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Reintroduzione delle tariffe minime professionali: disegno di legge in Senato

Proposta l'abrogazione dell'art. 2 del decreto Bersani per garantire la qualità della prestazione professionale

mercoledì 24 maggio 2017 - Redazione Build News

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Reintrodurre le tariffe minime per tutti i liberi professionisti “così da migliorare il rapporto tra questi ultimi ed i cittadini, con favorevoli ripercussioni sul territorio”.

È quanto propone un disegno di legge di iniziativa dei senatori Pepe e Davico e presentato il 7 febbraio scorso al Senato.

Il ddl, recante “Disposizioni urgenti per la tutela dei cittadini e della qualità del lavoro dei professionisti”, è composto da un solo articolo che abroga l’articolo 2 del decreto Bersani - decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, recante disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali.

Con il presente disegno di legge – recita il ddl - si intende reintrodurre l’obbligatorietà dell’applicazione delle tariffe minime nell’ambito della determinazione degli onorari dei liberi professionisti. Il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, oltre a rispondere alle reiterate ingiunzioni dell’Unione europea per infrazione dell’Italia delle norme sulla concorrenza nel settore delle libere professioni, ha abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano la fissazione di tariffe obbligatorie fisse o minime (sia per gli incarichi da enti pubblici che da committenti privati), ovvero, il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti.

Per il libero professionista esisteva, fino a qualche anno fa, la cosiddetta «tariffa professionale»: una sorta di prezzario che rappresentava una retribuzione minima di legge, proporzionata alla tipologia e all’entità della relativa prestazione. I minimi tariffari, adottati soprattutto in ambito pubblico, erano di fatto dei massimi di legge, che costituivano dei riferimenti per le prestazioni professionali di ingegneria ed architettura, rispetto ai quali gli enti pubblici potevano derogare con ribassi non superiori al venti per cento. In questo modo veniva riconosciuta una dignità professionale, al pari delle prestazioni degli altri lavoratori, sia del settore pubblico che del settore privato.

La legge Bersani “ha purtroppo spazzato via le tariffe professionali, tanto che oggi i lavoratori chiedono al Governo una serie di interventi per fronteggiare gli effetti della crisi che, tra il 2007 ed il 2014, è stata la causa della diminuzione notevole del reddito medio di ognuno di loro, stimato in circa il 20 per cento in meno fino al 2015 e che ha subito un ulteriore calo dell’1 per cento nel 2016”.

Con il decreto Bersani le professioni “sono state trasformate in lavori impoveriti in cui la concorrenza fra i singoli lavoratori autonomi ha condotto ad una drammatica riduzione dei compensi e, quindi, delle prospettive di guadagno futuro. Per questo la qualità dei servizi resi ne è fortemente condizionata”.

Secondo i firmatari del disegno di legge, l’obiettivo del legislatore “dev’essere quello di andare incontro alle esigenze della collettività in termini economici e di qualità di servizi richiesti, affinché sia garantita l’offerta di una prestazione qualitativamente accettabile, non ispirata a criteri prevalentemente concorrenziali”.

MANIFESTAZIONE A ROMA LO SCORSO 13 MAGGIO. Ricordiamo che lo scorso 13 maggio si è svolta una manifestazione a Roma – LEGGI TUTTO - per chiedere al Governo l’introduzione di una normativa sul giusto compenso, organizzata dagli Ordini degli Architetti, Avvocati, Ingegneri di Roma e provincia e dall’Ordine degli Avvocati di Napoli, con l’adesione della Consulta delle Professioni presso la Camera di Commercio di Roma.

In allegato il disegno di legge presentato al Senato

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