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Proposta di direttiva Ue sulla prestazione energetica nell’edilizia (rifusione): la Risoluzione approvata dalla Commissione Politiche UE del Senato

Rendere strutturale il Superbonus 110% e il connesso strumento della cessione del credito, promuovendone altresì la destinazione alle famiglie vulnerabili, alle persone in condizioni di povertà energetica e alle persone che vivono in alloggi di edilizia popolare

giovedì 4 agosto 2022 - Redazione Build News

Efficienza-edifici-3

La Commissione Politiche UE del Senato ha concluso l’esame della Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla prestazione energetica nell’edilizia (rifusione) (n. COM(2021) 802) approvando una Risoluzione in cui vengono riprese le istanze ANCE espresse in audizione il 24 maggio scorso.

Riportiamo il testo completo della Risoluzione approvata.

La 14a Commissione permanente,

considerato che:

la proposta di direttiva COM(2021) 802 reca la rifusione (abrogazione e sostituzione con modifiche) della direttiva 2010/31/UE, sulla prestazione energetica nell’edilizia, al fine di allinearne la normativa agli obiettivi del Green Deal europeo e contribuire al conseguimento di un parco immobiliare dell’UE a emissioni zero entro il 2050;

l’iniziativa è ritenuta particolarmente importante poiché gli edifici sono responsabili del 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate al consumo energetico e, pertanto, la ristrutturazione degli edifici consente di ridurre il consumo di energia, ridurre le emissioni e abbassare le bollette energetiche, oltre che di generare occupazione e crescita economica;

la proposta stabilisce, per gli edifici nuovi, a partire dal 2030 (2027 per i nuovi edifici pubblici), l’obbligo di rispettare lo standard di "edifici a emissioni zero", mentre, fino a tale data, stabilisce che gli edifici nuovi devono essere almeno al livello di "edifici a energia quasi zero", in cui il fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo è coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili, compresa l’energia da fonti rinnovabili prodotta in loco o nelle vicinanze;

per quanto riguarda gli edifici esistenti, gli Stati membri sono tenuti ad adottare il "Piano nazionale di ristrutturazione degli edifici", da presentare entro il 30 giugno 2024, in cui si deve prevedere che tutti gli edifici di classe G siano ristrutturati per raggiungere la classe F entro il 2030 (2027 per gli edifici pubblici e quelli non residenziali) e la classe E entro il 2033 (2030 per gli edifici pubblici e quelli non residenziali);

per le ristrutturazioni, viene introdotto il sistema del passaporto, che fornisce una tabella di marcia per la ristrutturazione in fasi successive, al fine di aiutare i proprietari e investitori a programmare al meglio i tempi e la portata degli interventi, rispetto ai problemi dei costi iniziali elevati e dei disagi per gli abitanti;

tenuto conto:

delle considerazioni emerse nel corso delle audizioni, svolte il 22 maggio 2022, di rappresentanti di Ance, Confedilizia, Casavo, Confindustria Assoimmobiliare, Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali, Federazione Anima, Free2move eSolutions, Green Building Council Italia e CNA;

del parere motivato (contrario) espresso dal Parlamento finlandese sui principi di sussidiarietà e proporzionalità da parte della proposta di direttiva, in cui si ritiene che a livello dell’UE, dovrebbero essere stabiliti solo il quadro generale e gli obiettivi dei piani nazionali di miglioramento edilizio, ma non la ristrutturazione obbligatoria del parco immobiliare negli Stati membri, come invece stabilito all’articolo 9 della proposta, poiché gli Stati membri hanno la migliore conoscenza del potenziale di ristrutturazione del loro parco edilizio e dei benefici energetici e climatici della ristrutturazione. A tale riguardo, il Parlamento finlandese ritiene che ristrutturare gli edifici solo per l’efficienza energetica, senza la necessità di ulteriori riparazioni, generalmente non è conveniente e che andrebbe considerato anche il ciclo di vita dell’edificio, in quanto la sostituzione anticipata di parti o sistemi intatti in un edificio solo per ragioni di efficienza energetica non necessariamente è rispettosa del clima, poiché le emissioni derivano, tra l’altro, dalla demolizione, dallo smaltimento dei rifiuti e dalla produzione di nuovi rifiuti;

