Con la sentenza non definitiva 1306/2018 del 2 marzo, la quarta sezione del Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di giustizia UE la questione se l’art. 3, comma 3, lett. a) della Direttiva 2009/28/CE debba essere interpretato - anche alla luce del generale principio di tutela del legittimo affidamento e del complessivo assetto della regolazione apprestata dalla Direttiva in punto di incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili - nel senso di escludere la compatibilità con il diritto UE di una normativa nazionale che consenta al Governo italiano di disporre, con successivi decreti attuativi, la riduzione o, financo, l’azzeramento delle tariffe incentivanti in precedenza stabilite.
Palazzo Spada ha evidenziato che non consta che la Corte di giustizia si sia specificamente occupata della disciplina recata dalla direttiva 2009/28/CE, volta a favorire la produzione di energia da fonti rinnovabili, sotto i profili che qui vengono in considerazione, di talché, in assenza di un precedente specifico, non può farsi sicuro riferimento alla teorica del cd. “atto chiaro”, tanto più a fronte di un’espressa istanza di parte che sollecita la rimessione, della astratta rilevanza della questione pregiudiziale e della valenza generale del dovere di sollevare una questione pregiudiziale in capo ai Giudici di ultima istanza.
E’ noto, infatti, che l’art. 267, par. 3, TFUE deve essere interpretato nel senso che il giudice nazionale le cui decisioni non sono impugnabili con un ricorso giurisdizionale è tenuto, in linea di principio, a procedere al rinvio pregiudiziale di una questione di interpretazione del diritto dell’Unione anche nel caso in cui, nell’ambito del medesimo procedimento nazionale, la Corte costituzionale dello Stato membro di cui trattasi abbia valutato la costituzionalità delle norme nazionali alla luce delle norme di riferimento aventi un contenuto analogo a quello delle norme del diritto dell’Unione (Corte giust. comm. ue 20 dicembre 2017, C-322/2016; id. 18 luglio 2013, C-136/2012 e 19 novembre 2009, C-314/2008).
IL CASO IN ESAME. Una società ha impugnato avanti il T.a.r. per il Lazio – Sede di Roma il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 5 luglio 2012, avente ad oggetto le modalità di incentivazione per la produzione di energia fotovoltaica, contestualmente instando per la declaratoria del proprio diritto all’applicazione delle tariffe incentivanti stabilite dal precedente d.m. del 5 maggio 2011.
La ricorrente ha premesso:
- di operare nel settore della costruzione, gestione e manutenzione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e di avere realizzato nel corso del 2011, previo rilascio delle necessarie autorizzazioni, un impianto fotovoltaico a terra su area agricola ubicato in Comune di Fusignano, poi entrato in esercizio in data 29 febbraio 2012;
- che l’impianto sarebbe stato “nelle condizioni di essere incentivato” in base al d.m. 5 maggio 2011, istitutivo del “Quarto conto energia”, che prevedeva vari semestri di incentivazione - ciascuno con differenti tariffe, limiti di costo e di potenza - riferiti al periodo dal 1 giugno 2011 al 31 dicembre 2016: in particolare, per i due semestri del 2012 il d.m. stabiliva che le domande potevano essere presentate rispettivamente nel novembre 2011 e nel febbraio 2012;
- che l’impianto, nonostante apposita domanda, non era stato ammesso alla fruizione della tariffa incentivante per il primo semestre 2012;
- che, inopinatamente, il Gestore non provvedeva all’apertura del registro per il secondo semestre 2012 a motivo del dichiarato “azzeramento della disponibilità” economica;
- che, in seguito, intervenivano dapprima il d.l. n. 1 del 2012 (convertito con modificazioni con l. n. 27 del 2012), il cui art. 65 disponeva la cessazione dell’incentivazione per gli impianti fotovoltaici collocati a terra su aree agricole, quindi il successivo d.m. 5 luglio 2012 (recante il “Quinto conto energia”), che riduceva notevolmente le risorse finanziarie destinate all’incentivazione tariffaria;
- che l’impianto veniva ammesso alla tariffa incentivante prevista dal d.m. 5 luglio 2012, assai più bassa di quella cui avrebbe avuto diritto ai sensi del d.m. 5 maggio 2011.
