Fisco

Reverse charge e split payment, per le imprese ammanco mensile di 2 miliardi nel 2015

Studio Cna: in media ognuna delle 310 mila imprese destinatarie del reverse charge sconteranno un ammanco mensile di 1.110 euro. Installazione impianti le più penalizzate

mercoledì 1 aprile 2015 - Redazione Build News

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L’effetto finanziario ed economico scaturito dall’applicazione dello split payment e dal reverse charge per le imprese "è devastante". "Nel 2015 le imprese che lavorano per la Pubblica amministrazione, circa due milioni in tutto, soffriranno di un ammanco di cassa mensile pari a un miliardo e mezzo a causa del mancato incasso dell’Iva. Le 310 mila imprese destinatarie del reverse charge sconteranno, nel complesso, un ammanco mensile di circa 340 milioni di euro, in media 1.110 euro ognuna. Si arriva così ad un ammanco mensile nella casse delle imprese di quasi 2 miliardi di euro.

Inoltre, contando gli oneri finanziari che ogni anno dovrebbero pagare le imprese per sopperire alla mancanza di liquidità dovuta ai due istituti, si arriva a quasi 1 miliardo di euro. Pensando solamente allo split payment, per far emerge 988 mln di euro di Iva dalle sole imprese che non versano quanto dovuto, si addossano su tutte le imprese che lavorano con la pubblica amministrazione, già vessate dai ritardi di pagamento, maggiori oneri finanziari per circa 800 milioni di euro".

Lo denuncia uno studio (vedi in allegato) dell'Osservatorio permanente della CNA sulla tassazione delle piccole imprese in Italia.  

PIÙ PENALIZZATE DAL REVERSE CHARGE LE IMPRESE CHE OPERANO NEL SETTORE ”ISTALLAZIONE IMPIANTI”. Dallo studio risulta che ad essere maggiormente penalizzate dal reverse charge sono le imprese che operano nel settore “istallazione impianti”, con un deficit finanziario di 212 milioni dal mese, in media 1.520 al mese. Seguono le imprese edili che si occupano di “completamento di edifici” con un ammanco mensile di 104 milioni. Quindi, è il turno delle imprese che effettuano pulizie di edifici a favore di altre società con una carenza di fondi complessiva mensile di 28 milioni di euro.

Oltre all’effetto sull’equilibrio finanziario a breve, le imprese dovranno recuperare completamente l’Iva pagata ai fornitori, non potendo più compensarla con l’Iva sulle vendite effettuate verso la PA. A causa dello split payment le imprese avranno circa 15 miliardi di Iva sugli acquisti da recuperare e - secondo stime CNA - ammonterebbe a ben 2,25 miliardi l’IVA da recuperare per le imprese soggette al reverse charge.

Potranno scegliere di compensare i crediti Iva in sede di dichiarazione annuale, con tempi di attesa particolarmente lunghi che possono arrivare anche a 15 mesi. In questo caso dovranno pagare da 300 a mille euro di oneri amministrativi. Qualora volessero anticipare il recupero, chiedendo la compensazione dei crediti maturati con cadenza trimestrale, secondo stime dell’Osservatorio CNA, gli oneri amministrativi annuali partono da 780 euro e possono arrivare fino a 1.900 euro per le contabilità più complesse.

PROIBITIVI I COSTI DEL CREDITO BANCARIO. Per recuperare le risorse finanziarie perse, i costi del credito bancario diventano proibitivi. Tenendo conto di tutte le diverse forme di recupero dei crediti Iva messe a disposizione ed utilizzate normalmente dalle imprese ogni anno, gli oneri finanziari complessivi aumenterebbero a circa 780 mln di euro per effetto dello split payment e di circa 113 mln per le imprese cui si rende applicabile il reverse charge. Aggiungendo anche il costo relativo alla perdita della disponibilità finanziaria a breve, relative all’imposta incassata dai clienti eccedente quella pagata ai propri fornitori, si arriva ad una somma complessiva di oneri finanziari pari a circa 920 mln di euro.

ELIMINARE SPLIT PAYMENT E REVERSE CHARGE IN CASO DI UTILIZZO DELLA FATTURAZIONE ELETTRONICA PER LA CERTIFICAZIONE DEI CORRISPETTIVI DI VENDITA. La Cna chiede con urgenza un intervento correttivo che elimini split payment e reverse charge in caso di utilizzo della fatturazione elettronica per la certificazione dei corrispettivi di vendita. E’ stato lo stesso precedente direttore dell’Agenzia delle entrate che, nell’audizione del 24 settembre 2014, presso la “Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria” a sostenere che la fatturazione elettronica è un valido strumento per il contrasto all’evasione dell’Iva. Allora se si hanno tutti gli strumenti per verificare in tempo reale il corretto versamento dell’Imposta sul valore aggiunto, non c’è più motivo di creare dei danni economici così ingenti a tutte le imprese che lavorano con la Pubblica amministrazione, per punirne solamente alcune.

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