Con la sentenza n.3563/2017 pubblicata il 19 luglio, la quarta sezione del Consiglio di Stato chiarisce alcuni punti relativi all'azione di annullamento dinanzi al giudice amministrativo e alla nozione di vicinitas.
La costante giurisprudenza del Consiglio di Stato “ritiene che l'azione di annullamento davanti al giudice amministrativo sia soggetta a tre condizioni fondamentali: il c.d. titolo o possibilità giuridica dell'azione (cioè la posizione giuridica configurabile in astratto da una norma come di interesse legittimo, ovvero come altri dice la legittimazione a ricorrere discendente dalla speciale posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal quisque de populo rispetto all'esercizio del potere amministrativo); l'interesse ad agire (ex art. 100 c.p.c. ); la legitimatio ad causam (o legittimazione attiva, discendente dall'affermazione di colui che agisce in giudizio di essere titolare del rapporto controverso dal lato attivo)”.
LA NOZIONE DI VICINITAS. In tale quadro la nozione di vicinitas “consente, in astratto, di censurare i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione di una nuova attività economica al titolare di analoghe attività nella zona che si trovi in situazione di stabile collegamento con la stessa”.
Tuttavia, la richiamata nozione di vicinitas “è stata dalla giurisprudenza nel tempo affinata e più adeguatamente specificata nella sua concreta portata attraverso significativi e sostanziali correttivi. Tra questi, la necessaria sussistenza di un reale pregiudizio che venga a derivare dalla realizzazione dell'intervento assentito, specificando con riferimento alla situazione concreta e fattuale come, perché, ed in quale misura il provvedimento impugnato incida la posizione sostanziale dedotta in causa, determinandone una lesione concreta, immediata e di carattere attuale”.
Quindi, oggi la nozione di vicinitas “è diversamente apprezzata, quanto meno con riguardo alla circostanza per cui ad impugnare il permesso di costruire cui è correlata un'autorizzazione commerciale sia un operatore economico. In questo caso, la nozione ha subito una ulteriore peculiare elaborazione da parte della giurisprudenza del Consiglio di Stato”. In particolare, “il criterio dello stabile 'collegamento territoriale', che deve legare il ricorrente all'area di operatività del controinteressato per poterne qualificare la posizione processuale e conseguentemente il diritto di azione, si specifica identificandosi nella nozione di stesso bacino d'utenza della concorrente. Ma anche in questo caso, l’interesse processuale deve però collegarsi oggettivamente all’apprezzabile calo del volume d'affari del ricorrente”.
Così, la legittimazione al ricorso “non può di certo configurarsi allorquando l'instaurazione del giudizio appaia finalizzata a tutelare interessi emulativi, di mero fatto o contra ius, siccome volti nella sostanza a contrastare la libera concorrenza e la libertà di stabilimento”.
Pertanto “il riconoscimento della legittimazione ad agire non è genericamente ammesso nei confronti di tutti gli esercenti commerciali, ma è subordinato al riconoscimento di determinati presupposti, e ciò al fine di poter ritenere giuridicamente rilevante, nonché qualificato e differenziato, l'interesse all'impugnazione”.