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Rent to buy, il Notariato contro la duplicazione delle imposte fisse di registro

Il Notariato evidenzia le criticità contenute nella circolare n. 4 del 19 febbraio 2015 dell'Agenzia delle Entrate

mercoledì 18 marzo 2015 - Redazione Build News

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Il Consiglio nazionale del Notariato ha pubblicato una nota di commento alla circolare n. 4 del 19 febbraio 2015 con la quale l'Agenzia delle Entrate ha chiarito il trattamento fiscale da applicare ai contratti di rent to buy, cioè di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili di cui all’art. 23 dello Sblocca Italia (decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con la legge 11 novembre 2014, n. 164).  

COS'È IL RENT TO BUY. Ricordiamo che l'affitto con riscatto è un'operazione unitaria attraverso la quale viene assicurato a chi ha intenzione di acquistare un immobile, la possibilità di conseguire da subito il godimento dell’immobile individuato, con pagamento di un canone periodico e di rinviare ad un momento successivo l’acquisto vero e proprio dell’immobile e il pagamento del relativo prezzo, dal quale vengono scomputati, in tutto o in parte, i canoni pagati in precedenza.

Il decreto Sblocca Italia ha previsto la possibilità di trascrivere il contratto nei Registri Immobiliari per il periodo di durata del rent to buy, ma comunque non superiore a 10 anni. La trascrizione vale come una vera e propria prenotazione dell’acquisto dell’immobile. Di conseguenza, non potrà vendere l’immobile a qualcun altro, né concedere un’ipoteca sull’immobile, né costituire una servitù passiva o qualsiasi altro diritto pregiudizievole. Gli eventuali creditori del venditore non potranno iscrivere un’ipoteca sull’immobile promesso in vendita, né pignorarlo. Dal momento della trascrizione del rent to buy, l’immobile è “riservato” al futuro acquirente, e qualsiasi trascrizione o iscrizione non avrebbe effetto nei suoi confronti.

LA SCELTA DI FONDO DELLE ENTRATE. La scelta di fondo operata dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 4 del 19 febbraio 2015 – osserva il Notariato - è stata quella di diversificare il trattamento fiscale da applicare al canone corrisposto dal conduttore in considerazione della funzione (godimento dell’immobile e acconto prezzo) per la quale dette somme sono corrisposte, cioè da un lato assimilando, ai fini fiscali, l’immediata concessione del godimento dell’immobile a fronte del pagamento dei canoni alla locazione, per cui alla quota di canone “imputata” al godimento dell’immobile trovano applicazione le disposizioni previste, sia ai fini delle imposte dirette che delle imposte indirette, per i contratti di locazione; da un altro lato, assimilando ai fini fiscali e fin da subito la quota di canone destinata ad essere imputata al corrispettivo del trasferimento – la quale ad avviso dell’Agenzia ha natura di anticipazione del suddetto corrispettivo - agli acconti sul prezzo della successiva vendita dell’immobile.

In caso di esercizio del diritto di acquisto dell’immobile trova applicazione la normativa prevista, sia ai fini delle imposte dirette che delle imposte indirette, per i trasferimenti immobiliari.

LE CRITICITÀ. Nella nota il Consiglio nazionale del Notariato sintetizza le conclusioni cui perviene l’Agenzia con riferimento all’applicazione delle imposte indirette, mediante degli schemi riepilogativi corredati di note volte a sottolineare alcune conseguenze e criticità che derivano dalle suddette conclusioni.

In linea generale, evidenzia il Notariato, la scelta di fondo dell'Agenzia “appare influenzata da una considerazione del nuovo tipo contrattuale di cui all’art. 23 cit. che, sotto il profilo fiscale, si muove nella logica del “doppio contratto”, come cioè se si dovesse tassare una combinazione di contratti rappresentata da una locazione e da un preliminare, logica da cui derivano alcune criticità, anche perché porta ad una minore valorizzazione della novità e delle peculiarità del contratto introdotto dall’art. 23 cit.”.

