La sesta sezione del Consiglio di Stato, nella sentenza n. 306/2017 pubblicata il 25 gennaio (IN ALLEGATO), ha osservato che “in relazione ad alcune opere, normalmente di limitata consistenza e di limitato impatto sul territorio, come pergolati, gazebo, tettoie, pensiline e, più di recente, le pergotende, non è sempre agevole individuare il limite entro il quale esse possono farsi rientrare nel regime dell’edilizia libera o invece devono farsi rientrare nei casi di edilizia non libera per i quali è richiesta una comunicazione all’amministrazione preposta alla tutela del territorio o il rilascio di un permesso di costruire”.
Sovente “sono i regolamenti edilizi comunali che dettano le regole, anche sulle dimensioni, che possono avere tali opere per poter essere realizzate liberamente o previa comunicazione o richiesta di assenso edilizio.
Alle disposizioni comunali si aggiungono poi, per le aree sottoposte a vincolo paesaggistico o ad altri vincoli, le limitazioni imposte dai diversi strumenti di tutela”.
PERGOLATO. Il Consiglio di Stato precisa che il pergolato costituisce “una struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o terrazze e consiste, quindi, in un’impalcatura, generalmente di sostegno di piante rampicanti, costituita da due (o più) file di montanti verticali riuniti superiormente da elementi orizzontali posti ad una altezza tale da consentire il passaggio delle persone.
Il pergolato, per sua natura, è quindi una struttura aperta su almeno tre lati e nella parte superiore e normalmente non necessita di titoli abilitativi edilizi.
Quando il pergolato viene coperto, nella parte superiore (anche per una sola porzione) con una struttura non facilmente amovibile (realizzata con qualsiasi materiale), è assoggettata tuttavia alle regole dettate per la realizzazione delle tettoie”.
Palazzo Spada ha già affermato che il pergolato “ha una funzione ornamentale, è realizzato in una struttura leggera in legno o in altro materiale di minimo peso, deve essere facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, e funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni (Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 5409 del 29 settembre 2011)”.
GAZEBO. Il gazebo, chiarisce il Consiglio di Stato nella sentenza n. 306/2017 in esame, “nella sua configurazione tipica, è una struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili. Spesso il gazebo è utilizzato per l'allestimento di eventi all’aperto, anche sul suolo pubblico, e in questi casi è considerata una struttura temporanea. In altri casi il gazebo è realizzato in modo permanente per la migliore fruibilità di spazi aperti come giardini o ampi terrazzi”
Nel caso in esame l’opera realizzata dall’appellante “non può ritenersi assimilabile ad un gazebo per la sua forma, che non è quella tipica di un gazebo, per i materiali utilizzati, che non sono tutti leggeri, e perché la struttura è stata realizzata in aderenza ad un preesistente immobile in muratura”.
VERANDA. Per quando riguarda la veranda Palazzo Spada ricorda che nell’Intesa sottoscritta il 20 ottobre 2016 , ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni, concernente l'adozione del regolamento edilizio-tipo di cui all'articolo 4, comma 1-sexies del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, la veranda è stata definita (nell’Allegato A) «Locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili».
La veranda, “realizzabile su balconi, terrazzi, attici o giardini, è caratterizzata quindi da ampie superfici vetrate che all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro. Per questo la veranda, dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria dell’edificio e una modifica della sua sagoma e necessita quindi del permesso di costruire”.
PERGOTENDE. Il Consiglio di Stato ricorda che la sua sesta sezione “ha, di recente, affermato che le pergotende, la cui agevole realizzazione è oggi possibile grazie a nuove tecniche e nuovi materiali, sono destinate a rendere meglio vivibili gli spazi esterni delle unità abitative (terrazzi o giardini) e sono installate per soddisfare quindi esigenze non precarie (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1619 del 27 aprile 2016).
Le “pergotende” non si connotano, pertanto, per la temporaneità della loro utilizzazione, ma costituiscono un elemento di migliore fruizione dello spazio esterno, stabile e duraturo.
Ciò premesso, la Sezione, nella stessa citata decisione, ha ritenuto che le pergotende, tenuto conto della loro consistenza, delle caratteristiche costruttive e della loro funzione, non costituiscano un’opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo.
