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Rating di legalità, 544 le richieste al 31/12/2014

Attribuiti 271 rating, pari al 50% delle richieste. In 18 casi i punteggi sono stati confermati e in sei aumentati

giovedì 29 gennaio 2015 - Redazione Build News

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Sono più che raddoppiate nel 2014, rispetto al 2013, le richieste inviate all’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, dopo l’adozione del decreto del 20 febbraio scorso (n.57) sui criteri per tenere conto del Rating di legalità nella concessione dei finanziamenti pubblici e nell’accesso al credito. E le domande, per le quali non sono previsti costi amministrativi, continuano ad aumentare di giorno in giorno anche nel nuovo anno.

Nel 2013, quando entrò in vigore il Regolamento dell’Antitrust, le richieste furono 142; nel 2014 sono state 402, per un totale di 544 al 31 dicembre scorso. “Il trend in forte crescita – commenta il presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella – conferma la validità e l’efficacia di un meccanismo premiale in funzione della trasparenza e della libera concorrenza: questo, insieme alla repressione e alla punizione dei reati, è il miglior antidoto contro quella tassa occulta che è rappresentata dalla corruzione”.

ATTRIBUITI 271 RATING. In complesso, dall’entrata in vigore del Regolamento a tutto il 2014 sono stati attribuiti 271 Rating, pari al 50% delle richieste, contro 12 dinieghi. In 18 casi i punteggi sono stati confermati e in sei aumentati. Le richieste considerate non valutabili, perché il fatturato delle aziende non raggiungeva la soglia minima, sono 64 mentre sono 173 quelle in corso d’esame.

DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA. Per la maggioranza, le richieste provengono dal Nord (43,3%), rispetto al 22% del Centro e al 31,7% del Mezzogiorno (Sud e Isole). Oltre il 62% sono concentrate in cinque regioni, con in testa la Sicilia (14%), seguita dalla Lombardia (13,2), dal Veneto (13), dal Lazio (12,3) e dall’Emilia Romagna (10,3).

FATTURATO. Circa l’80% delle imprese che hanno richiesto il Rating di legalità realizza un fatturato tra i 2 e i 50 milioni di euro all’anno. Sono meno del 3% invece quelle che hanno un volume d’affari superiore ai 300 milioni. La maggior parte ha meno di 100 addetti (78%), contro un 3% che occupa più di mille persone.

ATTIVITÀ. In base al tipo di attività, circa il 25% delle imprese richiedenti opera in settori notoriamente “sensibili”, come l’edilizia, le costruzioni, il trasporto merci e persone, lo smaltimento dei rifiuti. La quota maggiore è costituita da Società a responsabilità limitata (55,19%), seguite dalle Spa (31,39).

PUNTEGGIO DA UNA A TRE STELLETTE. Approvato dal Parlamento alla fine del 2012, il Rating di legalità è lo strumento con cui l’Agcm attribuisce un punteggio, da una a tre “stellette”, alle imprese virtuose che hanno un fatturato superiore ai due milioni di euro annui e rispettano una serie di requisiti giuridici e “qualitativi”. Per ottenere una “stelletta”, il titolare dell’azienda e gli altri dirigenti non devono avere precedenti penali per i reati di cui al decreto legislativo n. 231 del 2001 e per i principali delitti contro la pubblica amministrazione nonché per reati tributari. Nei confronti di tali soggetti non deve, inoltre, essere stata iniziata l’azione penale per reati di stampo mafioso.

Per quanto riguarda l’impresa, non deve aver commesso illeciti amministrativi dipendenti dai reati di cui al decreto legislativo n. 231 e non deve essere stata condannata nel biennio precedente per illeciti antitrust e in materia di tutela del consumatore. L’impresa inoltre deve effettuare pagamenti e transazioni finanziarie oltre i mille euro esclusivamente con strumenti tracciabili. Per ottenere un punteggio più alto, il Regolamento indica altri sei requisiti: due “stellette” se ne vengono rispettati la metà, tre “stellette” se vengono rispettati tutti.

Del Rating assegnato dall’Antitrust, secondo quanto prevede la legge, e in base a quanto previsto nel decreto n. 57 del 2014, “si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario”. In forza della stessa normativa, “gli istituti di credito che omettono di tener conto del rating attribuito in sede di concessione dei finanziamenti alle imprese sono tenuti a trasmettere alla Banca d'Italia una dettagliata relazione sulle ragioni della decisione assunta”.

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