Nella categoria degli "interventi di restauro o di risanamento conservativo", per i quali non occorre concessione, possono essere annoverate soltanto le opere di recupero abitativo, che mantengono in essere le preesistenti strutture, alle quali apportano o un consolidamento o un rinnovo di elementi costitutivi, anche attraverso l'inserimento di nuovi.
Occorre, però, che complessivamente siano rispettate tipologia, forma e struttura dell'edificio medesimo: la demolizione o il crollo dell'intero fabbricato non consente la sua ricostruzione, senza la necessaria verifica da parte dell'autorità amministrativa nell'ambito del procedimento concessorio e nel rispetto della normativa urbanistica vigente al momento del rilascio del provvedimento abilitativo.
Questo principio di diritto è stato recentemente ribadito dalla sezione III della Corte di cassazione con la sentenza n. 1978/2015 depositata il 16 gennaio.
LA DEFINIZIONE DI «MANUTENZIONE STRAORDINARIA» E «RESTAURO CONSERVATIVO» NELLA NORMATIVA SICILIANA. Nel caso in esame, la non precaria destinazione dell'immobile ad uso abitativo (mediante la creazione di tre vani, una cucina ed un servizio igienico) e la realizzazione di muri in cemento armato con una sottofondazione con travi di calcestruzzo, non consentono di qualificare l'opera come di «manutenzione straordinaria» e «restauro conservativo», secondo la definizione fornita dall'art. 20, comma 1, lett. c), della legge regionale della Sicilia 27 dicembre 1978, n. 71 (che ricalca le definizioni contenute nell'art. 31, legge 5 agosto 1978, n. 457) e quindi non consentono di assoggettarla alla sola autorizzazione sindacale a norma dell'art. 5, comma 1, legge regionale Sicilia, 10 agosto 1985, n. 37.
L'autorizzazione sindacale di cui all'art. 5, leg. reg. Sicilia n. 37/85, sostituisce la concessione per gli interventi di manutenzione straordinaria e di restauro conservativo solo per le opere costituenti pertinenze o impianti tecnologici al servizio di edifici già esistenti, per l'impianto di prefabbricati ad una sola elevazione adibiti ad uso non abitativo, per le occupazioni di suolo mediante deposito di materiali o esposizioni di merci a cielo libero, per le demolizioni, per l'escavazione di pozzi e per le strutture ad essi connesse, per la costruzione di recinzioni, con esclusione di quelle dei fondi rustici, per la costruzione di strade interpoderali o vicinali, nonché per i rinterri e gli scavi che non riguardino la coltivazione di cave o torbiere.
La Cassazione ha più volte affermato che tale disposizione deve essere limitata ai soli manufatti precari, atteso il necessario coordinamento con la normativa statale, con i cui principi generali le disposizioni regionali non possono collidere (Cass. pen. Sez. III, 25-05-2005, n. 24201, rv. 231948; Cass. pen. Sez. III, 09-12-2004, n. 4861, rv. 230914) e può perciò essere riferita alle sole costruzioni prefabbricate di modeste dimensioni assemblate in precedenza, adagiate sul suolo e facilmente rimovibili, tali da non alterare stabilmente l'assetto del territorio (Cass. pen. Sez. III, 24-03-2009, n. 19076, rv. 243722).
Sotto un secondo aspetto, esula dalla definizione normativa di <<restauro conservativo>> di cui agli artt. 20, lett. c), 1.r. Sicilia, n. 71/78, 31, lett. c), legge 457/78, 3, comma 1, lett. c), d.P.R. 380/2001, la possibilità di ricostruire l'immobile demolito o anche solo accidentalmente crollato durante i lavori.