Infatti, ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 e 10 del DPR n. 380 del 2001, sono soggetti al rilascio del permesso di costruire gli “interventi di nuova costruzione”, che determinano una “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio”, mentre una struttura leggera (nella fattispecie esaminata in alluminio anodizzato) destinata ad ospitare tende retrattili in materiale plastico non integra tali caratteristiche.
L’opera principale non è, infatti, la struttura in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa, con la conseguenza che la struttura (in alluminio anodizzato) si qualifica in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda.
Quest’ultima, poi, integrata alla struttura portante, non può considerarsi una “nuova costruzione”, posto che essa è in materiale plastico e retrattile, onde non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio. Infatti la copertura e la chiusura perimetrale che essa realizza non presentano elementi di fissità, stabilità e permanenza, per il carattere retrattile della tenda, «onde, in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie».
Inoltre l’elemento di copertura e di chiusura è costituito da una tenda in materiale plastico, privo di quelle caratteristiche di consistenza e di rilevanza che possano connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione.
Sulla base di tali considerazioni la Sezione ha quindi ritenuto che una delle due strutture nella fattispecie realizzate, destinata unicamente al sostegno (in alluminio) di un elemento di arredo temporaneo consistente in una tenda retrattile, non abbisognava del previo rilascio di un permesso di costruire, risolvendosi «in un mero elemento di arredo del terrazzo su cui insiste».
Infatti la struttura di alluminio anodizzato (nella fattispecie esaminata) è stata ritenuta un mero elemento di sostegno della tenda e quindi non poteva considerarsi un nuovo organismo edilizio determinante una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio”.
Mentre nell’altra struttura contestualmente esaminata, “la natura e la consistenza del materiale utilizzato (il vetro) faceva sì che la struttura di alluminio anodizzato si configurava non più come mero elemento di supporto di una tenda, ma piuttosto costituiva la componente portante di un vero e proprio manufatto, che assumeva la consistenza di una vera e propria opera edilizia, connotandosi per la presenza di elementi di chiusura che, realizzati in vetro, costituivano vere e proprie tamponature laterali con un carattere di stabilità tale da non poter essere realizzate in assenza del titolo abilitativo necessario per le nuove costruzioni”.
Anche in una precedente decisione la sesta sezione del Consiglio di Stato “aveva affermato che la pergotenda è qualificabile come mero arredo esterno quando è di modeste dimensioni, non modifica la destinazione d’uso degli spazi esterni ed è facilmente ed immediatamente rimovibile, con la conseguenza che la sua installazione si va ad inscrivere all’interno della categoria delle attività di edilizia libera e non necessita quindi di alcun permesso (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1777 dell’11 aprile 2014)”.
IL CASO IN ESAME. Tutto ciò premesso, Palazzo Spada ritiene che “l’ordinanza di demolizione impugnata non possa ritenersi legittima perché le opere realizzate dall’appellante, peraltro in un’area che non è sottoposta a vincolo paesaggistico, sono prive, in gran parte, di quelle caratteristiche di consistenza e di rilevanza che possano farle connotare come componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione”.
Le opere oggetto dell’ordinanza impugnata “si connotano, infatti, per la presenza di teli e tende in materiale plastico facilmente amovibili, che aderiscono ad una struttura di sostegno che è costituita da tre pilastrini verticali in muratura e da alcune travi di legno collocati sia in verticale che nella parte superiore.
La struttura portante, sebbene non tutta con materiali leggeri, può anche farsi rientrare nella categoria dei pergolati (come sostiene l’appellante). Una delle tende laterali può essere poi considerata una vera e propria pergotenda, che può essere aperta o chiusa mediante un sistema di scorrimento veloce. Sostanzialmente hanno la stessa caratteristica anche le tende collocate sugli altri lati che possono essere movimentate manualmente su apposite guide scorrevoli e possono essere chiuse o aperte mediante appositi occhielli.
Restano evidentemente di meno facile amovibilità la copertura della struttura, che è stata realizzata con teli di plastica che sono stati fissati alla travi di legno superiore con chiodi e rondelle, e la piccola porta posta sul lato A della struttura”.
Secondo il Consiglio di Stato “la presenza di tali opere che sono meno facilmente amovibili e che possono avere una certa rilevanza edilizia, anche in base alla disciplina eventualmente dettata dal regolamento edilizio comunale, non giustifica comunque l’emanazione di una ordinanza di demolizione che ha riguardato l’intera struttura, con la conseguente possibile acquisizione, nel caso di mancata ottemperanza, dell’area interessata”.