Nel 2016 gli investimenti italiani nelle rinnovabili sono stati 7,2 miliardi di euro per 6,8 GW (+11% sul 2015), destinati però per la maggior parte all’estero. In Italia la quota più rilevante è costituita dalle acquisizioni, che superano per la prima volta i nuovi impianti e progetti. Prosegue anche la corsa dei 10 top player italiani per potenza, che coprono il 72% della capacità e il 74% degli investimenti. Un terzo delle operazioni sono all’estero, per 4,9 GW (72% del totale) e 4,6 miliardi di euro di investimenti.
Sono alcuni dei dati contenuti nella nuova edizione del Rapporto Annuale Irex “L'industria elettrica italiana: rinnovabili, mercato e nuovi scenari” presentato oggi a Roma e realizzato dagli analisti di Althesys, coordinati dal professor Alessandro Marangoni.
L'industria elettrica è in una fase di profonda trasformazione, sia nella sua struttura produttiva che nella fisionomia complessiva del sistema, nel quadro regolatorio e nel funzionamento dei mercati. Da un lato - spiega l’economista Alessandro Marangoni, capo del team di ricerca e Ceo di Althesys - il settore si sta consolidando, con la crescita delle acquisizioni e della presenza degli investitori finanziari. Nel 2016 i primi dieci operatori del fotovoltaico valgono 1,7 GW di potenza installata (era 1 GW nel 2013), con quasi 400 MW passati di mano nell’ultimo anno. Dall’altro, mutano i fuel mix e i business model delle maggiori utility europee, che investono sempre più fuori dall’Europa. Il 30% delle 20 maggiori utility europee nel 2016 hanno almeno il 50% della potenza installata di rinnovabili. Sono loro, insieme alla digitalizzazione del sistema elettrico, il motore di questo cambiamento, che toccherà sempre più il funzionamento dei mercati, le infrastrutture e i consumatori.
IL RUOLO DELLA FINANZA. Il processo di consolidamento è testimoniato dalla crescita delle operazioni di M&A che, nel 2016, sono state fatte per un terzo dalle prime 10 aziende per potenza installata in Italia, che pesano per il 72% della capacità (4,9 GW) e per il 74% degli investimenti (5,3 miliardi di euro). Rispetto al 2015, la crescita è di 3,2 GW e di 2,9 miliardi di euro. Tra gli attori principali del mondo finanziario ci sono soprattutto i gruppi assicurativi, le società d’investimento internazionali, i piccoli e medi fondi di private equity nazionali focalizzati sul settore energetico. Ad attrarre gli investimenti è soprattutto il fotovoltaico, seguito dall’eolico.
FAR RIPARTIRE LA CRESCITA. Il consolidamento dell’esistente non basterà però all’Italia per mantenere le posizioni acquisite e raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione dell’UE al 2030. E’ necessario ammodernare il parco impianti, che invecchia, e costruirne di nuovi.
RINNOVAMENTO DEGLI IMPIANTI. La sostituzione degli impianti eolici più anziani, pari a 3,5 GW, con tecnologie di ultima generazione, permetterebbe di ottenere un aumento netto di potenza di 4,5 GW, pari a 9 TWh aggiuntivi rispetto al caso no-action. Rilancio necessario anche per grande idroelettrico – che contribuisce per larga parte ai target delle rinnovabili – e per gli impianti a biomasse, in uscita dagli incentivi.
NUOVE INSTALLAZIONI. Il rinnovamento, da solo, non è sufficiente: è necessario dare ulteriore impulso alle nuove installazioni, partendo dalle tecnologie oggi più competitive. Per l’eolico gli scenari ipotizzano di portare l’installato a 20 GW al 2030 (inclusi i rinnovamenti), ad eccezione del caso 33% di efficienza energetica, dove la potenza eolica è stimata in 18 GW al 2030. In questo modo si otterrebbero 12,8-8,8 TWh aggiuntivi a seconda degli scenari. Per il fotovoltaico, oltre alle installazioni sostenute dalle detrazioni fiscali, si ipotizzano 13,4 GW di nuova potenza e 4,2 GW nel caso di riduzione dei consumi del 33%.