Sentenze

Rideterminazione oneri concessori: il C.g.a. rimette all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato

Sulla questione se la rideterminazione degli oneri concessori sia attività sussumibile nell’autotutela amministrativa ovvero sia inquadrabile nell’ambito di un normale rapporto paritetico di debito-credito

mercoledì 28 marzo 2018 - Redazione Build News

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Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana ha pronunciato un'ordinanza di rimessione all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato al fine della definizione delle seguenti questioni di diritto:

a) se la rideterminazione degli oneri concessori sia estrinsecazione di potere autoritativo da parte della amministrazione comunale, nell’ambito dell’autotutela pubblicistica soggetta ai presupposti e requisiti dell’art. 21-novies, l. n. 241/1990, ovvero sia espressione di una sua legittima facoltà, nell’ambito del rapporto paritetico di natura creditizia, conseguente al rilascio del titolo edilizio a carattere oneroso, sottoposto nelle sue forme di esercizio al termine prescrizionale ordinario;

b) ove dovesse prevalere la prima opzione interpretativa, se la rideterminazione dei suddetti oneri sia da ascrivere all’ambito dei rapporti di diritto pubblico quali che siano le ragioni che l’abbiano ispirata, ovvero solo nei casi in cui la stessa dipenda dalla applicazione di parametri o coefficienti determinativi diversi (originari o sopravvenuti) da quelli in precedenza applicati, con esclusione quindi dei casi di errore materiale di calcolo delle somme dovute sulla base dei medesimi parametri normativi;

c) in alternativa ed a prescindere dall’inquadramento giuridico della fattispecie secondo le richiamate categorie, e quale che sia la natura giuridica da riconnettere al provvedimento rideterminativo degli oneri concessori, se vi sia spazio, ed in quali limiti, perché possa trovare applicazione nella fattispecie in esame il principio del legittimo affidamento del privato, da ricostruire vuoi sulla base della disciplina pubblicistica dell’autotutela, vuoi su quella privatistica della lealtà e della buona fede nell’esecuzione delle prestazioni contrattuali, ovvero sulla base dei principi desumibili dai limiti posti dall’ordinamento civile per l’annullamento del contratto per errore o per altra causa.

Il C.g.a. ha chiarito che la questione involge le forme, le condizioni ed i tempi attraverso cui un’amministrazione comunale può rideterminare (in malam partem) gli oneri concessori dovuti dal soggetto beneficiario di un titolo edilizio dopo che questi abbia già ritirato il provvedimento assentivo (e magari anche iniziato e completato i lavori) ed abbia avuto contezza in quella sede o, ancor prima, degli importi determinati dall’Amministrazione quale contributo commisurato alla incidenza delle spese di urbanizzazione nonché al costo di costruzione ed abbia, in definitiva, sulla base di quei dati, fatto affidamento su un determinato preventivo di spesa del programmato intervento edilizio.

Ad avviso del Consiglio di giustizia amministrativa siciliana è necessario prendere posizione dalla questione di carattere generale, e cioè se la rideterminazione degli oneri concessori sia attività sussumibile nell’autotutela amministrativa ovvero sia inquadrabile nell’ambito di un normale rapporto paritetico di debito-credito, come tale astretta alle regole ed ai rimedi di diritto comune.

Su tale questione non si registrano posizioni omogenee nella giurisprudenza amministrativa.

Ed invero, secondo una prima tesi dello stesso C.g.a. (nn. 64, 188, 244, 373, 422, 790 tutte del 2007) la determinazione del contributo darebbe luogo ad un rapporto paritetico che, seppur azionabile da ambo le parti nel rispetto del termine prescrizionale ordinario di dieci anni, si cristallizzerebbe nel quantum al momento del rilascio del titolo edilizio, nel senso che lo stesso non sarebbe suscettibile di modifiche successive (se non nei casi di manifesto errore di calcolo) in quanto, in applicazione dei principi desumibili dalla disciplina dei contratti, non darebbe mai luogo ad un errore riconoscibile (donde l’intangibilità pressoché assoluta della originaria determinazione amministrativa). Secondo tale approccio ermeneutico, non vi sarebbe ragione per l’applicazione dell’istituto dell’autotutela amministrativa per la eventuale rideterminazione del contributo (proprio perché il rapporto inter partes è di natura paritetica) né, come si diceva, vi sarebbe spazio per una modifica successiva per errore perché questo, in quanto maturato nella sfera riservata dell’amministrazione, sarebbe per definizione non riconoscibile e quindi irrilevante, con la conseguenza che si dovrebbe sempre salvaguardare la tutela dell’affidamento della parte privata.

