La Corte costituzionale sarà chiamata a decidere se siano o meno legittime le disposizioni che consentono all’Agenzia delle entrate, su impulso dei Comuni, di intervenire sulle rendite catastali degli immobili attraverso il meccanismo del “riclassamento”, finora utilizzato da Comuni come Roma, Milano, Bari e Lecce.
La Commissione tributaria regionale del Lazio, informa Confedilizia, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 335, della legge n. 311 del 2004. Si tratta della norma che consente ai Comuni di richiedere all’Agenzia del territorio (ora delle entrate) la revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al d.p.r. n. 138 del 1998 e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’Ici (ora Imu-Tasi) “si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali”.
Secondo i giudici, la norma si porrebbe in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, “perché il singolo contribuente si troverebbe irrazionalmente esposto a rivalutazione del proprio bene in relazione alla significativa rivalutazione di beni altrui sol perché situato in una microzona oggetto di attenzione da parte del Comune, con disparità di trattamento rispetto ad altre microzone, pur significativamente da rivalutare, ma non oggetto di richiesta da parte del Comune medesimo all’Agenzia del territorio”; con l’articolo 53, “poiché un riaccatastamento di una serie di edifici collegato ai soli valori di mercato di zona e senza modificazioni nella realtà si porrebbe inevitabilmente in contrasto con la capacità contributiva dei singoli”; con l’articolo 97, “in quanto la rivalutazione massiva non assicura né il buon andamento né l’imparzialità dell’amministrazione, colpendo indiscriminatamente tutte le unità immobiliari (di una determinata zona) senza alcuna verifica concreta del singolo bene”.