Il titolo di perito industriale spetterà non più ai diplomati degli istituti tecnici bensì a coloro che siano in possesso della laurea.
È quanto prevede un emendamento al disegno di legge n. 2299 di conversione del decreto-legge n. 42, sulla funzionalità del sistema scolastico e della ricerca, approvato dalla commissione Istruzione del Senato e ora all'esame dell'Assemblea di Palazzo Madama.
IL TITOLO SPETTERÀ NON PIÙ AI DIPLOMATI MA AI LAUREATI. La commissione ha approvato l’emendamento 1.0.300 (testo 2) e il relativo subemendamento 1.0.300 testo 2/1 (testo 2) che intervengono, con l’inserimento di un articolo 1-bis, sull'ordinamento professionale dei periti industriali di cui alla legge 2 febbraio 1990, n. 17, prevedendo (con una novella all’articolo 1), che il titolo di perito industriale spetti non più "ai licenziati degli istituti tecnici che abbiano conseguito lo specifico diploma secondo gli ordinamenti scolastici", bensì "a coloro che siano in possesso della laurea prevista dall'articolo 55, comma 1, del regolamento di cui al D.P.R. 5 giugno 2001, n. 328".
In base alla disposizione citata agli esami di Stato per le professioni di agrotecnico, geometra, perito agrario e perito industriale, oltre che con i titoli e tirocini previsti dalla normativa vigente e dalla attuazione della legge 10 febbraio 2000, n. 30, si accede con la laurea comprensiva di un tirocinio di sei mesi. Restano ferme le attività professionali riservate o consentite e le prove attualmente previste per l'esame di Stato.
A tal fine l’emendamento approvato apporta ulteriori modifiche anche all’articolo 2 della L. n. 17/1990 e prevede altresì che oltre quanto previsto dall'articolo 3, comma 2, della legge 2 febbraio 1990, n. 17, conservano efficacia ad ogni effetto di legge i periodi di praticantato, i titoli di studio maturati e validi ai fini dell'ammissione all'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della libera professione, nonché i provvedimenti adottati dagli organi professionali dei periti industriali e dei periti industriali laureati secondo le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, per un periodo di cinque anni dalla medesima data. Per il medesimo periodo, conservano il diritto di accedere all’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della libera professione anche i soggetti che conseguono un titolo di studio valido a tal fine ai sensi della normativa previgente.