Venerdì scorso, nell’ambito del convegno del Censu “La formazione urbanistica dell’ingegnere e il governo del territorio”, è stata presentata l’“Indagine sulla pianificazione territoriale ed urbanistica”, realizzata dal Centro Studi del Consiglio nazionale degli ingegneri.
L’indagine, avviata nell’estate del 2014 ed ancora in corso, mira ad offrire un quadro nazionale per quel che concerne lo stato della pianificazione urbanistica in Italia. Essa si sviluppa su due filoni paralleli ma profondamente correlati. Da un lato si sta costruendo, regione per regione, il quadro normativo di riferimento della materia, individuando gli strumenti territoriali e urbanistici previsti ai livelli regionale, provinciale e comunale. Dall’altro è stata effettuata una ricognizione che mira a fotografare la situazione comunale attuale relativa all’adeguamento dei comuni agli strumenti attualmente previsti dalla normativa applicabile.
LE PROBLEMATICHE. Dalla ricerca sono emerse le seguenti problematiche: grande varietà di strumenti urbanistici; tempo eccessivo impiegato per completare l’iter di adozione e approvazione degli strumenti di pianificazione; mancato aggiornamento di diversi strumenti; mancato adeguamento alla normativa vigente da parte di molti comuni.
QUADRO MOLTO COMPLESSO. “La nostra ricerca è stata lunga e complessa – ha spiegato il presidente del Centro Studi Cni, Luigi Ronsivalle - e ci sarà bisogno di tempo per completarla. Per ora ci siamo limitati agli aspetti ricognitivi e abbiamo constatato come il solo reperimento dei dati nelle varie regioni sia molto arduo. Emerge un quadro molto complicato, con situazioni, fra le diverse regioni, difficilmente confrontabili fra loro, che rende difficile anche la semplice conoscenza del panorama complessivo.”
Coloro che sono chiamati ad operare nelle diverse realtà – ha proseguito Ronsivalle – siano essi progettisti, amministratori o semplici utenti, si trovano di fronte a strumenti di pianificazione diversi anche in ambiti territoriali abbastanza omogenei e poco distanti fra loro. Molti strumenti risultano diversi tra loro solo o principalmente nella nomenclatura, altri si differenziano in modo sostanziale. Si parla tanto di semplificazione, ma un’articolazione così complessa della normativa, da regione a regione e da comune a comune, rende molto difficile la sua realizzazione. Anche solo il mettere a sistema all’interno delle regioni i dati dei singoli comuni appare in molti casi un’impresa ardua.
E’ sufficiente citare un dato – conclude Ronsivalle -. Nelle 12 regioni per le quali siamo riusciti a ricostruire il quadro normativo esistono ben 35 diversi strumenti e 37 sotto strumenti. Mi chiedo a cosa serva tutto ciò. Questa complessità produce forse scelte politico-amministrative coerenti con le esigenze di salvaguardia e di corretto uso del territorio? Siamo riusciti, ad esempio, ad evitare che si costruisse in terreni franosi con la conseguenza dei disastri che tutti noi conosciamo? O in aree soggette ad esondazioni? Direi proprio di no. Considerato il risultato finale, è lecito concludere che tutta questa complessità non ha senso. Urge, pertanto, una reale semplificazione e razionalizzazione.
Il Centro Studi CNI precisa che, nel corso dell’indagine, alcune regioni sono state interessate da profonde riforme della disciplina di riferimento in materia di governo del territorio. Di conseguenza il quadro in taluni casi non risulta sempre coerente con i contenuti delle leggi regionali vigenti. Servirà del tempo prima che i comuni interessati si adeguino alle nuove norme.