Sentenze

Permesso di costruire, nuova sentenza del Consiglio di Stato sulla decadenza

L’operatività della decadenza della concessione edilizia necessita dell’intermediazione di un formale provvedimento amministrativo, seppur avente efficacia dichiarativa di un effetto verificatosi ex se e direttamente

giovedì 28 dicembre 2017 - Redazione Build News

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Con la sentenza n. 5285/2017 depositata il 15 novembre, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha affrontato la questione se la decadenza della concessione edilizia operi anche in assenza di un’apposita dichiarazione amministrativa, come sostenuto nel caso in esame dal Comune con il conforto di una parte della giurisprudenza, soprattutto di primo grado (Cfr. Tar Sicilia Catania, Sez. I, 16 febbraio 2015, n. 528; Tar Sicilia Palermo, Sez. II, 14 marzo 2014, n. 746; Tar Lazio Roma, Sez. II bis, 28 giugno 2005, n. 5370), oppure necessiti di una dichiarazione, all’esito di un apposito procedimento (Cfr. Cons. St., Sez. V, 26 giugno 2000, n. 3612).

La sesta sezione del Consiglio di Stato aderisce a quest’ultimo indirizzo, anche recentemente ribadito da Palazzo Spada, secondo il quale l’operatività della decadenza della concessione edilizia necessita in ogni caso dell’intermediazione di un formale provvedimento amministrativo, seppur avente efficacia dichiarativa di un effetto verificatosi ex se e direttamente (Cfr. Cons. St. 22 ottobre 2015 n. 4823).

Quanto alla necessaria interlocuzione con il privato attraverso gli apposti strumenti partecipativi, “deve parimenti ricordarsi che la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che la perdita di efficacia della concessione di costruzione per mancato inizio o ultimazione dei lavori nei termini prescritti deve essere accertata e dichiarata con formale provvedimento dell’Amministrazione anche ai fini del necessario contraddittorio col privato circa l’esistenza dei presupposti di fatto e di diritto che possono legittimarne la determinazione (cfr. Cons. di Stato, Sez. V, sent. 12.05.2011, n. 2821; Cons. St., Sez. IV, sent. 29.01.2008, n. 249; Cons. St., Sez. VI, sent. 17.2.2006, n. 671)”.

Il Consiglio di Stato non disconosce il principio ribadito anche recentemente dalla sesta sezione (sent. 3 agosto 2017 n. 3887), “e che deve essere tenuto fermo, secondo il quale l’articolo 15, comma 2, del T.U. 380/2001 esclude qualsiasi sospensione automatica del termine di durata del permesso edilizio, e quindi a maggior ragione una sua automatica proroga. Più precisamente, anche laddove si sia in presenza del c.d. factum principis o di cause di forza maggiore, l’interessato che voglia impedire la decadenza del titolo è sempre onerato della proposizione di una richiesta di proroga dell’efficacia del titolo stesso. Infatti, la conseguenza di prolungare la durata degli effetti favorevoli dell’originario titolo, ivi compresa la possibilità di realizzare le opere già autorizzate divenute contrastanti con la normativa urbanistica sopravvenuta, è in ultima analisi subordinata al riconoscimento, demandato alla P.A., di una incolpevole impossibilità di ultimazione dei lavori da parte del privato. Ciò esclude qualunque automaticità di ogni effetto sospensivo, dovendosi adeguatamente ponderare le ragioni poste a fondamento della proroga del termine”.

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