“La distinzione fra le categorie del (restauro e) risanamento conservativo e della ristrutturazione edilizia risiede non tanto nella tipologia di interventi realizzabili, in gran parte comuni, quanto nella finalità degli interventi, essendo il risanamento destinato alla conservazione dell'organismo edilizio preesistente mentre la ristrutturazione alla sua trasformazione. In questa prospettiva, la realizzazione di un soppalco costituisce intervento da valutarsi caso per caso, nel senso che soltanto se idoneo a generare un maggiore carico urbanistico esso sarà riconducibile all'ambito della ristrutturazione edilizia, mentre laddove sia tale da dare vita a una superficie accessoria, non utilizzabile per lo stabile soggiorno delle persone, ben potrà essere considerato un intervento minore, compatibile con il risanamento conservativo”.
Lo ha ricordato il Tar Toscana, Sezione Terza, nella sentenza n.1164/2022 pubblicata il 15 ottobre.
Nella specie, la ricorrente ha chiesto la sanatoria di lavori che hanno determinato, per un verso, la trasformazione di una preesistente camera da letto in locale accessorio (cabina armadio) di altezza inferiore a 2,70 m; e, per l’altro, la creazione nel sottotetto di un nuovo ambiente accessorio (cabina armadio/ripostiglio) suddiviso internamente mediante l’inserimento di elementi in laminato, anch’esso di altezza inferiore a 2,70 m.
“Alla luce dei principi sopra richiamati”, osserva il Tar, “non può dirsi che le opere siano tali da comportare, anche in potenza, un incremento del carico urbanistico, essendosi in definitiva trattato di una riorganizzazione degli spazi interni dell’appartamento nei limiti del risanamento conservativo, avuto anche riguardo alle modeste dimensioni della porzione aggiuntiva di solaio (9 mq). Resta fermo, evidentemente, che sia la ex camera da letto al piano inferiore, sia la cabina armadio/ripostiglio nel sottotetto, non possono essere destinati alla stabile permanenza delle persone, mancando dell’altezza minima occorrente per i vani abitativi.
In questo senso, del resto, è la stessa istanza di sanatoria, che sottintende il riconoscimento dell’impossibilità di adibire i locali predetti ad usi abitativi come quelli che, come risulta dalla documentazione in atti, a suo tempo furono già materia di accertamento e contestazione sfociati, da parte del Comune, nell’ordinanza ripristinatoria n. 503/2011”.
IN ALLEGATO la sentenza.