Poiché non sono validamente assentiti con un permesso di costruire in corso di validità, sono illegittimi i lavori edilizi che non sono stati iniziati entro il termine di un anno dal rilascio del permesso e che non sono stati completati entro il triennio.
Lo ha ribadito la terza sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 1152/2016.
La suprema Corte ricorda che, secondo quanto prescrive l'art. 15 del Testo Unico Edilizia (dPR n. 380 del 2001), all'atto del rilascio del permesso a costruire la competente Amministrazione indica anche i termini fissati per l'inizio ed il termine delle opere assentite. Mentre per quanto riguarda l'ultimazione dei lavori questo termine non può essere, di regola, superiore alla durata di tre anni dall'inizio delle opere, per dare inizio ad esse il titolare del permesso è onerato ad attivarsi entro un anno dal rilascio del permesso. Tali termini possono essere prorogati, con provvedimento motivato, solo in presenza di fatti sopravvenuti indipendenti dalla volontà del titolare.
AUTOMATICITÀ DELLA INEFFICACIA PER L'INUTILE DECORRENZA DEL TERMINE FISSATO PER L'INIZIO O L'ULTIMAZIONE DEI LAVORI ASSENTITI. La Cassazione aggiunge infine che “come rilevato dalla giurisprudenza amministrativa, nel vigente contesto normativo, così come d'altra parte in quello precedentemente applicabile, non è ravvisabile la presenza di alcuna norma o principio di diritto che imponga l'emanazione di un provvedimento espresso riguardo alla intervenuta decadenza, posto che la legge stessa disciplina in via diretta la durata della concessione e, in via tassativa, le ipotesi per ottenerne la proroga: con la conseguenza, quindi, che la decadenza della concessione edilizia per mancata osservanza del termine di inizio dei lavori opera di diritto e che il provvedimento pronunciante la decadenza, se eventualmente adottato, ha carattere meramente dichiarativo di un effetto già verificatosi ex se, in via diretta, in ragione dell'infruttuoso decorso del termine prefissato”.