Per decenni, negli Stati Uniti si è cercato di rendere più attraente il settore STEM - acronimo di Science, Technology, Engineering e Mathematics - alle donne proponendo agevolazioni e riforme accademiche per incentivarle a intraprendere questa strada. Ma, mentre questi sforzi hanno portato più donne a studiare ingegneria, il problema sorto negli ultimi anni non ha trovato ancora soluzione. Sono molte, infatti, le studentesse che abbandonano questo campo durante gli studi e parecchie (circa il 40% delle laureate) decidono di dedicarsi ad altri ambiti una volta conseguita la laurea in ingegneria, che vede le donne occupare il 20% del totale degli studenti in questi percorsi accademici.
Motivazioni dell’abbandono. Ma perché le donne che studiano ingegneria sono spinte a intraprendere una carriera in altri campi? Secondo uno studio condotto dai professionisti Carroll Seron (UC Irvine), Erin Cech (Università del Michigan), Brian Rubineau (McGill) e Susan S. Silbey (Sloan School of Management al MIT), sebbene le studentesse di ingegneria abbiano un percorso accademico migliore dei colleghi uomini, spesso è proprio la cultura maschilista diffusa nei settori scientifici a scoraggiare le donne a continuare a esercitar la professione.
Indagini condotte. A partire dal 2003 il team di ricercatori ha seguito 700 studenti di ingegneria in quattro differenti università - MIT, UMass, Olin College of Engineering e il corso femminile di ingegneria dello Smith College. Anche se il campione non è rappresentativo di tutti gli studenti di ingegneria, la varietà di scuole ha permesso di esaminare differenti approcci alla formazione ingegneristica.
Un diario personale per capire i diversi approcci. I ricercatori hanno intervistato questi studenti ogni anno durante i loro quattro anni di università e poi di nuovo per cinque anni dopo il conseguimento del titolo accademico, chiedendo loro di raccontare le interazioni con altri studenti e insegnanti in classe e quale siano le loro aspettative future per il lavoro. La raccolta di informazioni è stata condotta attraverso la redazione di un diario che ha coinvolto 40 studenti (19 uomini e 21 donne), che hanno messo per iscritto almeno due volte al mese gli sviluppi della loro carriera universitaria, raccogliendo circa 3.300 testimonianze durante i quattro anni di college. A queste testimonianze si aggiungono le interviste periodiche a 100 studenti (38 uomini e 62 donne) negli atenei presi in considerazione dalla ricerca.
Ingegneria “consapevole”. Sebbene uomini e donne avessero le stesse ragioni per iscriversi alle facoltà ingegneristiche (predilezione verso le materie scientifiche, raggiungere posizioni professionali ambite, ecc.), le donne - più spesso degli uomini - aggiungono tra le aspettative la volontà di diventare ingegneri socialmente responsabili, lavorando per fare la differenza nella vita delle persone scegliendo, ad esempio, specializzazioni "socialmente consapevoli" come l'ingegneria elettrica per l’ambiente.
Problem solving e poca autostima. Un’altra diversità di approccio tra uomini e donne è stata riscontrata nel problem solving, dove la componente femminile ha dimostrato di dubitare delle proprie capacità ben più rispetto ai colleghi uomini, minando l’autostima e facendo sorgere ripensamenti sul percorso intrapreso.
Questa insicurezza tutta al femminile ha spinto le studentesse, in misura maggiore rispetto agli studenti maschi, a cercare continuamente la conferma delle proprie capacità, mentre gli uomini hanno dimostrato di non necessitare di continui feedback positivi, da professori prima e datori di lavoro poi.
Lavori di gruppo e stereotipi. Una componente fondamentale del lavoro (e della formazione) per gli ingegneri è sicuramente la collaborazione tra professionisti. Gli studenti durante il loro percorso accademico sono spesso coinvolti in lavori di gruppo con altri studenti per realizzare studi e progetti.
Per molte studentesse di ingegneria, tuttavia, il confronto con i colleghi maschi non è sempre facile e il senso di insoddisfazione e inadeguatezza aumenta col tempo. Non a caso, molte studentesse lamentano di venir troppo spesso “relegate” a fare lavori di routine manageriali e di segreteria, e di essere escluse dal lavoro di ingegneria vero e proprio.
Lavoro discriminante. Stage e lavori estivi forniscono agli studenti ulteriori opportunità per "provare sul campo" il ruolo dell’ingegnere. Dallo studio, però, è emerso che anche i capi vedono uomini e donne in modo diverso: agli uomini, spesso, sono stati assegnati progetti interessanti dove mettere a frutto le loro capacità analitiche e tecniche, mentre alle donne venivano assegnati lavori di smistamento documenti o di coordinamento, per nulla a che vedere con le loro abilità.
Da quanto annotato sui diari, quasi senza eccezione, gli uomini hanno riportato l'esperienza di stage e lavori estivi come un’esperienza positiva, mentre lo stesso non è emerso dalle testimonianze delle donne.
Una situazione complessa. Stereotipi, pari opportunità mancate, approcci diversi, maggior isolamento dalle reti di sostegno e scarsi stimoli sono tutte motivazioni che spingono le giovani ingegneri a rivedere e ridimensionare le loro ambizioni.
In altri settori, come quello medico e scientifico, le quote rosa rappresentano circa il 50% degli occupati, mentre solo il 13% degli ingegneri è donna. Con questi numeri, gli educatori e le imprese hanno bisogno di prestare maggiore attenzione a come una professione fondata sull’impegno per la risoluzione di problemi complessi non riesca a superare un problema “di genere”.