“La netta opposizione di alcuni esponenti del governo nei confronti della proposta di Direttiva Europea sulle prestazioni energetiche nell’edilizia e, in particolare, all’obbligo di riqualificare gli edifici portandoli prima in classe energetica E (2030) e poi D (2033) non ha a nostro avviso molto senso, sebbene sia importante garantire alcuni elementi di flessibilità in ragione delle caratteristiche del patrimonio immobiliare nazionale”.
È il parere della FIRE, la Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia.
“Anzitutto non può essere definita una patrimoniale, in quanto non sarebbe un puro prelievo dei risparmi delle famiglie e delle imprese, ma un investimento per riqualificare gli edifici, azione che produrrebbe risparmi energetici in grado di ripagare quanto speso e di produrre successivamente un guadagno, come dimostrano casi realizzati negli anni passati. Essendo i tempi di ritorno di tali investimenti non brevi in assenza di incentivi, è ovviamente necessario garantire la disponibilità politiche di supporto in grado di rendere economicamente sostenibile questo percorso. E questo riteniamo sia del tutto fattibile.
In secondo luogo, investire in efficienza energetica è fondamentale e necessario per il nostro Paese per i motivi di seguito indicati. È essenziale per gli obiettivi di mitigazione del cambiamento climatico, i cui effetti non si limitano ai danni diretti legati agli eventi estremi, ma alla riduzione della capacità idroelettrica e ai limiti sul funzionamento estivo delle centrali elettriche e delle reti. Riduce la domanda di energia, diminuendo la dipendenza dall’estero, le emissioni e la necessità di potenziare le reti elettriche, e facilitando il raggiungimento degli obiettivi sulle fonti rinnovabili grazie alla limitazione dei GW da installare. Produce effetti diretti sull’economia, grazie al coinvolgimento di una filiera con una buona rappresentanza italiana.
Sulla proposta di direttiva commenta così Dario Di Santo, direttore FIRE:
Spingere sull’efficienza energetica significa rafforzare l’economia, aumentare la sicurezza, ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e migliorare l’ambiente. E si può fare in linea con gli obiettivi comunitari. Per questo motivo riteniamo essenziale che venga varato un programma di medio-lungo periodo di supporto agli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, idealmente esteso fino al 2030, basato sulle detrazioni fiscali opportunamente migliorate in modo da migliorarne anche il costo efficacia rispetto al superbonus.
Quest’ultimo, infatti, in poco più di due anni, ha prodotto circa 62 miliardi di euro di investimenti, a fronte di un onere per lo Stato di 69 miliardi di euro, per riqualificare 360 mila edifici e unità funzionalmente indipendenti. Se si applicassero gli stessi rapporti ai circa 9 milioni di edifici che andrebbero riqualificati entro il 2033, in assenza di esenzioni ulteriori e di flessibilità, si otterrebbe un onere aggiuntivo medio di circa 172 miliardi l’anno, difficilmente sostenibile pur tenendo conto dei consistenti effetti indotti sull’economia e in termini di esternalità positive (riduzione costi sanitari, miglioramento produttività e qualità della vita, incremento di valore del parco immobiliare, etc.). Come evidenziato dal rapporto Censis “Ecobonus e Superbonus per la transizione energetica del Paese”, però, grazie all’extragettito generato dalla misura, il costo effettivo per lo Stato sarebbe nell’ordine del 30%, ossia 51 miliardi di euro anni; somma elevata, ma più gestibile.
Riteniamo però possibile modificare il pacchetto di detrazioni – riducendone l’esborso specifico agendo sulle aliquote e sugli interventi incentivati –, accompagnandolo con un fondo per mutui a tasso agevolato e con incentivi alle imprese della filiera mirati a facilitare l’industrializzazione della stessa» aggiunge Di Santo.
Un tale programma farebbe in modo che:
1. siano promosse le tecnologie più efficaci per la decarbonizzazione del parco immobiliare attraverso la riqualificazione;
2. sia prevista la misura delle prestazioni conseguite dagli immobili riqualificati, anche sfruttando le capacità dei contatori di nuova generazione;
3. sia rafforzato un programma di formazione scolastica, universitaria e professionale adeguato agli obiettivi previsti, basata anche su laboratori pratici (e.g. modello Octopus Energy britannico);
4. l’orizzonte temporale lungo produca una riduzione dei costi per materiali e manodopera, consentendo nel contempo alle imprese di ristrutturazione e di produzione dei materiali di strutturarsi per attività continuative e non spot;
5. sia possibile per le famiglie ridurre l’esborso iniziale e avere un supporto per l’eventuale mutuo da accendere per realizzare i lavori e sia garantito l’accesso a cessione del credito e sconto in fattura;
6. si ottenga nel tempo una riduzione dei costi di riqualificazione, unità a tempi minori per il completamento dei lavori e a cantieri meno invasivi.
