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Rilanciare la pianificazione: il Progetto Paese dell'INU

Modificare le condizioni di convivenza, generare progetti e garantire diritti, contrastare un tipo di piano connotato da grovigli procedurali

martedì 3 maggio 2016 - Redazione Build News

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“Un territorio accessibile, funzionale, risanato, non dovrebbe avere più centri e periferie, dovrebbe essere meno esposto ai rischi, potrebbe valorizzare i patrimoni culturali, naturalistici e paesaggistici come nuove dotazioni urbane e metropolitane”.

Lo ha evidenziato l'Istituto nazionale di urbanistica (Inu) nel corso del XXIX Congresso “Progetto Paese”, svoltosi il 28 e il 29 aprile a Cagliari all’Auditorium di Piazza Dettori.

L’Inu ha lanciato un Progetto Paese per:

- superare gli ostacoli, prima di tutto culturali, per la costruzione di futuro;

- interpretare in chiave di infrastrutture complesse i patrimoni territoriali da curare e rigenerare;

- generare valore pubblico, attraverso la riforma delle politiche e degli attori pubblici dell’abitare sociale;

- rinnovare e declinare gli standard;

- riabilitare il piano, da groviglio procedurale a racconto consapevole e scenario prospettabile;

- coordinare le scelte necessarie alla semplicità e certezza dei codici di comportamento (apparati legislativi), alla chiara attribuzione di compiti e responsabilità (assetto istituzionale), all’individuazione di ambiti territoriali ottimali per l’erogazione di servizi (geografia amministrativa), all’efficacia degli strumenti (riforma urbanistica), all’integrazione di misure incentivanti (fiscalità);

- investire nelle tecnologie a sostegno della nuova pianificazione.

GOVERNO DEL TERRITORIO. “L’INU – ricorda la presidente Silvia Viviani - si è dedicato per molto tempo alla riforma nazionale in materia di governo del territorio. Dopo aver contribuito alla progressiva definizione delle legislazioni regionali, pur in assenza della cornice nazionale, per il superamento dell’apparato risalente alla metà del secolo scorso, l’Istituto ha concentrato la propria attenzione sui nuovi paradigmi di benessere e coesione sociale, inclusione e multietnicità, molteplicità delle forme urbane, tutela dei paesaggi e dell’ambiente, scenari delle povertà e dei cambiamenti climatici, contenimento del consumo di suolo, bisogni alimentari, riconversione ecologica degli ambienti urbani. In ciò, non abbiamo mancato di indicare la necessità di allineare le diverse riforme in corso. Il disegno di riassetto istituzionale, con relative attribuzioni di competenze, deve corrispondere a un processo di pianificazione coerente, ove i territori riferiti ai diversi livelli di governo siano considerati una rete, un sistema integrato e interconnesso, di cui va colta la componente dinamica”.

Occorre “adeguare il modo di affrontare il governo del territorio al profondo cambiamento di prospettive sul quale vi è generale condivisione, che orienta e piega gli strumenti attualmente disponibili dall’espansione verso la rigenerazione. La soluzione individuata all’inizio degli anni Novanta del Novecento – osserva Viviani - fu ancorare la prescrittività delle scelte di piano alla fase del concreto emergere delle condizioni alla trasformazione urbanistica. A ciò serviva separare la fase strutturale dalla fase operativa della pianificazione. Oggi, nessuno può negare la lentezza e la fatica del piano, anzi dei piani, troppi, ancora gerarchicamente allineati, invischiati in procedure farraginose, riempiti di contenuti anche non propri, appesantiti da compiti e aspettative che non li riguardano, incapaci di gestire la multidirezionalità, la velocità, la complessità, l’incertezza”.

IL QUADRO LEGISLATIVO. Per quanto riguarda gli scenari legislativi, “troppo spesso la materia è affrontata in via frammentaria; prevale l’attenzione agli aspetti edilizi; si registrano tentativi non organici, tramite inserti parziali in testi che non intendono trattare di riforma urbanistica ma di fatto influiscono, anche direttamente, sui contenuti della pianificazione. Siamo arrivati a un momento così, un momento difficile, culturalmente impoverito, nel quale gli obiettivi e i progetti della città smart, intelligente, solidale, green and blue, sono orfani di un’idea e di una strategia unificante. Alchimie burocratiche e accanimenti procedurali assorbono le migliori energie”.

LE CITTÀ AL CENTRO DEI PROGETTI SOCIALI ED ECONOMICI. La presidente Inu evidenzia come “viviamo una rivoluzione, che, come accadde nell’era industriale, porta le città al centro dei progetti sociali ed economici. L’attenzione va alla concentrazione urbana e alle innovazioni tecniche; alle masse di popolazione, ai loro bisogni e ai loro conflitti; ai nuovi confini delle città e al rapporto con la campagna, facendo i conti con la questione dei limiti; alle azioni di governo politico e amministrativo, che, con la trasformazione edilizia e urbanistica, affrontano le questioni della rappresentanza e dell’ordinamento sociale, nel tentativo di instaurare una coerenza soddisfacente e ordinata tra progetto di città e progetto di cittadinanza”.

RILANCIARE LA PIANIFICAZIONE. L’urbanistica “si occupa dei rapporti fra città e società candidandosi a contribuire al raggiungimento del benessere degli individui e della collettività. I mutamenti profondi dell’economia, della società, dell’ambiente e del clima, della domanda della popolazione relativa a servizi urbani, sicurezza delle popolazioni e difesa dei suoli, cura del paesaggio e partecipazione alle scelte relative al governo del territorio ci impongono di essere i primi a rilanciare la pianificazione, una progettualità in grado di affrontare i cambiamenti.

Comunque sia aggettivata (smart, green, more inclusive, learning, solidale, sostenibile, intelligente), la città chiede progetti tendenti alla distribuzione di costi e benefici sociali, alla salvaguardia dei beni comuni, a condizioni migliori per la vivibilità e la convivenza. Le iniziative di cambiamento prendono vita a partire da un’immagine di città accogliente e amicale, inclusiva e attrattiva, che non può fare a meno della dimensione collettiva dei progetti. Le città sono protagoniste del futuro, nel quale si candidano a essere produttive.

Alle tante e diverse città – conclude Viviani - può rispondere una nuova urbanistica, adattiva ed esplorativa, rigorosa ma ricca di immaginazione”.

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