Altra tesi, fatta propria in alcune sentenze della quarta sezione del Consiglio di Stato (27 settembre 2017, n. 4515; id. 12 giugno 2017, n. 2821), pur muovendo da analoga impostazione sulla natura paritetica del rapporto, giunge tuttavia a conclusioni opposte. Si è osservato, infatti, che proprio perché si tratta di un rapporto di debito-credito di natura paritetica, soggetto a prescrizione decennale, la rettifica è sempre possibile sia in bonam che in malam partem, entro il limite della prescrizione del diritto reciproco delle parti alla correzione delle esatte somme dovute, perché per un verso il procedimento è svincolato dal rispetto delle condizioni legali di esercizio dell’autotutela amministrativa (in particolare, di quelle previste all’art. 21 novies, l. n. 241 del 1990), per altro verso la rideterminazione del contributo dovuto secondo rigidi parametri regolamentari o tabellari non soltanto è possibile, ma costituisce atto dovuto, residuando altrimenti un indebito oggettivo, inammissibile nei rapporti di diritto amministrativo.

Entrambe le tesi muovono dal rilievo, ampiamente diffuso nella giurisprudenza amministrativa, secondo cui le controversie in tema di determinazione della misura dei contributi edilizi concernono l'accertamento di diritti soggettivi che traggono origine direttamente da fonti normative, per cui sono proponibili, a prescindere dall'impugnazione di provvedimenti dell'amministrazione, nel termine di prescrizione (Cons. St., sez. IV, 20 novembre 2012, n. 6033; id., sez. V, 4 maggio 1992, n. 360); ribadiscono che si tratta di rapporto creditorio paritetico, ma pervengono, come detto, a conclusioni assai diversificate sul piano della tutela da apprestare alla parte privata che abbia subito una rideterminazione in peius.

Una posizione diversa e innovativa rispetto ai riferiti orientamenti giurisprudenziali, quantomeno in ordine alla impostazione teorica delle questioni, si rinviene poi in altra sentenza della quarta sezione del Consiglio di Stato (n. 5402 del 2016). Qui il rapporto nascente dalla determinazione del contributo (nel caso esaminato, di costruzione) è attratto nell’orbita del regime di diritto pubblico, in quanto qualificato prestazione patrimoniale imposta di carattere non tributario, con conseguente applicabilità, in astratto, delle regole dell’autotutela amministrativa. E tuttavia, sul piano della tutela dell’affidamento della parte privata rispetto ad una delibera di giunta comunale di rideterminazione del contributo di costruzione (sia pur di adeguamento alla soglia minima del 5% fissata dalla legge nazionale all’art. 16, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001), si afferma che le garanzie partecipative (in particolare, art. 10 bis, l. n. 241 del 1990) devono essere pur sempre coordinate con le previsioni dell’art. 21 octies, l. cit. e con le esigenze di finalizzazione del procedimento con l’applicazione della tariffa dovuta. Si richiama al proposito la giurisprudenza del Consiglio di Stato sul recupero di somme indebitamente corrisposte dall’amministrazione (Cons. St., sez. V, n. 5863 del 2015), fattispecie che viene assimilata a quella di causa, relativa a somme dovute dal privato e non riscosse dall’ente comunale.

Tale decisione ha segnato un cambio di passo rispetto ai precedenti arresti della medesima sezione in ordine all’inquadramento generale nei sensi anzidetti dell’istituto del contributo previsto dall’art. 16 cit.

Ricordate le diverse tesi emerse sull’argomento, il C.g.a. ha affermato che l’ascrizione all’alveo dei rapporti di diritto pubblico del contributo in questione imporrebbe quindi, in via consequenziale, l’applicazione del regime proprio dell’autotutela amministrativa all’attività di rideterminazione delle somme dovute a tal titolo dalla parte privata, quantomeno nei casi in cui non si tratti di por mano ad un semplice errore materiale di calcolo desumibile dagli atti del procedimento ovvero non si tratti di rideterminazione imposta dall’adozione di un nuovo provvedimento abilitativo edilizio, anche semplicemente per effetto della intervenuta decadenza temporale del primo (ma qui si resterebbe in ogni caso fuori dall’ambito dell’autotutela).

L'ordinanza 27 marzo 2018, n. 175 della C.g.a.

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