Il tema del supporto allo sviluppo della filiera è determinante. Per raggiungere i numeri previsti si tratterebbe di incrementare il mercato attuale almeno di un fattore sei-sette, un risultato difficile da raggiungere, tanto più che non interesserebbe il solo mercato italiano, ma tutto quello europeo in termini di domanda, e diversi Paesi esteri in termini di offerta. Rischia anche di mettere in maggiore evidenza i limiti della mancata crescita demografica del Vecchio Continente. La Commissione Europea dovrebbe inserire un programma di aiuti e stimoli forti in questo senso, nonché concludere accordi di collaborazione internazionale per garantire la disponibilità di materiali, logistica e persone.
In merito alla direttiva sulla riqualificazione energetica degli edifici in discussione a livello europeo, invece, suggeriamo di introdurre maggiori possibilità di esenzione (ad esempio per gli edifici non storici ma comunque antichi diffusi in diverse regioni italiane, gli edifici in zona climatica A, B e C, o quelli per i quali non sia economicamente conveniente intervenire) e flessibilità sugli obiettivi, prevedendo una rimodulazione dei target in corso d’opera, per tenere conto dei risultati raggiunti nei vari Paesi e dei prevedibili effetti prodotti sul mercato da una domanda molto sostenuta a livello europeo, specie nei primi anni. Un’altra opzione suggerita è quella di promuovere reti di teleriscaldamento e teleraffrescamento alimentati a fonti rinnovabili per i centri urbani caratterizzati da edifici antichi non idonei ad una riqualificazione spinta.
In conclusione, FIRE ritiene fondamentale non sprecare tempo e avviare in Italia un vasto programma di riqualificazione energetica e sismica degli immobili, basato su interventi realizzati da esperti e ditte qualificate, in grado di migliorare il livello di comfort e la qualità dell’aria dei nostri edifici, così da generare quell’insieme di benefici prima citati che renderebbero una tale azione un grande investimento per il futuro”.
COORDINAMENTO FREE: LA PROPOSTA DI DIRETTIVA UE È UN'OPPORTUNITÀ. «L’efficienza energetica è un elemento di decarbonizzazione ma è anche importante per la sicurezza energetica, visto che riducendo la richiesta di energia si diminuisce la dipendenza dalle importazioni di fonti fossili. – afferma il presidente del Coordinamento FREE, Livio de Santoli – Se si è contrari all’efficienza energetica e alle sue modalità, non solo si nega l’importanza del processo di decarbonizzazione, ma si negano anche i tanti altri benefici collegati, evidenziati dal Censis nel recente rapporto “Ecobonus e Superbonus per la transizione energetica del Paese”. Inoltre, sono anni che anche il nostro Paese ha effettuato investimenti attraverso i meccanismi di detrazione fiscale, come l’Ecobonus e il Superbonus. Per quest’ultimo, ad esempio, il Censis stima a ottobre 2022 circa 115 miliardi di spesa attivata a fronte di 55 miliardi di investimenti, e 900 mila addetti attivati».
«Questa netta opposizione del governo nei confronti della Direttiva Europea sull’efficienza energetica nell’edilizia non ha nessun senso, né dal punto di vista dell’efficacia dei finanziamenti pubblici, né sull’importanza dei risultati che porterebbero anche ad una diminuzione della bolletta energetica (stimata – in ottica di direttiva europea per il residenziale – in 10-12 miliardi di euro all’anno), sebbene si consideri importante introdurre delle esenzioni aggiuntive e delle flessibilità per tenere conto delle caratteristiche del nostro parco immobiliare. – prosegue Livio de Santoli – Piuttosto conviene attivarsi da subito per revisionare il pacchetto delle detrazioni fiscali in modo da renderlo più efficiente, in grado di favorire interventi più efficaci nel promuovere la decarbonizzazione, e fondato su un orizzonte traguardato al 2030, in modo da fornire alle imprese e agli altri rappresentanti della filiera la capacità di crescere e strutturarsi e guidare un nuovo rinascimento dell’edilizia. Sviluppando adeguati meccanismi finanziari per rendere l’efficienza energetica più attraente per l’intera filiera si può costruire una linea di sviluppo industriale nazionale, inserita in una strategia energetica pluriennale, con strumenti strutturali migliorati sulla base delle esperienze di questi anni. Il processo non può essere bloccato, ma invece rilanciato».
«L’attuale struttura del Superbonus dovrebbe essere rivista proprio in funzione degli obiettivi posti dalla nuova Direttiva sull’efficienza energetica che fissa una road map precisa. E forse è proprio questo il fatto che dà fastidio: la programmazione. Cosa alla quale troppo spesso in Italia si è allergici», conclude Livio de Santoli.