È possibile operare con raggruppamenti temporanei di progettisti in cui c'è almeno un professionista laureato abilitato da meno di cinque anni all'esercizio della professione. Il giovane professionista può limitarsi a firmare il progetto.
Lo ha precisato la sesta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1680/2016 depositata il 2 maggio.
Palazzo Spada evidenzia che l'art. 253, comma 5, del d.P.R. n. 207/2010, in base al quale “ai sensi dell’art. 90, comma 7, del codice, i raggruppamenti temporanei previsti dallo stesso art. 90, comma 1, lett. g) del codice devono prevedere quale progettista la presenza di almeno un professionista laureato abilitato da meno di cinque anni all'esercizio della professione…”, nel fare riferimento alla “presenza”, quale progettista, di almeno un giovane professionista, non impone una specifica tipologia di rapporto professionale che debba intercorrere tra il giovane professionista e gli altri componenti del raggruppamento temporaneo di progettisti, sicché per integrare il requisito richiesto è sufficiente anche l’avere (solo) sottoscritto il progetto. L’avvenuta sottoscrizione del progetto implica certamente una partecipazione professionale e, quindi, l’esistenza di un rapporto professionale con il raggruppamento temporaneo, senza la necessità di indagini ulteriori sul ruolo rivestito dal giovane professionista all’interno del raggruppamento, e sulla tipologia specifica di rapporti tra raggruppamento e professionista”.
Ciò vale anche nel nuovo regime introdotto con la legge n. 11/2016 (articolo 1, lettera ccc) e con il nuovo Codice Appalti (decreto legislativo n. 50/2016, art. 24, comma 5, art. 95, comma 13, art. 154 comma 3).
Il Consiglio di Stato, inoltre, non condivide l'interpretazione secondo la quale il termine quinquennale di cui all'art. 253, comma 5, del d.P.R. n. 207/2010 – “professionista laureato abilitato da meno di cinque anni all’esercizio della professione” - decorrerebbe dal momento del superamento dell'esame di abilitazione. Infatti, il mero superamento dell'esame di abilitazione non legittima il laureato a fregiarsi del titolo professionale: l’art. 2229, comma 1, del codice civile dispone: “la legge determina le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi”. “Da ciò consegue – osservano i giudici di Palazzo Spada - che il titolo di professionista è conseguito solo a seguito dell'iscrizione nell'albo di riferimento, e che l'abilitazione è requisito necessario per l'iscrizione anzidetta ma non costituisce di per sé titolo legittimante all'esercizio della professione. Il solo esame di abilitazione non consente al professionista di operare come tale, sottoscrivendo progetti, poiché a seguito di esso non risulta attestato il possesso dei requisiti ulteriori occorrenti per l’esercizio della professione; requisiti che invece sono attestati dall’iscrizione all’albo, che costituisce dunque il solo provvedimento “abilitante” in senso proprio all’esercizio della professione”.