Dopo la pubblicazione del Ministero dell'Economia e delle Finanze di un avviso pubblico di manifestazione di interesse per incarichi di consulenza a titolo gratuito, le associazioni professionali insorgono. Confprofessioni, Acta, Apiqa Cgil e vIVAce chiamano a raccolta tutti i professionisti e freelance italiani per dire no al lavoro gratuito o sottopagato. I promotori della mobilitazione hanno infatti lanciato un appello al Governo e a tutte le forze politiche affinché venga data immediata attuazione alla norma sull'equo compenso per i professionisti, introdotta dalla legge di Bilancio 2018 e sistematicamente disattesa dalle Pubbliche Amministrazioni.
Ministeri, regioni, comuni, enti centrali e locali continuano infatti ad affidare incarichi ed emanare bandi in cui il lavoro gratuito dei professionisti è la regola, dimenticando che spesso sono in gioco i diritti e la sicurezza dei cittadini. Inoltre, sostengono in una nota congiunta le associazioni professionali: favorire l'instaurarsi di rapporti a titolo gratuito fra istituzioni pubbliche e consulenti per trattare "tematiche complesse" genera un'idea di "metodo di scambio" inammissibile per l'immagine della libera professione indipendente».
La petizione #iononlavorogratis, lanciata attraverso il sito Change.org, ha già raccolto le firme di oltre 200 dirigenti delle professioni ordinistiche e delle associazioni professionali e punta in prima battuta a correggere immediatamente l'avviso pubblico del Mef del 27 febbraio prevedendo compensi proporzionali alla qualità e alla quantità delle prestazioni professionali richieste, conformemente alla legge. Non solo. Confprofessioni, Acta, Apiqa Cgil, vIVAce e Associazione Stampa Romana chiedono al Governo e Parlamento di farsi promotori di iniziative per dare immediata attuazione alla norma sull’equo compenso introdotta dalla legge di Bilancio 2018, partendo dalla definizione di criteri e parametri di riferimento per la determinazione del valore delle prestazioni per tutti i professionisti organizzati o meno in ordini e collegi.
Non è accettabile che lo Stato ignori diritti costituzionalmente garantiti, permettendo alla P.A. di richiedere prestazioni professionali gratuite, o non adeguatamente retribuite, per lavori che comportano responsabilità, costi e oneri enormi - ribadiscono le associazioni. - Il valore economico di una prestazione professionale è la garanzia di qualità di un'opera o di un progetto, sia pubblico che privato, destinato ai cittadini. La logica dell’appalto in economia, del massimo ribasso, degli incarichi professionali a titolo gratuito non è soltanto un freno alla crescita economica, bensì la mancanza di un riconoscimento del lavoro e della dignità dell'essere professionista. Un mancato riconoscimento che non sostiene né i lavoratori e la propria professionalità, né tanto meno la crescita del Paese.
#iononlavorogratis. Non si può pretendere una professionalità a costo zero. In ogni settore dell’economia ogni bene, prodotto, servizio ha un prezzo. Persino il lavoro ha un valore economico (seppur poco riconosciuto). In tutti i settori che fanno girare l’economia ogni cosa ha un costo. In quasi tutti. Perché in Italia, di questi tempi, va molto di moda, soprattutto nella pubblica amministrazione, la bizzarra tendenza di non pagare il lavoro dei professionisti. Del resto, si sa, in un regime economico improntato più al taglio della spesa che agli investimenti la regola numero uno è tagliare. Anche quando si deve progettare una strada o un ponte, risanare il bilancio di un comune sull’orlo del collasso finanziario o magari quando si ha bisogno di un super-esperto di diritto nazionale, europeo, societario, bancario e dei mercati e intermediari finanziari…
#iononlavorogratis. È un modo come un altro per calpestare i diritti di quei cittadini che quel ponte lo devono attraversare o di quelli che in quel comune dissestato ci devono campare per tutta la vita. A ben guardare, infatti, in questa surreale partita, dove si fronteggiano amministratori senza risorse e professionisti in saldo, sono in gioco i diritti, la sicurezza e il benessere delle persone. La logica dell’appalto in economia, del massimo ribasso, degli incarichi professionali a titolo gratuito non è soltanto un freno alla crescita economica, bensì la miope consapevolezza di giocare d’azzardo sui diritti, sulla sicurezza e sul benessere dei cittadini. La miope coscienza di impoverire un Paese, di svilirne la sua cultura, di ignorare le sue competenze, di svalutare il suo lavoro.
#iononlavorogratis. Poco più di un anno fa, il Parlamento ha approvato la legge di Bilancio 2018. Tra le altre spiccava la norma che imponeva alle pubbliche amministrazioni di garantire che le prestazioni rese dai professionisti fossero equamente retribuite. Quattro milioni di persone ebbero un sussulto: la politica aveva finalmente compreso che promuovere il lavoro gratuito significa calpestare i diritti dei cittadini (e anche quelli dei professionisti). In fondo, l’equo compenso altro non è che il sigillo di garanzia sulla qualità di una prestazione professionale.
#Iononlavorogratis. Ma non passeranno molti giorni prima di scoprire l’inganno: lo Stato, nella sua veste di datore di lavoro, permette ancora alla pubblica amministrazione di richiedere prestazioni gratuite o sottopagate per lavori che comportano responsabilità, costi e oneri professionali enormi. Come se non bastassero già i ritardi dei pagamenti. Non casi isolati e sporadici. Quella bizzarra tendenza a considerare il valore dello studio, della formazione, della competenza prossimo allo zero ha contagiato ministeri, regioni, comuni, enti centrali e locali che continuano a pubblicare bandi ed erogare incarichi dove il lavoro gratuito dei professionisti è la regola.
#iononlavorogratis. Il Consiglio di Stato dà loro ragione. E allora il Ministero dell’Economia e delle Finanze il 27 febbraio 2019 emana un avviso pubblico di manifestazione di interesse per incarichi di consulenza a titolo gratuito, per il quale viene richiesto un curriculum di primissimo livello, tant’è che il vincitore dovrebbe occuparsi di tematiche estremamente complesse legate all’applicazione del diritto nazionale, europeo, societario, bancario e dei mercati e intermediari finanziari. Non è molto confortante sapere che il Ministero dell’Economia e delle Finanze soprassieda a una norma prevista dalla legge di Bilancio 2018 firmata dallo stesso Ministero. Ancor più doloroso scoprire che lo Stato, attraverso le sue amministrazioni, sembra aver dimenticato i valori sanciti dagli articoli 1, 3, 35 e 36 della Carta Costituzionale.
QUESTA STORIA DEVE FINIRE. ADESSO.