IMPOSTA DI REGISTRO. Per quanto riguarda l’imposta di registro, essa è applicata al contratto di godimento in esame con la premessa (influenzata evidentemente dalla scelta di fondo a cui si è fatto cenno) dell’osservanza dei principi di cui all’art. 21 comma 1 D.P.R. n. 131/1986, che attribuiscono distinta rilevanza alle singole disposizioni negoziali contenute nell’atto che siano espressione di autonoma capacità contributiva.

Questa premessa, unitamente alle indicazioni che possono desumersi dalla circolare, portano a ritenere – mette in evidenza il Notariato - che, secondo l’Agenzia delle entrate, nel caso in cui entrambe le componenti del canone (tassate come se fossero riconducibili a due negozi distinti) siano soggette ad Iva, si debbano applicare due imposte fisse di registro (nella misura di 200 euro ciascuna se il contratto è redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata, nella misura di 67 euro per la parte tassata come locazione e di 200 euro per quella tassata come acconto se il contratto è redatto nella forma di scrittura privata non autenticata). Secondo il Notariato, una tale duplicazione di imposte fisse appare però in contrasto non solo con l’unicità del contratto di godimento in esame ma anche con la considerazione che una disposizione soggetta ad Iva non manifesta un’autonoma capacità contributiva agli effetti dell’imposta di registro in quanto la stessa è stata valutata dal legislatore nell’ambito dell’imposizione Iva. In altri termini, secondo gli stessi principi della circ. 44/E del 7 ottobre 2011, si dovrebbe ritenere che l’imposta di registro in misura fissa non possa essere applicata distintamente per “ciascuna disposizione” in quanto non si tratta – sotto il profilo dell’imposta di registro in ragione del principio di alternatività con l’Iva – di “disposizioni negoziali dotate di contenuto economico che concretizzano, quindi, un indice di capacità contributiva”.

CONTRATTO DI TRASFERIMENTO. Per quanto riguarda il contratto di trasferimento, nella circolare si legge che “per determinare l’imposta di registro da applicare in sede trasferimento, si ritiene, inoltre, applicabile la disciplina dettata dalla nota all’art. 10 della tariffa, parte prima, del TUR per i contratti preliminari di compravendita, secondo la quale dall’imposta di registro dovuta per il contratto definitivo deve essere scomputata l’imposta di registro corrisposta in relazione agli acconti prezzo (omissis) al fine di evitare una doppia tassazione delle medesime somme”. Nel caso in cui tale imposta dovesse risultare superiore a quella dovuta per il contratto di trasferimento, “spetta il rimborso della maggiore imposta versata, secondo le regole previste dall’art. 77 del TUR (circolare 29 maggio 2013, n. 18/E)”.

A prescindere dal diritto al rimborso, secondo il Notariato l’esigenza di evitare una doppia imposizione in relazione alle somme assimilate ad acconti prezzo e, soprattutto, di assicurare un’invarianza della tassazione dell’acquisto immobiliare effettuato tramite il contratto di cui all’art. 23 in esame rispetto ad una normale compravendita, avrebbe potuto giustificare una soluzione interpretativa di maggiore apertura. Sarebbe, cioè, ragionevole sostenere, al fine di consentire l'unitario assoggettamento all'imposta di registro del contratto finalizzato al trasferimento dell’immobile, che il tributo applicato alle suddette somme, assimilate ad acconti, debba essere parametrato sull'imposta principale dovuta per il trasferimento, intesa quale limite massimo alla tassazione dell'operazione complessiva. In altri termini, in caso di un contratto di godimento di cui all’art. 23 cit. che già prefiguri i requisiti rilevanti per la tassazione del trasferimento, l'imposta proporzionale di registro per le somme assimilate ad acconti si applicherebbe fino a concorrenza di quella che sarà dovuta per il definitivo, procedendo negli altri casi con il rimborso dell’eccedenza.

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