Fisco

Rimborsi per l’attività svolta da casa in smart working: chiarimenti sulla tassazione

L'Agenzia delle entrate, con la risposta n. 328 dell’11 maggio 2021, torna a fornire chiarimenti circa il trattamento fiscale delle somme rimborsate al lavoratore in modalità agile

mercoledì 12 maggio 2021 - Redazione Build News

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I rimborsi “forfetari” erogati ai dipendenti in smart working per i costi connessi all’uso di internet, al consumo della corrente elettrica, dell'aria condizionata o del riscaldamento concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente imponibile, a meno che non sia determinabile in base a elementi e parametri oggettivi o per legge la quota spesa esclusivamente nell’interesse del datore di lavoro. È quanto chiarisce la risposta n. 328 dell’11 maggio 2021, con la quale l'Agenzia delle entrate torna a fornire chiarimenti circa il trattamento fiscale delle somme rimborsate al lavoratore in modalità agile.

L’istante è una società di consulenza ingegneristica con 50 dipendenti. A causa della pandemia, per assicurare contemporaneamente la salute del personale e la continuità lavorativa ha disposto che i suoi dipendenti lavorassero da casa, facendo ricorso allo smart working semplificato e, quindi, senza gli obblighi previsti dalla legge n. 81/2017.

La società intende rimborsare, tramite appositi accordi pattuiti con il personale, che svolge l’attività esclusivamente da remoto, una somma pari al 30% dei costi effettivi documentati, addebitati al dipendente o al coniuge convivente, per la connessione a internet, il consumo della corrente elettrica, dell'aria condizionata o del riscaldamento. Si tratterebbe di indennizzi di natura risarcitoria a tutti gli effetti e non computabili ai fini degli altri istituti contrattuali e di legge compreso l'eventuale trattamento di fine rapporto.

Il dubbio riguarda il corretto inquadramento fiscale di tali somme. La società chiede se gli importi rimborsati costituiscono redditi di lavoro dipendente e, quindi, sottoposti a ritenute, e se, in caso contrario, la percentuale risarcita (calcolata secondo il rapporto tra l'orario lavorativo, 8 ore, e la durata dell'intera giornata) possa essere considerata “congrua”.

L’Agenzia delle entrate fa subito riferimento al principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente fiscalmente rilevante (articolo 51, comma 1, Tuir), in base al quale tutte gli emolumenti, in denaro ma anche in beni, servizi o opere per il loro valore, corrisposti dal datore di lavoro al dipendente, concorrono alla determinazione del reddito imponibili di lavoro dipendente, compresi, quindi, i rimborsi spese.

La risposta affronta il tema tornando su alcuni documenti di prassi che hanno chiarito e preso in considerazione ipotesi specifiche di applicazione del suddetto concetto.

La circolare n. 326/1997 ha escluso da tassazione le spese anticipate dal personale per il datore di lavoro, riguardanti acquisti di poco valore, come la carta per la stampante.

La risoluzione, n. 178/2003 ha chiarito che non concorrono alla formazione dell’imponibile le somme che non arricchiscono il dipendente come indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione patrimoniale in relazione a costi sostenuti esclusivamente nell’interesse del datore di lavoro. L’argomento è stato ripreso dalla risoluzione n. 357/2007, che ha ritenuto non rilevanti i rimborsi relativi a quanto pagato dal telelavoratore per i collegamenti telefonici che gli consentono di raggiungere le risorse informatiche dell'azienda messe a disposizione dal datore di lavoro e, quindi, per svolgere l’attività. La stessa risoluzione ha anche precisato che l’ipotesi era tra quelle esaminate dalla circolare n. 326/1997 su richiamata, in caso di rimborso di spese sostenute per interesse esclusivo del datore di lavoro anticipate dal dipendente e, quindi, non imponibili.

Tornando alla vicenda dell’interpello, l’Agenzia afferma che non sono rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile del reddito di lavoro dipendente le spese del lavoratore, rimborsate in modo forfetario, soltanto se fissato per legge un criterio di determinazione della quota attribuibile all’esclusivo interesse del datore di lavoro (articolo 51, comma 4, lettera a), Tuir – utilizzo promiscuo di auto). In mancanza di una regola, chiarisce la risoluzione n. 74/2017, l’irrilevanza fiscale dei rimborsi deve essere individuata sulla base di elementi oggettivi e documentalmente accertabili.

Non è così per i risarcimenti erogati dall’istante al personale che svolge la propria attività in smart working, erogati secondo un criterio forfetario, senza parametri oggettivi e una specifica disposizione di legge.

In conclusione, a differenza di quanto sostenuto dalla società, le somme erogate al personale come rimborso per la connessione a internet, l’utilizzo di energia elettrica, aria condizionata e riscaldamenti, concorrono alla formazione del reddito imponibile di lavoro dipendente.

