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Riqualificazioni profonde condomini: analisi della proposta ENEA per nuovo meccanismo incentivante

Per Renovate Italy la proposta potrebbe essere una rivoluzione copernicana nella politica di sostegno all'efficienza energetica in edilizia

lunedì 27 giugno 2016 - Redazione Build News

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Secondo Renovate Italy la proposta di un nuovo meccanismo di incentivazione degli interventi di riqualificazione energetica profonda degli edifici condominiali, illustrata dal Presidente di ENEA Federico Testa nel corso della presentazione della nuova edizione del Rapporto Annuale sull’Efficienza Energetica (RAEE) “sembra avere le caratteristiche per essere un vero punto di svolta, quasi una rivoluzione copernicana, nella politica di sostegno sinora adottata dai Governi che si sono susseguiti negli ultimi dieci anni”.

Riportiamo alcuni passaggi dell'articolo consultabile a questo link.

“Il nocciolo della proposta è coerente con alcuni degli aspetti fondamentali evidenziati da Renovate Italy in diversi documenti e, in particolare, nell’analisi sistematica delle barriere e proposte di soluzioni pubblicata alcune settimane fa.

Il meccanismo proposto si applicherebbe agli interi edifici condominiali; l’ambito sarebbe quello dell’efficientamento profondo (è stata usata la locuzione “deep renovation”, ipotizzando riduzioni dei consumi dal 40 all’80%) e il beneficio sarebbe esteso a tutte le unità del condominio.

L’ambizione del nuovo strumento, quindi, sarebbe ben più alta di quella dell’inutile provvedimento introdotto con l’ultima legge di stabilità (la cessione della detrazione dai “no tax area people” ai fornitori) rivelatosi, come facilmente previsto da Renovate Italy, un clamoroso flop. L’obiettivo sarebbe di sbloccare il processo di trasformazione del patrimonio immobiliare con un’azione di stimolo in cui l’ecobonus ha fallito, come oggi finalmente si inizia ad ammettere.

Un fondo ad hoc (si è parlato della Cassa Depositi e Prestiti) finanzierebbe il 90% del costo degli interventi, mentre il rimanente 10% resterebbe a carico dei proprietari.

Il fondo recupererebbe l’investimento in dieci anni incassando il 65% dallo Stato (in analogia con l’ecobonus), consentendo in tal modo alla finanza pubblica di sostenere il processo diluendo l’impegno in un periodo compatbile con le esigenze di equilibrio di bilancio.

La differenza sarebbe recuperata, in un periodo che non è stato precisato ma che si può ipotizzare anch’esso pari a dieci anni, attraverso il risparmio energetico generato, che sarebbe addebitato agli utenti degli appartamenti nella bolletta energetica, con un meccanismo analogo a quello adottato nel Green Deal britannico. Questo sistema presenterebbe il vantaggio di rendere più agevole il recupero delle morosità ed escluderebbe il passaggio attraverso le spese condominiali che, spesso, è uno dei motivi che impediscono alle assemblee di condominio di deliberare le costose attività di manutenzione straordinaria delle parti comuni, a causa del timore di dover sostenere le quote dei condomini morosi.

Si è anche accennato a una condivisione al 50% del risparmio con i proprietari, per rendere maggiormente allettanti le proposte e aumentare il tasso di adesione.

La progettazione degli interventi di efficientamento sarebbe lasciata al mercato, ma sarebbe richiesta la validazione da parte di un ente terzo di natura pubblica. ENEA, come già fatto in passato, si è candidato a svolgere questo ruolo.

Non sono stati forniti altri particolari e, sul delicato tema di come considerare i risvolti di finanza pubblica, il prof. Testa ha lasciato la questione alla competenza della politica.

Suscitando una certa sorpresa in chi conosce il meccanismo, il Vice Ministro dell’Economia Enrico Morando ha replicato affermando che l’idea è molto buona.

Ha ribadito, come già fatto in passato, che si opporrà alla stabilizzazione perpetua degli incentivi: non sarebbero accettati dalla Ragioneria dello Stato perché nel lungo periodo verrebbero a mancare le “esternalità” positive dell’incentivo, cioè l’effetto anticiclico e la creazione di occupazione. Forse vale la pena di ricordare che la detrazione fiscale per i lavori di ristrutturazione edilizia è già stata resa permanente dal decreto legge n. 201/2011; ciò che non è permanente è solo l’attuale aliquota al 50% che, salvo ulteriori proroghe, scadrà alla fine del 2016 e tornerà al 36%.

Il Vice Ministro ha invece sostenuto il suo favore per una stabilizzazione per 3 anni. Non è chiaro, perché non lo ha precisato, se si sia riferito al solo ecobonus (o a ciò che lo sostituirà o integrerà, se effettivamente la proposta di ENEA sarà attuata) o anche al mantenimento dell’aliquota al 50% per l’altra misura di incentivazione.

Entrando più nel dettaglio, Morando ha parlato testualmente di acquisizione dell’incentivo da parte di Cassa Depositi e Prestiti (CDP). Ha inoltre sostenuto che, contrariamente a molti altri settori che hanno oramai superato la crisi, è necessario aiutare il settore dell’edilizia a riprendere volume e occupazione.

L’aspetto fortemente innovativo della nuova proposta sta proprio nella trasformazione da detrazione fiscale in incentivo, un’opzione che finora era sempre stata negata con la motivazione che il riconoscimento di un credito certo (condizione necessaria per coinvolgere la finanza) comporterebbe la registrazione del corrispondente debito (decennale) nel bilancio dello Stato, con creazione di debito pubblico e conseguente necessità di trovare immediata copertura anche per le quote che competono gli anni a venire. Al contrario, la detrazione fiscale non viene registrata che di anno in anno e trova copertura generica nella fiscalità complessiva.

