Sentenze

Procedure di affidamento di contratti pubblici, il Consiglio di Stato sulla responsabilità precontrattuale dell’amministrazione

Chiarimenti sui limiti entro cui può essere riconosciuto il risarcimento per lesione dell’affidamento, con particolare riguardo all’ipotesi di aggiudicazione definitiva di appalto di lavori, servizi o forniture, successivamente revocata a seguito di una pronuncia giudiziale

martedì 30 novembre 2021 - Redazione Build News

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Nel settore delle procedure di affidamento di contratti pubblici la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, derivante dalla violazione imputabile a sua colpa dei canoni generali di correttezza e buona fede, postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa.

Così l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 21/2021 pubblicata ieri.

L’Alto consesso ha chiarito che con riguardo alla questione, concernente i limiti entro cui può essere riconosciuto il risarcimento per lesione dell’affidamento, con particolare riguardo all’ipotesi di aggiudicazione definitiva di appalto di lavori, servizi o forniture, successivamente revocata a seguito di una pronuncia giudiziale, deve in primo luogo essere precisato che questo settore dell’attività della pubblica amministrazione è quello in cui tradizionalmente e più volte è stata riconosciuta la responsabilità di quest’ultima. Le ragioni alla base dell’orientamento di giurisprudenza favorevole al privato venutosi a creare in questo settore si spiega sulla base del fatto che, sebbene svolta secondo i moduli autoritativi ed impersonali dell’evidenza pubblica, l’attività contrattuale dell’amministrazione è nello stesso tempo inquadrabile nello schema delle trattative prenegoziali, da cui deriva quindi l’assoggettamento al generale dovere di «comportarsi secondo buona fede» enunciato dall’art. 1337 c.c. (come chiarito dall’Adunanza plenaria nelle sopra citate pronunce del 5 settembre 2005, n. 6, e del 4 maggio 2018, n. 5).

La tutela risarcitoria per responsabilità precontrattuale è posta a presidio dell’interesse a non essere coinvolto in trattative inutili, e dunque del più generale interesse di ordine economico a che sia assicurata la serietà dei contraenti nelle attività preparatorie e prodromiche al perfezionamento del vincolo negoziale. La reintegrazione per equivalente è pertanto ammessa non già in relazione all’interesse positivo, corrispondente all’utile che si sarebbe ottenuto dall’esecuzione del contratto, riconosciuto invece nella responsabilità da inadempimento, ma dell’interesse negativo, con il quale sono ristorate le spese sostenute per le trattative contrattuali e la perdita di occasioni contrattuali alternative, secondo la dicotomia ex art. 1223 cod. civ. danno emergente – lucro cessante.

Applicata all’evidenza pubblica, la responsabilità precontrattuale sottopone l’amministrazione alla duplice soggezione alla legittimità amministrativa e agli obblighi di comportamento secondo correttezza e buona fede, i quali costituiscono, come in precedenza esposto, profili tra loro autonomi, e da cui può rispettivamente derivare l’annullamento degli atti adottati nella procedura di gara e le responsabilità per la sua conduzione (da ultimo in questo senso: Cons. Stato, V, 12 luglio 2021, n. 5274; 12 aprile 2021, n. 2938; 2 febbraio 2018, n. 680).

In senso parzialmente diverso si è espressa la Cassazione civile. Con sentenza in data 3 luglio 2014, n. 15260 (Sezione I) la Suprema Corte ha affermato che l’affidamento del concorrente ad una procedura di affidamento di un contratto pubblico è tutelabile «indipendentemente da un affidamento specifico alla conclusione del contratto»; la stazione appaltante è quindi responsabile sul piano precontrattuale «a prescindere dalla prova dell’eventuale diritto all’aggiudicazione del partecipante».

L’apparente contrasto rispetto agli approdi della giurisprudenza amministrativa deve tuttavia essere ridimensionato, avuto riguardo al fatto che il caso deciso dalla Cassazione riguardava il concorrente primo classificato in una procedura di gara poi annullata in sede giurisdizionale amministrativa su ricorso di un altro concorrente. La stessa giurisprudenza amministrativa non si è del resto arroccata su rigidi apriorismi, ma con criterio elastico – che questa Adunanza plenaria ritiene condivisibile – ha negato rilievo dirimente all’intervenuta aggiudicazione definitiva, laddove ha in particolare affermato che la verifica di un affidamento ragionevole sulla conclusione positiva della procedura di gara va svolta in concreto, in ragione del fatto che «il grado di sviluppo raggiunto dalla singola procedura al momento della revoca, riflettendosi sullo spessore dell’affidamento ravvisabile nei partecipanti, presenta una sicura rilevanza, sul piano dello stesso diritto comune, ai fini dello scrutinio di fondatezza della domanda risarcitoria a titolo di responsabilità precontrattuale» (Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3831).

Individuato un primo requisito dell’affidamento tutelabile nella sua ragionevolezza e nel correlato carattere ingiustificato del recesso, il secondo consiste nel carattere colposo della condotta dell’amministrazione, nel senso che la violazione del dovere di correttezza e buona fede deve esserle imputabile quanto meno a colpa, secondo le regole generali valevoli in materia di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ. (in questo senso va ancora richiamato Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2018, n. 5).

L’elemento della colpevolezza dell’affidamento si modula diversamente nel caso in cui l’annullamento dell’aggiudicazione non sia disposto d’ufficio dall’amministrazione ma in sede giurisdizionale. In questo secondo caso emergono con tutta evidenza i caratteri di specialità del diritto amministrativo rispetto al diritto comune, tra cui la centralità che nel primo assume la tutela costitutiva di annullamento degli atti amministrativi illegittimi, contraddistinta dal fatto che il beneficiario di questi assume la qualità di controinteressato nel relativo giudizio. Con l’esercizio dell’azione di annullamento quest’ultimo è quindi posto nelle condizioni di conoscere la possibile illegittimità del provvedimento a sé favorevole, per giunta entro il ristretto arco temporale dato dal termine di decadenza entro cui ai sensi dell’art. 29 cod. proc. amm. l’azione deve essere proposta, e di difenderlo. La situazione che viene così a crearsi induce per un verso ad escludere un affidamento incolpevole, dal momento che l’annullamento dell’atto per effetto dell’accoglimento del ricorso diviene un’evenienza non imprevedibile, di cui il destinatario non può non tenere conto ed addirittura da questo avversata allorché deve resistere all’altrui ricorso; per altro verso porta ad ipotizzare un affidamento tutelabile solo prima della notifica dell’atto introduttivo del giudizio.

L’Adunanza plenaria n. 21 reitera anche i principi espressi dalla Adunanza plenaria 29 novembre 2021, n. 19.

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