L’urgenza di avviare i lavori per il ripristino del tratto autostradale e i dubbi sull’opportunità di affidarli al concessionario alla luce della gravità del crollo del viadotto autostradale denominato Ponte Morandi, nonché dei primi risultati delle indagini amministrative in merito: sono queste, in estrema sintesi, le ragioni che hanno portato, con il decreto legge n.109 del 2018 (cosiddetto Decreto Genova), all’estromissione di Autostrade Spa (ASPI) dalle attività di demolizione e ricostruzione del Ponte.
È quanto si legge in un passaggio della motivazione con cui la Corte costituzionale, nella sentenza n. 168/2020 depositata ieri (redattore Augusto Barbera), spiega perché il Decreto Genova impugnato dal Tar della Liguria non è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo.
Come in parte già anticipato prima del deposito, la pronuncia si conclude con tre dichiarazioni di infondatezza e quattro di inammissibilità. Inammissibile, in particolare, è la questione che riguarda l’addebito ad ASPI dei costi della ricostruzione e degli espropri, poiché il Tar non ha chiarito a che titolo è stato effettuato l’addebito: se a titolo definitivo, oppure di mera anticipazione provvisoria, in attesa di eventuali accertamenti in merito a responsabilità risarcitorie della concessionaria.
La sentenza spiega che l’estromissione di ASPI dalle attività di demolizione e ricostruzione del viadotto si è compiuta attraverso due passaggi. Anzitutto, il legislatore ha previsto che, per tali attività, non fosse attivata la convenzione di cui ASPI è parte e, dunque, che non fosse fatto valere l’obbligo di quest’ultima di fornire le prestazioni di demolizione e ricostruzione, nonostante ASPI ne avesse la volontà.
In secondo luogo, si è precluso al commissario straordinario, incaricato di provvedere alla realizzazione dei lavori, di avviare una negoziazione con ASPI per l’affidamento dei lavori stessi.
La Consulta ha ritenuto che ciascuno di questi due passaggi si fondasse su ragioni obiettive, congruenti o connesse con quelle esplicitate, sia pure in modo non sempre limpido, nel decreto-legge. La decisione di non attivare la convenzione è dipesa sia dall’urgenza di avviare i lavori per ripristinare tempestivamente un tratto autostradale essenziale per i collegamenti nella regione, sia dai dubbi insorti sull’opportunità di affidare quei lavori al concessionario, alla luce della gravità dell’evento verificatosi e delle prime risultanze delle indagini amministrative. D’altra parte, l’esclusione di ASPI dalla gara per l’affidamento dei lavori, oltre a essere una naturale conseguenza di ciò, è coerente con la normativa europea in materia di contratti pubblici ed è stata anche funzionale a una maggiore apertura alla concorrenza del settore delle costruzioni autostradali.
In allegato la sentenza della Corte costituzionale