Mercato

Rapporto energie rinnovabili: mancano all’appello gli impianti di grande taglia, frenati dal prezzo di base d’asta

Il rapporto sulle energie rinnovabili 2024 della School of Management del Politecnico di Milano evidenzia le criticità che possono frenare lo sviluppo di un mercato che oggi vale 9-10 miliardi di euro e vede impegnate oltre 25 mila imprese

giovedì 30 maggio 2024 - Franco Metta

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Paragonato agli anni precedenti il 2023 è stato per l’Italia un anno record nell'installazione di capacità di energia rinnovabile. Abbiamo infatti aggiunto 5,7 GW di capacità installata grazie soprattutto al fotovoltaico (5,2 GW) arrivando a un totale installato complessivo di 69 GW. Negli anni precedenti il risultato era stato inferiore: appena 1,3 GW, nel 2021, e a 3 GW, nel 2022.

Questa che potrebbe sembrare una buona notizia, contenuta nel Renewable Energy Report 2024 (RER) redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, fa emergere però l’altra faccia della medaglia: non siamo ancora allineati con gli obiettivi di decarbonizzazione fissati per il 2030, ovvero 9 GW l’anno di installazioni secondo il Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima.

La ragione del mancato allineamento sta soprattutto nella difficoltà a sviluppare il segmento degli impianti di grande taglia, stretti tra le polemiche legate al possibile effetto (peraltro quasi trascurabile) sul consumo di suolo e su un sistema di aste per le tariffe di remunerazione dell’energia prodotta che non è più in linea con il reale costo degli impianti e con l’andamento di mercato del prezzo dell’energia. Lo si evince dal fatto che gli impianti di piccola taglia sono oltre il 95% delle nuove installazioni e coprono quasi la metà della potenza addizionale record del 2023.

È lo stesso Davide Chiaroni, co-fondatore di E&S e responsabile dello studio, a spiegarne i motivi: “gli impianti di grande taglia non crescono sia nel fotovoltaico sia nell’eolico che ha contribuito con appena 500 MW. Ciò accade anche perché le aste fissate dal Decreto ministeriale FER 1 del 2019 non hanno mai rappresentato un vero acceleratore del mercato, nonostante ben 13 bandi aperti da allora: la maggior parte di essi, per una combinazione di fattori quali la complessità e la lungaggine dei sistemi autorizzativi e l’inadeguatezza della base d’asta per le tariffe, sono andati deserti o quasi”.

Ci sarebbe pertanto il rischio concreto che la “vampata” di crescita del triennio 2021-2023 svanisca e con essa molto dell’indotto: non dimentichiamo che fotovoltaico ed eolico nel loro insieme hanno contribuito a generare nel 2023 un volume d’affari di 9-10 miliardi di euro, di cui secondo l’analisi, il 60% rimasto ad aziende localizzate in Italia e un 20% comunque in Europa.

Previsioni il per prossimo biennio

“Nel 2025-2026 ci attendiamo quindi un forte rallentamento delle installazioni – prosegue Chiaroni - dovuto ai ritardi normativi nell’approvazione dei decreti incentivanti e delle misure abilitanti necessari agli impianti di grande taglia. Questo ci porta a stimare che nel prossimo biennio non si andrà oltre gli 1-1,5 GW l’anno per il fotovoltaico e ai 400-500 MW per l’eolico, ben distanti dai 7 GW e 2 GW, rispettivamente, imprescindibili per raggiungere gli obiettivi del PNIEC al 2030. È un rischio che non possiamo correre, anche per l’impatto positivo che le rinnovabili hanno sull’economia del Paese: abbiamo oltre 25.000 imprese impegnate in attività legate a sviluppo, gestione e manutenzione degli impianti di rinnovabili o che producono componentistica, dagli inverter agli altri componenti elettrici, a strutture e materiali necessari alle installazioni (purtroppo non si può dire lo stesso di elementi fondamentali come moduli e turbine). Senza un impegno continuo e coordinato da parte dei decisori politici, delle istituzioni e degli attori del settore non realizzeremo il nostro pieno potenziale”.

Valore congruo del Levelized Cost of Electricity

Secondo l’analisi uno degli aspetti cruciale da considerare per gli impianti di grande taglia è il Levelized Cost of Electricity (LCOE): attualmente si attesa tra i 65 e gli 80 €/MWh per impianti fotovoltaici e tra i 90 e i 100 €/MWh per quelli eolici. A questo però si dovrebbe aggiungere anche un “valore soglia” affinché l’impianto sia redditizio per gli investitore, ottenendo così un LCOEadjusted, aumentato di altri 5-10 €/MWh per ogni punto percentuale aggiuntivo di costo del capitale da remunerare. Pertanto non è un caso che una base d’asta fissata a 70 €/MWh come previsto dal Decreto FER 1 del 2019 non abbia prodotto risultati importanti negli ultimi anni. Mentre invece l’ultima asta, con il valore alzato a 77,6 €/MWh, ha visto una partecipazione più nutrita di impianti, permettendo l’avvio di progetti per circa 1 GW. Lo stesso problema, se le tariffe di base non verranno aggiustate di conseguenza, potrebbe verificarsi con il nuovo Decreto FER X, di cui si attende a breve l’uscita.

Valori più elevati per applicazioni innovative

Infine l’analisi evidenzia come I valori in gioco debbano essere ancora più alti se si vuole supportare lo sviluppo di applicazioni innovative come l’agrivoltaico (che ha un LCOE tra i 95 e i 115 €/MWh per i maggiori costi di investimento) o l’eolico offshore (che registra valori compresi tra 115-135 €/MWh nella configurazione fissa e tra 150-180 €/MWh in quella galleggiante). E non è soltanto la base d’asta del FER X a rappresentare una criticità, sono tanti i punti non chiari della normativa italiana, come i ritardi cumulati dal decreto Aree Idonee e l’incertezza sul futuro del meccanismo dello Scambio sul posto (SSP).

Bisogna infatti prestare attenzione anche agli impianti di taglia piccola e media: quelli fotovoltaici (residenziali, commerciali e industriali) garantiscono una buona redditività anche alle attuali condizioni di mercato, con un ritorno dell’investimento intorno ai 10 anni per le casistiche analizzate. Tuttavia, qualora uno dei principali strumenti incentivanti, ossia lo Scambio sul posto (SSP), dovesse davvero terminare a fine 2024, i risultati di tutti i casi analizzati, specialmente in ambito commerciale e industriale, sarebbero significativamente peggiori: si stima che il tempo di ritorno dell’investimento crescerebbe da 10 a 17-18 anni.

E non bisogna dimenticarsi dell’installato: tra il 2016 e il 2020 la perdita di generazione “reale” degli impianti fotovoltaici in Italia è stata pari all’8%, circa il doppio della degradazione fisiologica. In questo contesto, rifacimenti, potenziamenti e interventi di integrale ricostruzione degli impianti diventano elementi essenziali per la decarbonizzazione. I 13 bandi per i rifacimenti hanno incentivato appena 15 MW circa di capacità eolica, che sale a 210 MW per le aste relative alle ricostruzioni integrali e ai potenziamenti degli impianti. Numeri ancora “risibili” se si pensa che l’installato complessivo del solo eolico supera i 10 GW.

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