Sulla scorta di queste premesse di fatto la ricorrente ha articolato le seguenti censure in diritto:
I) l’impianto aveva titolo per accedere alle tariffe incentivanti previste dal Quarto conto energia, di cui non ha potuto beneficiare per la mancata apertura, da parte del Gestore, del registro relativo al secondo semestre 2012; oltretutto, lo stesso d.m. 5 luglio 2012 precisava, all’art. 1, comma 4, che “il d.m. 5 maggio 2011 continua ad applicarsi … ai grandi impianti iscritti in posizione utile nei registri”;
II) il d.m. 5 luglio 2012 sarebbe nullo per “difetto assoluto di attribuzione con riferimento al disposto di cui all’art. 25, comma 10, d.lgs. n. 28 del 2011”;
III) sarebbe stato violato e falsamente applicato l’art. 65 del d.l. n. 1 del 2012;
IV) sarebbe stata violata e falsamente applicata la direttiva n. 2009/28/CE;
V) vi sarebbe stato eccesso di potere “per clamorosa contraddittorietà e perplessità dell’azione amministrativa”;
VI) sarebbe stato leso il legittimo affidamento e omessa la comparazione degli interessi.
Costituitesi le Amministrazioni intimate, il Tribunale ha respinto tutte le censure articolate dalla ricorrente. In particolare, i Giudici di prime cure hanno ritenuto:
I) che la “mancata apertura del registro relativo al secondo semestre 2012 risulta legittima alla luce di quanto stabilito dall’art. 6 del d.m. 5 maggio 2011, secondo cui <<qualora l'insieme dei costi di incentivazione per i grandi impianti entrati in esercizio entro il 31 agosto 2011 e degli iscritti nel registro di cui all'art. 8 per l'anno 2011 determini il superamento del limite di costo previsto per lo stesso periodo, l'eccedenza comporta una riduzione di pari importo del limite di costo relativo al secondo semestre 2012>>;come comunicato dal Gestore in data 20 gennaio 2012, infatti, il costo degli incentivi per gli impianti entrati in esercizio entro il 31 agosto 2011 e per quelli ammessi al precedente registro aveva azzerato la disponibilità relativa al secondo semestre 2012 il che ha legittimato, proprio sulla base della norma citata, la mancata apertura del successivo registro”; per altro verso, la ricorrente non potrebbe utilmente richiamare la disciplina transitoria di cui all’art. 1, comma 4, del d.m. 5 luglio 2012, poiché il proprio impianto non sarebbe stato iscritto in posizione utile nei registri previsti dal d.m. 5 maggio 2011;
II) che “il d.m. 5 luglio 2012, in virtù della possibilità di revisione del sistema incentivante prevista dall’art. 2 del d.m. 5 maggio 2011, trova la sua fonte normativa ultima nell’art. 25 del d.lgs. n. 28 del 2011”;
III) che “l’art. 65 d.l. n. 1/2012 non ammette indiscriminatamente alla disciplina del d.m. del 05/05/2011 gli impianti realizzati entro il 24 maggio 2012 (come dedotto dalla ricorrente) ma per tale categoria di impianti si limita a prevedere l’inapplicabilità degli specifici limiti stabiliti dai commi 4 e 5 dell’art. 10 d. lgs. n. 28/2011 fermo restando, per la restante disciplina del sistema d’incentivazione, e, quindi, anche per quella concernente il regime transitorio, quanto previsto in materia dai decreti ministeriali succedutisi nel tempo”;
IV) che “dall’esame della normativa comunitaria e della legislazione nazionale applicabile alla fattispecie emerge che:
a) il regime di sostegno agli impianti che producono energia rinnovabile non costituisce un obbligo ma è solo una delle possibili modalità con cui gli Stati possono raggiungere gli obiettivi di produzione di energia rinnovabile previsti dalla Comunità Europea (art. 3 della direttiva 2009/28/CE);
b) la stessa normativa comunitaria attribuisce estrema rilevanza all’efficienza energetica e alla riduzione dei costi per il raggiungimento degli obiettivi di produzione di energia rinnovabile ivi previsti prescrivendo, a tal fine, il controllo degli effetti e dei costi dei regimi di sostegno (17, 25 e 36 Considerato e artt. 3 e 4 direttiva 2009/28/CE);
c) la normativa nazionale di attuazione (d. lgs. n. 28/2011) conferma, quale principio generale, la necessità di prevedere criteri e strumenti che promuovano l'efficacia, l'efficienza, la semplificazione e la stabilità nel tempo dei sistemi di incentivazione, perseguendo nel contempo l'armonizzazione con altri strumenti di analoga finalità e la riduzione degli oneri di sostegno specifici in capo ai consumatori; tra gli ulteriori principi generali cui deve essere ispirato il riordino del sistema incentivante figurano, inoltre, la gradualità di intervento a salvaguardia degli investimenti effettuati e la proporzionalità agli obiettivi, nonché la flessibilità della struttura dei regimi di sostegno, al fine di tener conto dei meccanismi del mercato e dell'evoluzione delle tecnologie delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica (art. 23 d. lgs. n. 28/2011).
