L'Italia è il terzo Paese in Europa per consumi energetici alimentati da fonti rinnovabili e rappresenta circa l'11% di tutta l'energia da fonte rinnovabile consumata nell'Unione Europea. Rispetto a una media dell'Europa a 28 del 17,04%, il nostro Paese ha una quota complessiva di consumi energetici da rinnovabili pari al 17,41%. Nel settore elettrico tale quota ammonta al 34,01%, quasi 5 punti percentuali in più rispetto al 29,60% della media europea, mentre negli altri settori i risultati conseguiti sono allineati con la UE: 18,88% nel settore termico e 7,24% nel settore dei trasporti rispetto ai valori medi europei del 19,06% e del 7,13%. Sono questi alcuni dei dati contenuti nello studio redatto dal GSE dal titolo “Fonti Rinnovabili in Italia e in Europa, verso gli obiettivi al 2020", che riporta le statistiche complete, riferite al 2016, del settore green a livello europeo, evidenziando l'ottimo posizionamento dell'Italia rispetto a molti partner UE in termini di utilizzo delle fonti rinnovabili.
Se si guarda all'evoluzione registrata nel periodo 2005-2016, la Germania è, in termini assoluti, il Paese che ha aumentato di più i consumi da fonti rinnovabili, incrementandoli di 18,1 Mtep. L'Italia, che con un incremento di 10,4 Mtep è al secondo posto della classifica a pari merito con la Gran Bretagna, ha raddoppiato in undici anni i propri consumi di energia “green" portandoli dai 10,7 Mtep del 2005 ai 21,1 Mtep del 2016. Ciò significa, in termini percentuali, che su un consumo complessivo europeo di 195 Mtep di energia da fonti rinnovabili, l'Italia rappresenta circa l'11%: una percentuale che pone il nostro Paese al terzo posto nella classifica dei consumi da FER dopo Germania e Francia e prima del Regno Unito. Se si guarda invece ai consumi complessivi di energia (anche da fonte fossile), il nostro Paese risulta al quarto posto coprendo il 10,6% del totale europeo. Nello studio, inoltre, si legge che da sole Germania, Francia, Regno Unito e Italia coprono oltre la metà dei consumi complessivi dell'Europa a 28.
Il secondo studio pubblicato dal GSE, dal titolo “Città sostenibili: buone pratiche nel mondo" parte dal presupposto che i centri urbani possano e debbano giocare un ruolo da protagonisti per il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, così come indicato nell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Una consapevolezza derivante dal fatto che nei centri urbani si concentra l'80% delle attività economiche globali e, di conseguenza, la maggior parte delle emissioni climalteranti. Lo studio GSE individua alcune buone pratiche ed esperienze virtuose sperimentate in città del mondo di differenti dimensioni, condizioni e localizzazioni, potenzialmente applicabili anche ad altri centri urbani.
Tra le città analizzate figurano ad esempio: Milano, vincitrice dell'Eurocities Award nel 2015, grazie a progetti come l'Area C, una nuova linea della metropolitana e il Pass Mobility, che hanno consentito di ridurre l'uso dell'auto privata del 30%; Zurigo, al primo posto nel 2016 per il Sustainable Cities Index relativo alle buone pratiche di sostenibilità urbana, soprattutto in tema di riduzione delle emissioni; Anversa, che ha avviato il Market Place Mobility, per decongestionare il traffico attorno a quello che è il secondo porto più grande d'Europa; Parigi, che nel 2015 ha ospitato la COP 21, summit internazionale sui Cambiamenti climatici, e sta puntando molto sulla mobilità elettrica, anche attraverso piani di aiuti per i taxi, e fondi di garanzia per sostenere la bancabilità di progetti nel comparto dello sviluppo sostenibile.