La determinazione reiettiva del permesso di costruire, quando si limita ad un’apodittica affermazione di principio sulla contrarietà dell’attività edilizia ad uno strumento urbanistico quale il piano di lottizzazione, risulta viziata da difetto di motivazione, atteso che l’obbligo di motivazione legislativamente imposto va declinato in adeguate argomentazioni che chiariscano la non compatibilità dell’opera con le singole prescrizioni di piano preposte a tutela dell’ordinato sviluppo del territorio.
Lo ha precisato il Tar Campania, sez. II, nella sentenza n. 3326 del 5 luglio 2016.
I giudici amministrativi premettono che “il principio della necessaria motivazione degli atti amministrativi, scolpito nell’art. 3 della legge n. 241/1990, non è altro che il precipitato dei più generali principi di buona amministrazione, correttezza e trasparenza, cui la p.a. deve uniformare la sua azione e rispetto ai quali sorge per il privato la legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni giustificative del provvedimento incidente sui suoi interessi, anche al fine di poter esercitare efficacemente le prerogative di difesa innanzi all’autorità giurisdizionale”.
In tale ottica “è carente di motivazione il diniego di permesso di costruire fondato su un generico contrasto dell’opera progettata con leggi, regolamenti o strumenti urbanistici, dovendo invece il diniego stesso soffermarsi sulle disposizioni normative e/o sulle previsioni di riferimento contenute negli strumenti urbanistici che si assumano ostative al rilascio del titolo, in modo da consentire all’interessato, da un lato, di rendersi conto degli impedimenti che si frappongono alla realizzazione dell’opera e, dall’altro, di confutare in giudizio, in maniera pienamente consapevole ed esaustiva, la legittimità del provvedimento impugnato”.