Ciò posto, il d.m. del 05/07/2012 ha operato la revisione del sistema d’incentivazione in coerente e razionale applicazione dei principi di gradualità, flessibilità, efficacia ed efficienza previsti dalle norme primarie ora richiamate”;
V) che “contrariamente a quanto prospettato nella censura, nella fattispecie non sussiste alcuna disparità di trattamento tra piccoli e grandi impianti ravvisabile tra la disciplina del “Quarto” e quella del “Quinto Conto Energia” posto che, stando a quanto dedotto dalla ricorrente (titolare di un grande impianto), la stessa, già nel vigore del d.m. del 05/05/2011 (da essa invocato come disciplina preferenziale), non è stata ammessa ai benefici. In particolare, va evidenziato che la misura dell’incentivo costituisce uno strumento indispensabile per raggiungere gli obiettivi d’interesse generale in precedenza citati tra cui l’implementazione dell’efficienza degli impianti e la riduzione del carico fiscale a carico dei consumatori finali e, a fronte di questo razionale nesso di strumentalità, la ricorrente non ha fornito specifici elementi da cui desumere, in concreto, la non remuneratività dell’incentivo usufruito in relazione al costo dell’impianto, tenuto, comunque, conto di quanto in precedenza rilevato circa l’inconfigurabilità di un affidamento giuridicamente tutelabile. Per altro, proprio le ricordate esigenze di interesse generale inducono il Tribunale a ritenere razionale il riferimento, presente nei decreti ministeriali del 2011 e del 2012, ad un limite massimo di costo piuttosto che ad un arco temporale di tempo specifico quale presupposto per l’operatività del sistema d’incentivazione”;
VI) che “nella fattispecie non è configurabile l’obbligo d’indennizzo, invocato dalla ricorrente ex art. 21 quinquies l. n. 241/90, in quanto il d.m. del 05/07/12 non può essere qualificato come “revoca”, se non altro per l’assenza di discrezionalità quanto ai presupposti della sua adozione che sono stati tassativamente individuati dal d.m. del 05/05/2011 nel superamento dei limiti di costo ivi previsti. In ogni caso, l’indennizzo non sarebbe mai dovuto ai soggetti, come la ricorrente, che non hanno conseguito i benefici ex d.m. del 05/05/2011 in quanto, proprio per tale motivo, gli stessi non rientrano nella categoria dei soggetti “direttamente interessati” cui l’art. 21 quinquies l. n. 241/90 riconosce il beneficio dell’indennizzo. In quest’ottica, va evidenziato che l’art. 8 comma 6 d. m. 05/05/11 ha previsto che, qualora un impianto, iscritto al registro nell’anno 2011, non si collochi in posizione utile per la fruizione degli incentivi (come nel caso della ricorrente), lo stesso non diviene titolare di alcun diritto o interesse giuridicamente tutelabile ma è tenuto ad inoltrare una nuova domanda al Gestore per accedere ai benefici relativi all’anno 2012”.
IL RICORSO IN APPELLO. La ricorrente ha interposto appello, riproponendo criticamente le censure articolate in prime cure sub I), III) e IV) e richiedendo, altresì, la sospensione del giudizio e il deferimento alla Corte di giustizia dell’Unione europea di una questione pregiudiziale di interpretazione del diritto europeo inerente alla compatibilità della normativa nazionale in subiecta materia con “i principi espressi dalla direttiva 2009/28/CE”.