Ripristinare lo status di rifiuti per sfalci e potature di provenienza urbana. Lo chiedono l'Anci (Associazione dei comuni italiani) e Cic (Consorzio Italiano Compostatori) che suggeriscono di stralciare l'art. 41 dal disegno di legge 1328-B c.d. Collegato Agricoltura, all'esame del Senato.
La norma in questione muta il regime giuridico degli “sfalci e potature provenienti da aree verdi urbane” disponendo, di fatto, la loro esclusione dalla disciplina dei rifiuti. Ricordiamo che tale disposizione è fortemente appoggiata da Fiper (Federazione italiana produttori di energia da fonti rinnovabili) e da Airu (Associazione italiana riscaldamento urbano), che da tempo sostengono i vantaggi economici e ambientali dell'utilizzo delle potature del verde urbano a fini energetici (LEGGI TUTTO).
Secondo Anci e Cic, escludere dalla disciplina dei rifiuti gli sfalci e e le potature provenienti da aree verdi urbane “oltre a risultare in palese contraddizione con i principi sanciti dalla Direttiva Europea 98/2008 sui rifiuti ed a costituire una modifica normativa dalla quale scaturirà l’avvio di una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea, provocherebbe dal lato operativo:
a) l’azzeramento di tutto il sistema di trattamento e controllo previsto dalla vigente normativa che oggi garantisce la sostenibilità ambientale nel recupero di sfalci e potature derivanti dalla manutenzione del verde urbano, con il conseguente ed inevitabile loro smaltimento senza controllo, su terreni agricoli anche assieme a materiali inquinanti (plastiche, vetri, carte, metalli, terra, inerti etc.);
b) una criticità interpretativa soprattutto a livello di Comuni ed enti d’ambito per l’evidente contrasto tra la disciplina che si sta introducendo e la normativa vigente laddove è previsto che i Rifiuti da giardini e parchi urbani sono appunto “rifiuti”.
“La norma attualmente contenuta nel testo del decreto - dichiara Filippo Bernocchi, Delegato ANCI a Energia e Rifiuti - non risulta in linea con la normativa comunitaria in materia di rifiuti, abbatterebbe il livello di raccolta differenziata negli Enti locali, metterebbe a rischio la sostenibilità dell'intero sistema di gestione dei rifiuti organici urbani ed introdurrebbe un elemento di grande incertezza che potrà dare origine ad interpretazioni, contenziosi e/o provvedimenti sanzionatori e istruttorie penali nei confronti delle amministrazioni e dell’Italia. E’ necessario stralciare la disposizione o limitarne la portata, per questo facciamo questo appello alle forze parlamentari assieme al Consorzio Italiano Compostatori”.
“La nuova norma – aggiunge Alessandro Canovai, Presidente del Consorzio Italiano Compostatori – C.I.C. - provocherebbe dapprima una confusione interpretativa del quadro regolamentare di riferimento e poi verrebbe a mancare un importante ingrediente del processo di compostaggio: lo strutturante che permette di compostare scarti alimentari (FORSU) ed altre matrici ad elevata putrescibilità. Considerando che su 5,7 mln di tonnellate di rifiuti organici, 1,9 milioni di tonnellate provengono dal verde, quindi più del 33%, questa iniziativa che nasce per fini di lobby potrebbe avere un effetto nefasto su un settore che è solido, strutturato e virtuoso”. Allo stesso tempo “non solo esporrebbe il nostro Paese ad un’altra procedura di infrazione europea, ma comporterebbe anche un incremento dei costi di trattamento dei rifiuti urbani e delle tariffe per i cittadini, oltre ad avere numerosi effetti negativi con ricadute sull’impresa, l’occupazione, e non ultimo l’ambiente”. Sarebbe “un autogol per i Comuni, gli Ambiti e la gestione pubblica dei rifiuti”.
Sia l’Anci che il Consorzio ritengono “necessario perseguire gli obiettivi di estensione a tutto il territorio nazionale delle raccolte differenziate finalizzate al conseguente raggiungimento delle percentuali di RD previste dalla normativa, rilevando che la nuova norma, al contrario, produrrebbe la drastica riduzione dell’occupazione e degli investimenti dell’intero settore del recupero dei rifiuti organici ed inoltre che il sistema proposto risulterebbe ambientalmente non sostenibile, incoerente con le normative comunitarie ed antieconomico per la collettività”.
Le due Associazioni chiedono pertanto “lo stralcio dell’art. 41 dal DDL 1328-B ovvero in seconda istanza di limitare la portata della disposizione ai soli scarti agricoli e forestali, senza applicazione ai rifiuti organici (compresi sfalci e potature) di derivazione urbana”.