Di fronte alle Commissioni riunite Attività produttive, commercio e turismo della Camera, Industria, commercio e turismo del Senato, il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani ha illustrato le strategie del governo per il contenimento dell’aumento dei prezzi dell’energia – che sta mettendo in seria difficoltà molti settori dell’economia – e ha parlato del tema cruciale dell’approvvigionamento energetico.
“In Europa, nei primi trimestri, tutti hanno cercato di tamponare, ora tutti stanno cercando una strategia complessiva di sistema per l’approvvigionamento alternativo. Alcune misure richiedono un concerto europeo, come la revisione della normativa sull’energia elettrica, un assetto che comprenda un graduale spostamento delle fonti rinnovabili su mercati competitivi”, ha spiegato Cingolani.
Per quanto riguarda gli aumenti, il Ministro ha specificato che non basta intervenire con interventi una tantum, ma serve una strategia strutturale, considerando che – secondo molti analisti – i rincari non si fermeranno a marzo 2022.
Secondo Cingolani, è necessario agire su più fronti:
- accelerare il tasso di installazione delle rinnovabili, definita come “strada maestra” ormai non più procrastinabile, soprattutto per settori come mobilità e hard to abate;
- contrastare la povertà energetica;
- raggiungere un accordo trasversale per l’adeguamento degli impianti rinnovabili, con l’obiettivo di produrre 70 gigawatt verdi nei prossimi 9 anni;
- modificare il cosiddetto “energy mix”, attualmente troppo dipendente dai combustibili fossili.
Per calmierare l’aumento delle bollette il titolare del MITE ha illustrato una serie di interventi che, in totale, dovrebbero garantire una disponibilità di quasi 10 miliardi di euro .Tra le misure previste ci sono la cartolarizzazione degli oneri ASOS (11 miliardi), l’utilizzo dei proventi delle aste CO2 per la copertura degli oneri di sistema (per un recupero di circa 1,5 miliardi complessivi), l’estrazione della rendita relativi agli incentivi in conto energia che non si usano più, ma i cui effetti pesano ancora sulla bolletta per 6 miliardi all’anno. Attualmente per gli impianti più piccoli (10 terawattora su un totale di 20) è utilizzata con il meccanismo del ritiro dedicato da parte del GSE. Si può, a tal proposito, prevedere un risparmio di circa 1,5 miliardi sugli oneri di sistema sulle bollette elettriche.
Una quarta ipotesi concerne l’estrazione di rendita dai grandi impianti idroelettrici (senza contratto a lungo termine). Attualmente ci sono tre tipologie di impianti (quelli con tariffe omnicomprensive con costi di generazione elevati; quelli con tariffe fisse; i grandi impianti non incentivati che operano sul mercato spot). Qui, si può prevedere – al netto degli accordi con i provider e i contratti esistenti – un risparmio sulla componente di prezzo tra 1 e 2 miliardi (estrarre su 20 terawattora 50 euro a megawattora).
Un’ulteriore misura riguarda il rafforzamento degli strumenti a lungo termine per l’incontro tra domanda e offerta di progetti e infine la valorizzazione della produzione di gas da impianti esistenti (quota totale a 70). Non c’è intenzione di nuove trivelle – chiarisce Cingolani – ma se si raddoppiasse l’aliquota di gas prodotto rispetto all’importato si potrebbe salvare l’IVA e fare accordi a prezzi concordati.
Per approfondire: in allegato la documentazione depositata in seguito all’audizione del 14 dicembre 2021