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Riforma urbanistica: la proposta dell'ANCI

Intervento di Mario Occhiuto Sindaco di Cosenza e delegato Anci all’Urbanistica

venerdì 9 giugno 2017 - Redazione Build News

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“È un tema di grande attualità: la rigenerazione urbana, una nuova agenda per lo sviluppo sostenibile delle aree urbane. Le Città si sono imposte al centro di una nuova stagione di politiche, prima in Europa, con la sottoscrizione del Patto di Amsterdam, poi nel nostro Paese, dove opportunità di finanziamenti straordinari, come quello del recente bando periferie, stanno offrendo l’occasione per discutere di come ridisegnare i piani urbanistici delle Città, con un approccio integrato di riqualificazione che tenga insieme la sicurezza, il recupero di aree dismesse, l’inclusione sociale e la mobilità sostenibile. È nata così la consapevolezza, anche nel nostro Paese, che siano ormai maturi i tempi per una scelta ineludibile che metta insieme e coordini le politiche per le Città. Perché è nelle città che la società e le coscienze maturano, si trasformano ed evolvono nelle moderne convivenze, è alle città che si guarda per uno sviluppo sostenibile che tenga insieme qualità della vita e opportunità economiche e lavorative nelle aree urbanizzate.

Tutto questo va bene, ma non basta.

C’è un tema cruciale e pregiudiziale che rimane purtroppo fuori dal dibattito politico-culturale e che invece – come delegato Anci sulla materia - voglio riprendere e ricollocare nel giusto grado di importanza e centralità: la riforma urbanistica. Se ne è discusso molto nell’ultimo decennio, poi tutto si è fermato. Si è preferito – da ultimo - andare avanti in Parlamento con la discussione di un disegno di legge sul consumo del suolo che appare contraddistinto più da una serie di vincoli procedurali e di concatenazione di divieti che da una seria e attuabile strategia del governo del territorio. Soprattutto, rimane sullo sfondo il vero tema dannoso per la modernizzazione del Paese: il potenziamento dei servizi e delle infrastrutture nelle Città e la predisposizione di strumenti urbanistici che consentano ai Sindaci la tutela di quei beni comuni, come il paesaggio e la qualità dell’ambiente, senza la cui valorizzazione non c’è spazio per alcun processo di rinnovamento e rigenerazione urbana.

Come agire e cosa fare.

A mio avviso occorre inserire nell’Agenda Urbana per le Città anche una seria riforma della legge urbanistica che risale al 1942 e che ha fatto ormai il suo tempo, incentrata sul potere conformativo dei diritti edificatori e poco flessibile rispetto alle continue trasformazioni urbane. Il paesaggio deturpato, la diffusione insediativa, il consumo di suolo, i centri storici degradati e la carenza di infrastrutture, delle reti urbane dall’acqua alle fognature, fino alla situazione del trasporto pubblico locale che in alcune aree del Paese è drammatica, sono il risultato anche dell’obsolescenza di questo strumento normativo e delle politiche che ha consentito.

Dunque, penso sia necessario affrontare il tema di una nuova legge quadro sul governo del territorio con una riforma del settore che sia scevra da condizionamenti ideologici e finalizzata alla ricostruzione e alla trasformazione della città esistente. Come? Attraverso norme incentivanti e l’individuazione di aree di riqualificazione urbana all’interno dei piani urbanistici; misure di premialità per la qualità architettonica dei progetti, sia per le nuove edificazioni che per il recupero e la riqualificazione dell’esistente; per l’utilizzo di energie rinnovabili, housing sociale e partenariato pubblico privato per la realizzazione di opere pubbliche.

Solo lo Stato può e deve fissare questi principi e dare omogeneità sul territorio agli interventi riformatori delle Regioni.

Ed infatti, dalla riforma del Titolo V ad oggi, le leggi urbanistiche regionali, anche le più illuminate e riformiste, più che ridefinire nuovi e più efficienti strumenti urbanistici e riorganizzare l’intero sistema di pianificazione, si sono soffermate su aspetti procedurali e formali, adottando spesso soluzioni molto più complicate di quanto la pianificazione abbia bisogno per essere compresa, condivisa e, quindi, applicata. La verità è che gli strumenti più utili per affrontare le problematiche della trasformazione urbana, della perequazione, della compensazione, dei diritti edificatori, non possono che riguardare competenze esclusive dello Stato (i diritti di proprietà, la fiscalità, l’esproprio) e possono essere quindi compiutamente definiti solo da una legge nazionale.

