Tra l’anno scorso e questo che sta per concludersi, nel 2015 le richieste di rating di legalità sono triplicate, passando da 441 a 1.514 (+243%), mentre i casi chiusi dagli Uffici dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato sono quasi quintuplicati: da 251 a 1.382 (+450%).
Più in dettaglio, contro i 183 rating attribuiti nel 2014, quest’anno i riconoscimenti sono saliti a 1.083. In parallelo, anche i dinieghi sono aumentati da 6 a 66 e così pure le conferme, passate da 15 a 28. Sono state cinque infine le revoche, rispetto a nessuna nell’anno precedente.
Approvato dal Parlamento alla fine del 2012 ed entrato in vigore con il Regolamento dell’Agcm nel 2013, il Rating di legalità è lo strumento “premiale” con cui è stato affidato all’Antitrust il compito di attribuire un punteggio, da una a tre “stellette”, alle imprese virtuose con un fatturato di oltre due milioni di euro annui che corrispondono a una serie di requisiti giuridici. Per ottenere una “stelletta”, il titolare dell’azienda e gli altri dirigenti non devono avere precedenti penali o tributari. Oltre a non essere stata condannata nel biennio precedente per illeciti antitrust, l’impresa deve effettuare pagamenti e transazioni finanziarie oltre i mille euro esclusivamente con strumenti tracciabili. Per ottenere un punteggio più alto, il Regolamento indica altri sei requisiti: due “stellette” se ne vengono rispettati la metà, tre “stellette” se vengono rispettati tutti.
Del Rating assegnato dall’Agcm, secondo quanto prevede la legge, “si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario”. In forza della stessa normativa, “gli istituti di credito che omettono di tener conto del rating attribuito in sede di concessione dei finanziamenti alle imprese sono tenuti a trasmettere alla Banca d'Italia una dettagliata relazione sulle ragioni della decisione assunta”.