Il 2020 è passato senz’altro alla storia come l’anno della pandemia da Covid-19. Ma è stato anche l’anno in cui l’Unione europea ha adottato la strategia per l’idrogeno nell’ottica di ridurre le emissioni di CO2. Non a caso alcune applicazioni pratiche hanno trovato applicazione nel pacchetto Fit for 55, insieme di proposte volte a rivedere e aggiornare le normative dell'Ue e ad attuare nuove iniziative al fine di garantire che le politiche dell'UE siano in linea con gli obiettivi climatici concordati dal Consiglio e dal Parlamento europeo. L'obiettivo climatico di ridurre le emissioni dell'UE di almeno il 55% entro il 2030 è diventato un obbligo giuridico.
Dati alla mano, come evidenzia oggi 28 aprile Open Polis, la strada da percorrere è ancora molto lunga. L’idrogeno ad oggi non incide particolarmente sul mix di consumi perché si tratta di un segmento che ancora si deve sviluppare, in particolar modo i settori dell’idrogeno verde (ottenuto attraverso la scissione della molecola d’acqua attraverso l’elettrolisi sfruttando energia elettrica rinnovabile) e dell’idrogeno blu (ottenuto attraverso la cattura di Co2 emessa durante il processo di refining del gas naturale).
Si stima che nel 2022 in Europa meno del 2% consumo di energia sia derivata dall’idrogeno. Utilizzato prevalentemente per la produzione di prodotti chimici, come plastiche e fertilizzanti, ben il 96% dell’idrogeno viene prodotto attraverso il gas naturale con processi che hanno un impatto in termini di emissioni. E le fonti fossili restano ancora le principali fonti utilizzate anche a livello mondiale.
In un’ottica di medio lungo periodo è indubbio però che si tratti di un settore in crescita, favorito anche dagli investimenti presenti nei vari PNRR dei paesi europei. A tal proposito l’Iea, l’agenzia internazionale per l’energia, segnala che tra il 2021 e il 2022 sono state depositate nove strategie nazionali per l’idrogeno. Nove stati che messi insieme rappresentano circa il 30% delle attuali emissioni globali di energia. Secondo Iea gli sforzi finora messi in campo sono ancora insufficienti per il raggiungimento del target delle emissioni zero, prefissato per il 2050.
Ben prima dell’invasione dell’Ucraina, tutti gli stati membri dell’Ue erano stati invitati nella stesura dei relativi piani di ripresa e resilienza a investire nel settore dell’idrogeno; poi dopo che è scoppiata la guerra, si è cominciato da attendersi risultati di un certo rilievo proprio in ottica di affrancamento dalle forniture di gas russo.
Ed ecco quindi spiegato come mai per capire come evolve il settore dell’idrogeno occorre andare a vedere proprio lo stato di avanzamento del PNRR, dove come noto si stanno riscontrando alcune criticità per quel che riguarda le scadenze, evidenziate tra l’altro anche dalla Corte dei Conti nella relazione.
E tra gli aspetti critici evidenziati secondo la Corte dei Conti per il settore della produzione di energia dall’Idrogeno c’è la mancanza di un quadro regolatorio chiaro a livello europeo, sia per quel che riguarda la disciplina dell’aiuto statale che sotto il profilo tecnico.
Nel frattempo con il piano REPowerEU del maggio 2022 si è impressa una forte accelerazione al settore: l’obiettivo europeo è stato raddoppiato e ora si punta a raggiungere i 10 milioni di tonnellate di importazione e 10 di produzione da fonti rinnovabili entro il 2030.