La sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato ha espresso il proprio parere – n. 2647/2017 del 19 dicembre – favorevole sullo schema di decreto legislativo di “riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile in attuazione della l. 16 marzo 2017, n. 30”.
L’attuale disciplina della protezione civile risale alla l. 24 febbraio 1992, n. 225 più volte modificata: la riforma mira a rendere più efficaci gli interventi di urgenza, potenziare la fase di prevenzione e pianificazione e riallineare le competenze territoriali giungendo, in sostanza, all’adozione di un vero e proprio codice della protezione civile.
Il Consiglio di Stato ha preliminarmente rilevato che il testo risulta carente nell’attuazione di una parte della delega, poiché sarebbe stato opportuno, da un lato, individuare i casi in cui non è necessario operare in deroga perché “la concreta situazione ordinaria rende possibile l’avvio di procedure rispettose dei principi comunitari e del codice degli appalti” e, dall’altro, “introdurre dei meccanismi di verifica successivi sull’attività compiuta e il rispetto delle norme previste”. Occorre, poi, un coordinamento più puntuale con il Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), che pure disciplina in modo dettagliato le procedure di somma urgenza (art. 163).
Sui singoli articoli, tra le varie osservazioni, la Sezione – pur consapevole della delicatezza dei rapporti con le autorità regionali – ha espresso la propria contrarietà all’obbligo di “intesa” tra il Prefetto e il Presidente della giunta regionale per l’adozione di ogni atto, anche nell’immediatezza dell’evento calamitoso. Secondo il Consiglio di Stato, “nell’immediatezza dell’evento, l’interesse pubblico primario da perseguire è quello della tempestività e dell’efficacia dell’intervento: esso richiede una assoluta celerità delle decisioni e, pertanto, una ‘linea di comando’ chiara e univoca, che consenta di assumere comunque, anche in assenza di ‘intesa’, scelte tempestive”.
Riguardo alla tipologia dei rischi di protezione civile, il parere ha condiviso pienamente la parte dello schema che vieta il ricorso a procedure in deroga per “gli interventi e le opere per eventi programmati o programmabili” (come troppo spesso avvenuto in passato, anche in relazione a grandi eventi o a manifestazioni sportive). Proprio in tale logica, però, il Consiglio di Stato ha segnalato l’esigenza di evitare disposizioni poco chiare, presenti invece nello schema, che potrebbero portare a distorsioni o addirittura ad elusioni di tale divieto.
Quanto all’importanza della prevenzione dei rischi e della “pianificazione di protezione civile” del territorio, il Consiglio di Stato ha insistito sulla necessità non solo di prevedere le relative azioni, ma anche di monitorare attentamente le attività effettivamente compiute. Nel rilevare che “le best practices internazionali della protezione civile, e la stessa ratio della delega, considerano l’attività di previsione, prevenzione, pianificazione di pari, se non maggiore, importanza rispetto a quella di gestione delle emergenze”, il parere ha suggerito l’inserimento nel testo di una norma apposita per verificare, ex post, i risultati dell’attività di prevenzione: “solo così – si afferma – si diminuirà il rischio di trovarsi di fronte a ‘sciagure che potevano essere evitate’ (si pensi, ad esempio, a tutta la materia del dissesto idrogeologico)”.
Si è infine suggerito di rimodulare i tempi di durata dello stato di emergenza (previsto in 12 mesi, prorogabili di altri 12) riducendo l’estensione della possibile proroga a non più di 6 mesi e prevedendo la necessità di una dettagliata motivazione sulle ragioni che hanno reso necessaria la proroga anche per evidenziare eventuali responsabilità.
Il parere n. 2647/2017 del Consiglio di Stato
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