La vicenda, oggetto della sentenza n. 4312 del 18 marzo 2015 del Tar Lazio (Sezione Seconda Quater), riguarda un ricorso con il quale è stato impugnato il provvedimento del 30 maggio 2014 del responsabile dell’area tecnica settore urbanistica di un Comune, che ha revocato in autotutela un permesso di costruire del 2009 rilasciato al ricorrente a conclusione del procedimento avviato a seguito delle domande di condono presentate dal padre del ricorrente il 29 aprile 1986.
Tali domande di condono erano state presentate per vari immobili di cui alcuni ad uso residenziale e altri non residenziale, abusivamente realizzati, dichiarando che erano stati realizzati tra il 1966 e il 1981.
Il provvedimento di revoca in autotutela del permesso di costruire è basato sul presupposto di fatto che gli immobili non sarebbero stati realizzati in periodo antecedente al 1983, come dichiarato nelle domande di condono, e richiesto dalla legge n. 47 del 1985 ma in epoca successiva, in base alle risultanze delle foto aeree effettuate nel 1985, 1987, 2000, 2005 e 2007.
FONDATO IL RICORSO. Il Tar Lazio ha accolto il ricorso e annullato il provvedimento impugnato di revoca in autotutela del permesso di costruire.
I giudici amministrativi del Lazio ricordano che “l’art 21 nonies della legge n. 241 del 1990 ha codificato il principio, già affermato da risalente giurisprudenza, per cui un provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati.
Si tratta, quindi, dell’esercizio di un potere ampiamente discrezionale, rispetto al quale l’amministrazione è tenuta a motivare sulle ragioni di interesse pubblico alla rimozione dell’atto, ciò in particolare quando sia trascorso un lungo lasso temporale dalla sua adozione, come nel caso di specie”.
OCCORRE CONSIDERARE ANCHE IL TEMPO TRASCORSO E L'INTERESSE PUBBLICO ATTUALE. Il Tar Lazio osserva che “Il provvedimento impugnato ha considerato quale unico presupposto la illegittimità del provvedimento annullato, senza alcuna valutazione né del tempo, particolarmente lungo trascorso, né dell’interesse pubblico attuale all’esercizio dell’autotutela e all’affidamento del privato.
La giurisprudenza è, infatti, costante nel ritenere che il provvedimento di autotutela debba essere adeguatamente motivato con riferimento alla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale all'annullamento nonché alla valutazione comparativa dell'interesse dei destinatari al mantenimento delle posizioni e dell'affidamento insorto in capo ai medesimi (Consiglio di Stato n. 2468 del 2014; n.2567 del 2012)”.
Secondo un orientamento giurisprudenziale diffuso, l’annullamento d'ufficio di un titolo edilizio non necessita di una espressa e specifica motivazione sul pubblico interesse, configurandosi questo nell'interesse della collettività al rispetto della disciplina urbanistica (Consiglio di Stato n. 562 del 2015; n. 4982 del 2011; n. 7342 del 2010).
IL CASO DI SPECIE. Ma nel caso di specie, rileva il Tar Lazio, “si tratta della revoca in via di autotutela di un permesso di costruire rilasciato nel 2009, a conclusione di un procedimento di condono iniziato più di venti anni prima, nel corso del quale l’amministrazione avrebbe dovuto e potuto valutare la affermata difformità delle circostanze di fatto rispetto a quanto dichiarato in sede di domanda di condono, trattandosi di circostanze rilevanti proprio ai fini della positiva conclusione della domanda di condono e facendo l’amministrazione riferimento a foto relative ad anni precedenti al rilascio del permesso di costruire. Una volta rilasciato il permesso di costruire dopo ventitré anni dall’avvio del procedimento di condono, le esigenze di tutela dell’affidamento e di certezza dei rapporti giuridici sottese alla norma di cui all’art 21 nonies della legge n. 241 del 1990 devono essere considerate in caso di annullamento di tale permesso.
Il provvedimento impugnato non contiene alcuna valutazione dell’interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione del provvedimento illegittimo.
Né contiene, anche ai fini della censura di difetto di istruttoria, alcun riferimento ad un eventuale esame condotto circa l’effettiva data di realizzazione delle opere, basandosi solo sulle risultanze delle fotografie, senza tenere conto che anche lo stato dei luoghi, capannoni di un piano fuori terra in area con folta vegetazione, poteva rendere di difficile lettura le foto aeree”.
Inoltre, evidenzia il Tar Lazio, “lo stesso provvedimento impugnato considera le varie opere abusive oggetto delle domande di sanatoria presentate nel 1986, affermando che dalle fotografie, “alcuni fabbricati non erano presenti o non erano delle dimensioni riportate negli elaborati progettuali”. E’ evidente dunque il difetto di istruttoria e di motivazione anche in relazione a tale profilo di difformità totale o parziale rispetto alle domande di sanatoria e al successivo iter procedimentale”.