Life PREPAIR - il progetto europeo che si occupa di politiche della qualità dell’aria nel bacino padano, e che ha come partner le Regioni Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e relative ARPA, la Provincia Autonoma di Trento, ARPA Valle d’Aosta, le municipalità di Milano, Torino e Bologna, ART-ER, Fondazione Lombardia Ambiente e l’Agenzia per l’Ambiente della Slovenia – sta seguendo in maniera approfondita il tema del rapporto tra l’emergenza coronavirus e l’inquinamento atmosferico in Pianura Padana, di cui si è molto discusso negli ultimi mesi.
Nelle scorse settimane ci si è concentrati sull’elaborazione di un report di approfondimento sulla correlazione tra misure adottate nelle settimane di emergenza coronavirus e qualità dell’aria: report di cui oggi abbiamo i risultati.
Nei primi mesi del 2020, infatti, la crisi sanitaria causata dalla pandemia COVID-19 e le conseguenti misure di contenimento adottate hanno generato una drastica e repentina riduzione di alcune tra le principali sorgenti di inquinamento atmosferico. Una condizione completamente inedita che, nella sua tragicità, ha creato un’occasione per studiare le complesse dinamiche della qualità dell’aria in una delle aree più complesse d’Europa, quella del Bacino Padano, che purtroppo è anche tra le aree più drammaticamente colpite dall’emergenza sanitaria.
Il metodo utilizzato
Il report ha investigato l’andamento delle concentrazioni dei diversi inquinanti su tutto il territorio del bacino, in relazione alla variazione delle emissioni ed alle condizioni meteorologiche (anche verificandole in rapporto agli anni precedenti). Per realizzarlo, ci si è basati su una ampia serie di dati raccolti e condivisi tra le diverse realtà che partecipano al progetto.
Tre i principali aspetti presi in considerazione: l’analisi delle emissioni inquinanti dovuta all’impatto delle misure emergenziali sui diversi settori di attività (trasporti, industria, agricoltura etc..), la variazione delle concentrazioni degli inquinanti misurate dalle stazioni di monitoraggio di tutto il bacino e, infine, i dati relativi alla situazione meteorologica che influenza profondamente l’accumulo o la dispersione degli inquinanti stessi.
Per stimare l’impatto delle misure di contenimento sulla qualità dell’aria che respiriamo, è stato messo a confronto lo scenario reale, elaborato a partire dalle misure delle stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria, con uno scenario ipotetico “no-lockdown” simulato con un modello chimico di trasporto e dispersione basato sui dati meteorologici del periodo e sulla stima delle emissioni di inquinanti che si sarebbe verificata in assenza di misure restrittive.
I risultati
I principali risultati ottenuti hanno evidenziato quanto segue.
Gli inquinanti gassosi presi in considerazione, benzene e ossidi di azoto (NOx), hanno mostrato cali importanti sia rispetto ai mesi di marzo 2016-2019 sia rispetto ai periodi precedenti il lockdown.
Tali decrementi hanno raggiunto valori fino al 58% per l’NO e al 33% e 38% rispettivamente per benzene e NO2. Il confronto con il periodo medio degli anni precedenti ha mostrato come le concentrazioni di questi gas presentino valori ampiamente inferiori alla media. In sintesi, per quanto riguarda gli inquinanti gassosi, tutti gli indicatori scelti confermano una riduzione importante dell’impatto sulle concentrazioni atmosferiche, rispetto allo scenario “NO-COVID”.
Il particolato - PM10 e PM2.5 – presenta una dinamica complessa: i valori di PM10 registrati dalle stazioni nel mese di marzo sono mediamente inferiori rispetto agli anni precedenti anche se con una diminuzione meno marcata rispetto agli inquinanti gassosi, pur con una rilevante diminuzione dei valori massimi.
Le frazioni PM10 e PM2,5 variano in modo simile per tutto il mese di marzo, molto influenzate dalle condizioni meteorologiche, con valori minimi nei giorni ventilati e valori massimi nei giorni di stagnazione, condizione favorevole al loro accumulo. In queste condizioni (intorno al 13 e al 19 marzo), in alcune aree, sono stati osservati valori superiori al valore limite giornaliero (50 ?g/m3).
Discorso diverso per il picco di concentrazione di PM10 registrata a fine mese, causata di un trasporto di masse d’aria ricca di polvere dai deserti dell’area del Caspio.
Possiamo ipotizzare che la relativamente minore diminuzione del particolato rispetto agli inquinanti gassosi sia dovuta a una serie di concause quali: la presenza di quantitativi di inquinanti precursori, come l’ammoniaca derivante dall’agricoltura e dall’allevamento, in concentrazione sufficiente a produrre PM di origine secondaria. Allo stesso tempo l’aumento dei consumi di gas e di legna per riscaldamento domestico, in condizioni meteorologiche che hanno limitato la dispersione degli inquinanti, ha prodotto emissioni della componente primaria.
Questi primi risultati sembrano confermare la necessità di una strategia incentrata su interventi plurisettoriali e multi-inquinante a larga scala, con interventi mirati a ridurre sia le emissioni dirette che dei precursori delle PM. In questo senso, i risultati dello studio, seppur preliminari, portano a confermare alcuni punti chiave della pianificazione adottata dalle Regioni e Province autonome del Bacino del Po nei propri piani di qualità dell’aria adottati e degli accordi interregionali.
Tuttavia, per poter essere più precisi su tali aspetti è necessario attendere i risultati delle fasi successive, cioè del prossimo rapporto che si occuperà dei mesi successivi e dei risultati delle analisi della composizione del particolato che verranno realizzate sempre nell’ambito del Progetto Prepair.
Il Rapporto completo e le infografiche saranno disponibili sul sito di progetto www.lifeprepair.eu