In architettura nulla può essere lasciato al caso. Esistono rigorosi standard di sicurezza e stabilità che devono essere accuratamente calcolati in fase di progettazione. Almeno finora. Ma il futuro potrebbe riservare alcune sorprese. Riusciamo ad immaginare strutture che si auto-assemblano a partire da un materiale colato? Sicuramente no. Eppure due ricercatori, Sean Keller dell'Illinois Institute of Technology di Chicago e Heinrich Jaeger dell'Univesrità di Chicago, sono convinti del contrario e stanno studiando una tecnica innovativa di costruzione che 'lascia la libertà' a dei composti porosi e granulari di agire come natura vuole.
I materiali granulari come pietre, sabbia o terra, vengono utilizzati per la realizzazione di strutture da migliaia di anni. E sono tutt'ora utilizzati per costruire, ad esempio, dighe, frangiflutti portuali o letti di ghiaia per le ferrovie, perché la loro natura porosa consente un ottimo drenaggio e perché sono semplici da versare e a basso costo.
Ma l'aspetto più interessante è il modo in cui questi materiali sopportano i carichi. Le tradizionali strutture hanno bisogno di colonne o archi portanti, i materiali granulari invece si affidano a catene di forza tra particelle contigue, che li rendono estremamente resistenti.
Il rovescio della medaglia è che la forma di queste strutture è fortemente limitata dall'angolo naturale del materiale di riposo, cosa che ne limita enormemente le applicazioni, limitate alla forma sferica.
Negli ultimi anni, però sono molti i ricercatori che hanno iniziato a sperimentare lo sviluppo di particelle dalle forme più esotiche e particolari, che poi formano strutture stabili. Il concetto è quello di modificare la forma prima che la struttura venga realizzata.
Un approccio è quello di versare il materiale in un contenitore in tessuto a tenuta d'aria che può essere confezionato sottovuoto. La pressione generata dal materiale lo fa bloccare in una forma vicina a quella desiderata. Un esempio in tal senso è rappresentato dal progetto di un team di ingegneri del Politecnico di Delft, che ha realizzato in questo modo un piccolo ponte.
Un obiettivo più ambizioso è però quello di 'approcciarsi' con la struttura generale e poi lavorare a ritroso per determinare la forma delle particelle che verrebbe prodotta una volta che il materiale è versato. Questi granuli potrebbero quindi essere stampati in 3-D e versato in loco, dove sarebbero in grado di auto-assemblarsi o di essere assemblati grazie ad un robot.
La sfida della progettazione del futuro- commentano Sean Keller e Heinrich Jaeger- è quella di pianificare in modo preliminare, di modificare le particelle che compongono i materiali in modo tale che una volta versato assuma naturalmente la forma richiesta, eliminando qualsiasi lavoro in loco.