Si tratta di investimenti per decine di miliardi di euro all’anno (lo stesso ordine di grandezza di quelli attualmente incentivati con lo sgravio fiscale per le ristrutturazioni), coerentemente con i numeri calcolati da ENEA.

Anche Mauro Mallone, della Divisione Efficienza energetica e risparmio energetico del MISE, ha ricordato che il potenziale di efficientamento del patrimonio immobiliare italiano è enormemente superiore a quanto si realizza con le politiche correnti.

Stime recenti mostrano che solo lo 0,14 per mille delle superfici non finestrate dell’involucro degli edifici italiani è stato riqualificato nel 2013 grazie all’ecobonus.

Da qualche tempo, dal Ministero giungono annunci di una profonda revisione del meccanismo di incentivazione, con l’obiettivo di renderlo più efficiente. Il sistema proposto, grazie alla transizione da detrazione a incentivo, cambierebbe drasticamente il contesto attuale, soprattutto nella prospettiva degli investitori che potrebbero contare su una rendita finanziaria pluriennale certa. Alcune tra le barriere sinora rimaste non affrontate sarebbero finalmente superate, eliminando l’incertezza insita nel meccanismo di detrazione fiscale e consentendo un ampio coinvolgimento della finanza privata in affiancamento all’azione pubblica.

L’impatto sul bilancio pubblico sarebbe mitigato dall’impostazione decennale e potrebbe essere compensato dalla esplicita computazione delle retroazioni positive sui conti dello Stato: da un lato l’aumento di PIL e imposte dirette e indirette conseguenti all’attivazione di iniziative che, senza potenti stimoli, il mercato non genera spontaneamente; dall’altro la riduzione di altre spese pubbliche favorite dalla riduzione delle emissioni inquinanti e dall’aumento del benessere, come quelle per la sanità e per gli ammortizzatori sociali legati alla disoccupazione.

Il meccanismo potrebbe essere regolato attraverso il contingentamento delle risorse disponibili, comunque a un livello sufficientemente elevato da risultare rilevante per capacità espansiva e contribuzione alla soluzione del problema ambientale. Infine, come per tutti i processi di innovazione che richiedono una iniziale fase di stimolo, la maturazione del mercato, i meccanismi di emulazione, l’evoluzione delle prassi e l’innovazione tecnologica probabilmente renderanno in futuro, se non superfluo, meno impellente il ruolo dell’incentivazione.

Diversi dettagli dovrebbero essere definiti, per evitare che aspetti trascurati, apparentemente marginali, impediscano al sistema di esprimersi pienamente: quorum e maggioranze condominiali, per esempio, dovrebbero essere definiti tenendo presente che le delibere sarebbero vincolanti, nei confronti dei dissenzienti, anche per ciò che riguarda il meccanismo di addebito delle quote di rimborso sulle bollette delle singole unità.

La possibilità di rendere il meccanismo più flessibile, consentendone l’applicazione anche a una sola parte delle unità condominiali ed escludendo dal finanziamento e dall’addebito in bolletta i proprietari delle unità disposti a sostenere direttamente l’investimento, procurerebbe vantaggi per i proprietari (minor costo dovuto all’assenza degli oneri finanziari) e per il sistema (maggiori risorse a disposizione delle famiglie che non dispongono delle risorse da investire).

E non si vedono motivi per non consentire l’applicazione del modello a tutte le istituzioni finanziarie che desiderassero impegnarsi in questo mercato nascente, vasto e articolato.

Per finire, si può suggerire di usare cautela nel fissare standard eccessivamente vincolanti relativi ai parametri tecnici ed economici, per evitare di generare aspettative poco realistiche e di impedire che condizioni eccessivamente gravose siano di ostacolo all’offerta di servizi di qualità che, comunque, di fronte a una domanda vasta si regolerebbe attraverso la competizione. Per esempio, una prima simulazione, che tiene conto dei costi plausibili degli interventi necessari per realizzare i risparmi prospettati, rende piuttosto arduo ipotizzare che Cassa Deposito e Prestiti, rinunciando al 50% del risparmio generato e rimanendo nell’orizzonte di 10 anni, possa trovare convenienza nell’investimento, ottenendo tassi di rendimento positivi.

Il rischio che bisogna evitare è che la convenienza sia circoscritta alle tecnologie meno costose ma anche meno efficaci, non in grado di generare risparmi di energia sufficientemente ambiziosi (deep renovation), e che il sistema resti in stallo.

Un approfondimento è necessario. Renovate Italy continuerà a fornire contributi e a essere di stimolo.

Naturalmente non tutto dipende dagli incentivi, ma anche da altri fattori più legati al territorio e all’azione degli operatori, come la diffusione della consapevolezza delle possibilità e dei benefici delle azioni di retrofit, e come l’organizzazione e la mobilitazione degli attori privati imprenditoriali e finanziari. Tuttavia, un aspetto sta diventando sempre più chiaro: che il perseguimento di elevati obiettivi di trasformazione del patrimonio immobiliare e i benefici che dipendono dal loro conseguimento sono troppo importanti, per l’intero Paese, per essere lasciati alle sole decisioni di investimento dei singoli individui. Un ruolo di primaria importanza deve essere svolto dalle norme, per la creazione di un contesto favorevole, e dalle amministrazioni locali e regionali nello stimolare e indirizzare il processo di rinnovamento.

Per questi motivi la strategia di riqualificazione del patrimonio immobiliare nazionale dovrebbe combinare in modo accorto requisiti ragionevoli, strumenti efficaci di persuasione all’azione e progressivi meccanismi di dissuasione dell’inazione”.

Virginio Trivella (Renovate Italy)

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