I protocolli di legalità o di integrità, stipulati ai sensi dell’art. 1, comma 17, l. n. 190 del 2012, configurano specifiche cause di esclusione dalla procedura di gara, essendo idonei (data la base giuridica fondata sulla norma di rango legislativo) a integrare il catalogo tassativo delle cause di esclusione contemplate dal d.lgs. n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici).
Lo ha chiarito il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana nella sentenza n. 32 del 12 gennaio 2022.
Le fattispecie escludenti previste dai protocolli di legalità o di integrità anticipano la soglia di tutela dell’interesse all’imparzialità e al buon andamento delle gare pubbliche in quanto non è richiesto alla stazione appaltante valutare l’effettiva incidenza delle condotte sullo svolgimento della gara, conformemente alla disciplina del conflitto di interessi di cui all’ordinamento amministrativo (art. 6-bis, l. n. 241 del 1990) e civile (art. 1394 c.c., seppur con un focus sull’art. 1471 c.c.), salvo il potere della stazione appaltante di valutare, con le regole proprie dell’istruttoria procedimentale (che si differenziano da quelle che informano l’istruttoria processuale), la riferibilità di determinate condotte al perimetro espulsivo ivi previsto e ciò sia in relazione alla regola generale che trova emersione in ambito processuale nell’art. 34, comma 2, c.p.a., sia in quanto l’attività di valutare l’ammissibilità delle domande di partecipazione a gare pubbliche è appannaggio dell’Amministrazione in base alla disciplina di settore anche di derivazione eurounitaria, in presenza di cause di esclusione facoltativa.