su almeno tre lati; sul tema la giurisprudenza spiega che “Il pergolato è una struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o terrazze, costituita da un'impalcatura formata da montanti verticali ed elementi orizzontali che li connettono ad una altezza tale da consentire il passaggio delle persone; di norma quindi, come struttura aperta su tre lati e nella parte superiore, non richiede alcun titolo edilizio; di contro, il pergolato stesso, quando sia coperto superiormente, anche in parte, con una struttura non facilmente amovibile, diventa una tettoia, ed è soggetto alla disciplina relativa” (Consiglio di Stato, sez. IV, 22/08/2018 , n. 5008);
- che la pavimentazione ha trasformato ampie aree destinate a giardino per cui è riconducibile a una nuova costruzione ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. e), d.P.R. n. 380/2001, determinando un consumo di suolo e, dunque, una trasformazione tendenzialmente irreversibile di quest'ultimo;
- che la piscina è seminterrata per circa mt. 0,84 e quindi essendo fissa al suolo comporta una durevole trasformazione del territorio;
- che la baracca in legno di mt. 1,63 x 1,63 x 2,20 alt. seppure non infissa al suolo ha una destinazione funzionalmente stabile”.
In conclusione, il Tar Campania ha respinto il ricorso “siccome destituito di fondamento, fatta eccezione per il pergolato in pali di castagno di circa mt. 4,90 x 4,00 con sovrastante incannucciato”.