ritiene che la proposta rispetti il principio di sussidiarietà, in quanto in quanto l’obiettivo di allineare la direttiva sulle prestazioni energetiche nell’edilizia ai rafforzati obiettivi dell’UE in materia di clima ed energia, può essere ottenuto solo mediante uno strumento legislativo dell’Unione. Un’azione a livello dell’Unione, inoltre, rappresenta un valore aggiunto, rispetto a un’azione degli Stati non coordinata, al fine di accelerare la transizione energetica verso edifici più efficienti dal punto di vista energetico, trainando gli investimenti nella ristrutturazione degli edifici, creando posti di lavoro, stimolando l’innovazione, aumentando i vantaggi del mercato interno per i prodotti da costruzione e gli elettrodomestici e incidendo in maniera positiva sulla competitività dell’ecosistema dell’edilizia e dei settori correlati.

In merito al rispetto del principio di proporzionalità, si formulano le seguenti osservazioni:

- la proposta impone determinate caratteristiche edilizie di efficienza energetica senza tenere conto della necessità di differenziare in base alle diverse zone climatiche dell’Europa, ai fini del raggiungimento degli obiettivi di prestazione energetica prefissati. Si ritiene quindi necessario che gli Stati membri continuino ad avere il potere decisionale di fissare i valori dei requisiti degli edifici a energia zero, stabiliti secondo il livello ottimale di costo, differenziandoli per gli edifici nuovi e per quelli esistenti e in base alle differenti zone climatiche, senza che vengano definiti univocamente a livello europeo;

- nel caso si fissi il principio dell’obbligo di riqualificazione energetica per gli edifici esistenti, andrebbe applicato a partire dagli edifici con le peggiori prestazioni, considerando che l’obiettivo prioritario è quello di ridurre il fabbisogno di energia, fissando requisiti calcolati con il metodo del livello ottimale di costo;

- in merito alla metodologia per il calcolo della prestazione energetica degli edifici, si ritiene necessario riconsiderare l’approccio basato sul consumo di energia in quanto l’uso dell’energia nell’immobile è ampiamente condizionato dai comportamenti e dalle specifiche esigenze dell’utente finale, e non esclusivamente legato alle caratteristiche proprie dell’edificio;

- non appare congrua la previsione di un duplice intervento di miglioramento delle prestazioni energetiche, sugli stessi edifici, a distanza di tre anni l’uno dall’altro;

- si dovrebbe introdurre il possesso di adeguata qualificazione o certificazione in capo alle imprese esecutrici nel caso di interventi di ristrutturazione integrata;

- la proposta pone obiettivi ambiziosi condivisibili quanto ai risultati di riduzione del consumo energetico degli edifici e dell’emissione di gas nocivi per l’ambiente, da raggiungere, senza tuttavia assicurare la disponibilità delle risorse finanziarie necessarie a tale scopo, soprattutto considerando che gli edifici maggiormente inquinanti e meno efficienti dal punto di vista energetico sono spesso legati a situazioni di povertà energetica e di degrado sociale.

Si ritiene, pertanto, necessario che la proposta preveda anche una disciplina volta all’individuazione delle modalità per assicurare le ingenti risorse, private o pubbliche, necessarie per l’effettuazione degli interventi e delle ristrutturazioni, come potrebbe essere ad esempio una misura strutturata come il superbonus 110 per cento e il connesso strumento della cessione del credito, promuovendo altresì la destinazione alle famiglie vulnerabili, alle persone in condizioni di povertà energetica e alle persone che vivono in alloggi di edilizia popolare;

- si ritiene infine necessario prevedere un adeguato periodo transitorio per l’entrata in vigore dei nuovi obblighi e definire un quadro normativo certo e duraturo considerando che le continue modifiche non consentono una pianificazione a lungo termine delle attività e creano instabilità nel mercato.

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