"Nonostante gli ingenti investimenti per l’idrogeno previsti dal PNRR (per un totale di 3,6 miliardi di euro dei quali il 63% già assegnati) il nostro Paese non si è ancora dato una chiara strategia nazionale, con il rischio di perdere la visione di insieme e non gettare le basi per lo sviluppo del mercato, disorientando potenziali investitori". Con queste parole Davide Chiaroni, vicedirettore dell’Energy&Strategy, commenta i dati contenuti l’Hydrogen Innovation Report 2023, curato proprio dall’dell’ Energy&Strategy, School of Management del Politecnico di Milano.
Il rapporto attribuisce all’Italia soltanto 24 progetti previsti per i prossimi 7 anni, su un totale europeo di 631, per 1,97 GW di capacità di elettrolisi (contro i 93,55 GW dell’Europa) a fronte dei 5 GW previsti nelle linee guida». Rispetto agli obiettivi che inizialmente che si è data l’Europa, almeno 40 GW di capacità d’elettrolisi, si otterrebbe già un risultato più che doppio, ma il contributo italiano sembra al momento essere proprio minimo.
Quali sono le cause?
Le cause si
deducono sempre nel rapporto: “in prima istanza è della mancanza di una
strategia nazionale: siamo ancora alle linee guida, mentre hanno già una
normativa chiara e definita i 5 Paesi europei più attivi (che coprono circa il
75% della produzione) e cioè Germania, Spagna, Olanda, Danimarca e Regno Unito,
ciascuno con target al 2030 superiori a 10 GW”.
La tendenza in atto però si può ancora cambiare come spiega Vittorio Chiesa, direttore dell’E&S: “C’è bisogno di un contesto normativo coerente e di sistemi di supporto e di incentivazione che vadano di pari passo con il progresso delle tecnologie lungo tutta la catena del valore, dalla produzione all’utilizzo finale, passando per il trasporto e lo stoccaggio, in modo da ridurre i costi, al momento piuttosto elevati. Ma ci sono ancora spazi per essere competitivi, la sfida è aperta, purché non si perda altro tempo”.
Lo sviluppo del mercato dell'idrogeno: un opportunità
Lo sviluppo
del mercato dell’idrogeno – secondo il rapporto - rappresenta un’opportunità
d’innovazione sia a livello tecnologico sia di business anche per le nuove
realtà imprenditoriali e l’Europa gioca in prima linea in questa filiera: su
274 startup nel mondo analizzate nel report, infatti, la metà è europea e tuttavia
ha raccolto appena il 26% dei finanziamenti, contro le “colleghe” americane a
cui, pur essendo solo il 38% del campione, sono andati ben 1,9 miliardi di
dollari, pari a due terzi del totale (2,9 miliardi). In Europa i Paesi più
attivi sono UK (38 startup e il 41% dei finanziamenti europei), Germania e
Francia, mentre l’Italia contribuisce con appena 8 startup.