Con la sentenza n. 8059/2016, depositata il 21 aprile, la Corte di cassazione (Sezioni unite) ha affermato il seguente principio di diritto:
"il compenso di prestazione professionale è imponibile a fini Iva, anche se percepito successivamente alla cessazione dell'attività, nel cui ambito la prestazione è stata effettuata, ed alla relativa formalizzazione".
Secondo la suprema Corte “i compensi di prestazioni da attività imprenditoriale o professionale, conseguiti dopo la cessazione dell'attività medesima, devono ritenersi assoggettati ad iva, risultandone lo "statuto" impositivo definito dalla contestuale ricorrenza, all'atto del manifestarsi del fatto generatore dell'imposta (e suo presupposto oggettivo) anche del relativo presupposto soggettivo”.
Il fatto generatore dell’imposta non è il momento del pagamento da parte del cliente ma è il momento della materiale esecuzione del servizio da parte del professionista.
“La soluzione di ritenere assoggettato ad iva il compenso di prestazione professionale percepito dopo la cessazione dell'esercizio dell'attività, nel cui ambito la prestazione è stata eseguita, è, per altro verso, imposta (ancor prima che dall'opportunità di prevenire rischi di strumentalizzazioni elusive, peraltro in danno di risorsa dell'Unione) dalla necessità di assicurare il compiuto rispetto del principio della neutralità fiscale dell'iva, in forza del quale il tributo è esclusivamente destinato a gravare sul consumatore finale e non può risolversi né in svantaggio né in vantaggio per gli operatori economici che intervengano nei passaggi intermedi del ciclo produttivo/distributivo”.