L'Italia ha il più ampio numero di giovani lavoratori autonomi tra i principali Paesi europei: sono 941.000 (nella classe 20-34 anni), seguiti da 849.000 inglesi e 528.000 tedeschi.
Il nostro Paese, evidenzia il 49° Rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese, può contare anche su un bacino di potenziali start up vitale e in continuo fermento. Il 15% dei giovani italiani (16-30 anni) ha intenzione di avviare una start up nei prossimi anni. E sono circa 7.000 i giovanissimi titolari d'impresa in più oggi rispetto al 2009 (+20,4%) in alcuni e ben caratterizzati settori, riscuotendo preziosi risultati sul piano personale e di sistema. Tra i segmenti più dinamici un ruolo particolare è svolto dall'area della ristorazione e della ricettività, nella quale operano quasi 20.000 titolari d'impresa al di sotto dei 30 anni (il 9,8% del totale).
DONNE E LIBERE PROFESSIONI ALLA PROVA DEL WELFARE. Negli anni più recenti è aumentata la schiera delle libere professioniste, con un saldo positivo di 100.000 occupate tra il 2008 (325.000) e il 2014 (426.000). Si è trattato di nuova occupazione (il saldo del periodo è pari a 63.000 neo-occupati), ma anche di un travaso da altre forme di lavoro. Fatto 100 il numero complessivo di occupate al 2008, il dato riferito al 2014 risulta sostanzialmente invariato (100,7), mentre è stata netta la crescita delle libere professioniste (130,9).
La sfida cui oggi è chiamato il mondo libero-professionale è di rafforzare le tutele e gli strumenti di assistenza a sostegno dei lavoratori, in particolare dell'universo femminile. Problemi connessi alla salute, situazioni legate alle responsabilità familiari, la maternità hanno coinvolto nel corso degli ultimi cinque anni il 37,8% delle professioniste, eventi che in un elevato numero di casi finiscono poi per ripercuotersi direttamente o indirettamente sulla sfera professionale: il 42,7% di quante si sono trovate in una delle situazioni critiche ha dovuto ridurre l'attività lavorativa; il 20%, pur non avendo ridotto l'attività, ha affrontato problemi con clienti, colleghi o altre persone della cerchia familiare o amicale; per un 18,8%, invece, l'attività lavorativa si è interrotta; solo il 18,6% afferma che, malgrado la complessità della situazione, l'attività lavorativa non ne ha risentito in alcun modo.
L'OFFERTA DELLE CASSE PROFESSIONALI. La crisi e i mutamenti in atto all'interno del mondo libero-professionale hanno spinto le Casse di previdenza privatizzate a non limitare il loro ruolo alle sole prestazioni previdenziali. Oltre alla maternità, ambito già presidiato e che oggi vede sfiorare gli 85 milioni di euro di prestazioni erogate dalla Casse, l'offerta di prestazioni sanitarie integrative (78,8 milioni di euro), interventi a sostegno degli iscritti (33,3 milioni per stato di bisogno, malattia, infortunio, assegni per nucleo familiare, ecc.) e ammortizzatori sociali (66,5 milioni), sono cresciuti sensibilmente negli anni della crisi.