Una legge che dia risposte puntuali alle nuove esigenze del vivere la città. In particolare superando i criteri classici della pianificazione per aree funzionali, che ha generato marginalità ed esclusione sociale, per puntare su una pianificazione intesa come rete di progetti di elevata qualità, il cui comun denominatore sia la migliore vivibilità delle aree urbane. Vivibilità che riassume in sé i concetti di estetica urbana, di salubrità, di sicurezza, di inclusione sociale, di sviluppo sostenibile. Vivibilità che si traduce, in definitiva, in senso di appartenenza e, quindi, in coscienza civica, l’edificio più importante di ogni comunità.

La proposta dell’ANCI, partendo da quanto di positivo e di buono già sperimentato in alcune leggi regionali e dalle elaborazioni scientifiche dell’INU nonché del CNAPPC e di ogni altro stakeholder interessato, vuole puntare dunque sulla ridefinizione in primis di una nuova pianificazione, modello europeo, composta da un piano strutturale, non prescrittivo e non vincolistico e, soprattutto non conformativo di diritti edificatori; un piano operativo, in cui vengono individuate le aree e gli interventi di trasformazione del territorio e le sue destinazioni d’uso nonché le necessarie dotazioni territoriali di opere pubbliche e servizi, avente carattere vincolistico e conformativo e una validità limitata nel tempo, cinque anni, corrispondente alla validità dei vincoli ablativi; un piano regolativo, relativo invece alla gestione della Città esistente e quindi a tutti gli interventi di recupero, trasformazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare, con misure di premialità per la qualità architettonica dei progetti che devono essere ispirati all’integrazione degli stessi con i criteri di sostenibilità ambientale, tutela dei beni comuni quali il paesaggio, la sicurezza, la mobilità, l’identità dei luoghi. Anche il piano regolativo ha carattere prescrittivo, vincolistico e conformativo e una validità illimitata, riprendendo così il modello dei più moderni PRG, attenti al recupero e alle problematiche dei tessuti storici e periferici degradati delle nostre Città.

All’interno dei Piani operativi, proponiamo di inserire le aree di riqualificazione urbana, veri e propri comparti dedicati al recupero di aree urbane degradate che – con la loro durata quinquennale – possono garantire meglio l’adattabilità di progetti di architettura integrata all’urbanistica per gestire le continue trasformazioni urbane. E tra le aree più bisognose di cure rientrano senz’altro i tanti centri storici italiani, spesso in condizioni di spopolamento e di degrado, che pure rappresentano un patrimonio di inestimabile valore. Occorrono leggi che favoriscano l’intervento privato di manutenzione e di restauro e, laddove necessario, dell’intervento pubblico sostitutivo, ma anche leggi che snelliscano le procedure autorizzative senza sacrificare le esigenze di tutela, nella consapevolezza che tutela senza valorizzazione equivale a degrado certo, cioè a non tutela.

I “titoli” di una possibile normativa di livello nazionale sul governo del territorio sono dunque:

- Definizione di Pianificazione secondo logiche di rete e di integrazione, in un’ottica di superamento della settorializzazione funzionale dei territori, e di Coordinamento delle funzioni in materia di governo del Territorio tra Regioni, Città Metropolitane, Comuni, Unioni di Comuni;

- Rivisitazione degli standard di servizio, qualità, modalità di realizzazione, manutenzione e gestione della città esistente;

- Equità distributiva delle potenzialità di edificazione: disciplina della “perequazione urbanistica”, della “compensazione”, della “negoziazione” di diritti edificatori;

- Semplificazione delle procedure e dell’iter di approvazione dei nuovi Piani attraverso un coinvolgimento preventivo dei soggetti interessati;

- Definizione di un nuovo approccio alla valorizzazione/tutela dei centri storici, che garantisca incentivazioni e snellimento procedurale sia agli interventi d’iniziativa privata che a quelli d’iniziativa pubblica, attraverso il riconoscimento del rilevante interesse pubblico insito nei borghi antichi;

- Misure di premialità e fiscalità locale chiudono il quadro regolatorio che ho in mente con l’attribuzione ai Sindaci di un potere straordinario di intervento, anche a carico della fiscalità locale, per interventi di recupero, trasformazione e valorizzazione di patrimonio immobiliare pubblico e privato in comparti di rigenerazione urbana.

A breve, in Anci Nazionale, riunirò una Commissione di esperti della materia che possano contribuire a riempire di contenuti normativi queste prime idee. A seguire chiederò un incontro alla Conferenza dei Presidenti delle Regioni, per discutere e, spero, condividere, i termini di questa iniziativa.

È un progetto ambizioso, mi rendo conto. È un progetto che guarda al futuro e al disegno di Città adeguate alle sfida della modernizzazione, delle trasformazioni sociali, economiche e ambientali, delle nuove convivenze civili, dell’inclusione sociale e della richiesta crescente di servizi nuovi e innovativi da parte di cittadini e imprese.

Da architetto-urbanista, sono un Sindaco abituato a disegnare città, si tratta quindi di una delle sfide più stimolanti della mia esperienza di amministratore.”

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