Soltanto l’applicazione di un metodo analitico per la suddivisione della spesa potrebbe far decidere in senso opposto. Ciò significa definire con precisione, attraverso elementi documentali, la quota di costi risparmiati dalla società che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente, così da poter stabilire il valore assoluto delle spese sostenute per esclusivo interesse della società.

RIMBORSO PER SMART WORKING: NON È IMPONIBILE AI FINI IRPEF. Ricordiamo che, con la risposta n. 314 del 30 aprile 2021, l'Agenzia delle entrate ha precisato che le somme corrisposte da una società per rimborsare i propri dipendenti e quelli delle società dello stesso Gruppo che eseguono la prestazione lavorativa in smart working sono escluse da tassazione, in quanto non costituiscono reddito di lavoro dipendente. La quota di costi rimborsati al dipendente, infatti, è riferibile a consumi sostenuti nell'interesse esclusivo del datore di lavoro.

A interpellare l’Agenzia è una società che intende siglare un accordo sindacale di secondo livello o adottare un regolamento aziendale, senza il coinvolgimento dei sindacati, relativo al trattamento economico e normativo dei dipendenti in smart working (articolo 18 e ss. della legge n. 81/2017).

Al riguardo, l’istante, volendo “preservare” i dipendenti dalle spese che sosterranno per motivi lavorativi quando opereranno presso la propria abitazione, intende concedere a ogni lavoratore una somma a rimborso delle spese sostenute per svolgere la propria attività lavorativa in modalità agile anziché presso i locali dell'azienda.

Sulla base di precisi parametri (tipologia di spesa, risparmio giornaliero per la società, costo giornaliero per dipendente in smart working), da cui la società ha valutato il consumo di energia elettrica per l'utilizzo di un computer e di una lampada, i costi per l'utilizzo dei servizi igienici (acqua e materiale di consumo) e il riscaldamento nel periodo invernale, e sulla base di determinate condizioni, l'analisi ha condotto a ritenere adeguato un rimborso di 0,50€ per ogni giorno di lavoro in smart working, anche se, secondo l’istante, l'importo del rimborso giornaliero fissato in 0,50€ è in realtà inferiore rispetto al risultato relativo al costo giornaliero stimato (pari a euro 0,5135 e a quello risparmiato dalla società pari a euro 0,5105).

Descritta la situazione, l’istante chiede chiarimenti circa il trattamento fiscale delle somme corrisposte a titolo di rimborso ai propri dipendenti in smart working e in particolare se le somme erogate possono essere escluse dal reddito di lavoro dipendente.

L’Agenzia concorda e delinea la cornice normativa e di prassi. In primis, ricorda che l'articolo 51, comma 1, del Tuir, prevede che, in linea generale, tutte le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore, anche a titolo di rimborso spese, costituiscono per quest'ultimo reddito di lavoro dipendente.

Riguardo la rilevanza reddituale dei rimborsi spese, con la circolare n. 326/1997 è stato affermato che, in generale, possono essere esclusi da tassazione i rimborsi relative a spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro, anticipate dal dipendente, ad esempio, per l'acquisto di beni strumentali di piccolo valore, quali la carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice, eccetera.

La risoluzione n. 178/2003 ha approfondito il concetto della onnicomprensività di reddito di lavoro dipendente e ha chiarito che non rientrano nella base imponibile le somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore, ad esempio gli indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione patrimoniale, e che non sono fiscalmente rilevanti, in capo al dipendente, le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro. E ancora, la risoluzione n. 357/2007 ha precisato che le somme erogate per rimborsare i costi dei collegamenti telefonici non sono soggette a tassazione, poiche sostenute dal telelavoratore per raggiungere le risorse informatiche dell'azienda messe a disposizione dal datore di lavoro e quindi poter espletare l'attività lavorativa. E tra l’altro, ha chiarito che il rimborso dei costi relativi ai collegamenti telefonici rientra in una ipotesi considerata dalla citata circolare n. 326 di rimborso di spese di interesse esclusivo del datore di lavoro anticipate dal dipendente.

Circa la modalità di determinazione dell'ammontare della spesa rimborsata, nella risoluzione n. 74/2017 viene affermato che, in assenza di un criterio definito dal legislatore per la determinazione della quota esclusa da tassazione, i costi a carico del dipendente nell'esclusivo interesse del datore di lavoro devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, per evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

Nel caso in questione, l’istante rappresenta che il criterio per determinare la quota dei costi da rimborsare ai dipendenti in smart working, in sostanza, si basa su parametri diretti a individuare costi risparmiati dalla società che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente. Sulla base di tale circostanza, l’Agenzia ritiene corretto che la quota di costi rimborsati al dipendente è riferibile a consumi sostenuti nell'interesse esclusivo del datore di lavoro e concorda con il contribuente, sostenendo che le somme erogate dalla società al fine di rimborsare il dipendente dei costi sostenuti attraverso le modalità rappresentate non sono imponibili ai fini Irpef.

In allegato le due risposte

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