Sentenze

Progettista e direttore dei lavori responsabili anche per interventi fuori dall’incarico

Nuova sentenza della Corte di cassazione in tema di abusi edilizi e di responsabilità di progettista e direttore dei lavori

mercoledì 2 ottobre 2019 - Redazione Build News

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Con la sentenza n. 39317/2019, la terza sezione penale della Corte di cassazione ha ricordato che “è configurabile la responsabilità del progettista in caso di realizzazione di interventi edilizi necessitanti il permesso di costruire, ma eseguiti in base ad una denuncia di inizio attività accompagnata da dettagliata relazione a firma del predetto professionista, in quanto l'attestazione del progettista di "conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti" comporta l'esistenza in capo al medesimo di un obbligo di vigilanza sulla conforme esecuzione dei lavori”.

Ciò posto, nel caso in esame il ricorrente, progettista e direttore dei lavori, si è difeso in appello sostenendo che progettazione e comunicazione di inizio lavori avevano riguardato solamente la realizzazione di un locale deposito occasionale, lamentando invece che le altre opere - effettuate dopo quelle denunciate ed assentite - non coincidevano con la s.c.i.a. presentata dal tecnico, altresì affermando di non essere stato messo a parte da alcuno circa l'inizio dei lavori, e non spettando al tecnico verificarne l'inizio medesimo.

In proposito, contrariamente ai rilievi del ricorrente, la Cassazione osserva che “l'assenza dal cantiere non esclude la penale responsabilità per gli abusi commessi dal direttore dei lavori, sul quale ricade l'onere di vigilare sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed il dovere di contestare le irregolarità riscontrate, se del caso rinunziando all'incarico (ad es. Sez. 3, n. 7406 del 15/01/2015, Crescenzi, Rv. 262423)”.

In definitiva, “se in atto di appello è stato sostenuto che il professionista non era mai stato messo a parte dell'inizio dei lavori, invero in ricorso è stato dato atto che progettazione e comunicazione dell'inizio dei lavori riguardavano appunto solamente una parte delle attività, secondo l'incarico ricevuto. Mentre era del tutto mancata la prova che l'imputato, quantunque formalmente direttore dei lavori, avesse taciuto in maniera compiacente circa l'esistenza di ulteriori lavori e difformità realizzate dopo l'esecuzione delle opere denunciate ed assentite”.

In tal modo, ed alla stregua di quanto la Corte di cassazione ha già avuto modo di osservare, la stessa difesa ha ammesso l'avvenuta comunicazione d'inizio dei lavori, cui peraltro ha fatto seguito quantomeno un palese difetto di vigilanza, se non un vero e proprio disinteresse, nonostante l'assunto incarico, non onorifico e certamente ben conosciuto, di direttore dei lavori.

“Non è quindi emersa, anche a norma dell'art. 29 d.P.R. 380 del 2001, alcuna dissociazione del professionista”, osserva la suprema Corte, “invero istituzionalmente ben consapevole – alla stregua anche dei richiamati principi - delle conseguenze del proprio atteggiamento anche omissivo in relazione all'andamento dell'esecuzione delle opere (sulla cui contestuale realizzazione concorda anche lo stesso ricorrente, che ne ha tratto ragione per formulare l'eccezione di prescrizione di cui in fra), nemmeno sotto il profilo di una qualsivoglia contestazione alla committenza, ovvero all'impresa esecutrice, di avere dato corso ad un'attività che veniva a sovrapporsi e ad unirsi rispetto a quella in tesi assentita. Tant'è che la sentenza impugnata (la quale ha comunque inteso osservare che le opere siccome accertate integravano il reato edilizio in quanto eseguite in assenza del dovuto permesso di costruire) ha in realtà ascritto all'odierno ricorrente un comportamento del tutto inerte e - quantomeno - colpevolmente passivo, benché in definitiva il direttore dei lavori assuma anche la funzione di garante nei confronti del Comune dell'osservanza e del rispetto dei contenuti dei titoli abilitativi all'esecuzione dei lavori (cfr. Sez. 3, n. 34602 del 17/06/2010, Ponzio, Rv. 248328)”.

In allegato la sentenza

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