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Riscaldamento condominiale: nuova sentenza della Corte Ue

Il diritto dell’Ue non osta ad una normativa nazionale secondo cui ogni proprietario di un appartamento sito in un immobile detenuto in condominio è tenuto a contribuire alle spese del riscaldamento delle parti comuni

giovedì 5 dicembre 2019 - Redazione Build News

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Nella sentenza EVN Bulgaria Toplofikatsia (C-708/17 e C-725/17), pronunciata il 5 dicembre 2019, la Corte di giustizia europea si è espressa in merito alla compatibilità con il diritto dell’Unione di una normativa nazionale in materia di fornitura d’energia termica, dichiarando che le direttive 2011/83, sui diritti dei consumatori, e 2005/29, relativa alle pratiche commerciali sleali, non ostano ad una normativa nazionale che imponga ai proprietari di un appartamento in un immobile in regime di condominio allacciato ad una rete di teleriscaldamento di contribuire alle spese relative ai consumi di energia termica delle parti comuni e dell’impianto interno dell’immobile stesso, sebbene non abbiano fatto individualmente richiesta di fornitura di riscaldamento e non l’utilizzino nel proprio appartamento. Con riguardo alla normativa medesima, la Corte ha parimenti affermato che le direttive 2006/32 e 2012/27, relative all’efficienza energetica, non ostano a che la fatturazione di tali consumi avvenga, per ogni singolo proprietario di un appartamento sito in un immobile detenuto in condominio, proporzionalmente al volume riscaldato del rispettivo appartamento.

Le controversie principali si collocano nel contesto di due azioni giudiziarie dirette ad ottenere il pagamento di fatture indirizzate ai proprietari di beni siti in immobili detenuti in condominio e relative ai consumi di energia termica dell’impianto interno nonché delle parti comuni dell’immobile stesso, a fronte del rifiuto di pagamento da parte dei proprietari medesimi. A parere di questi ultimi, infatti, sebbene i loro immobili siano alimentati da una rete di teleriscaldamento per effetto di un contratto di fornitura concluso tra il condominio ed il fornitore di energia termica, essi non avrebbero tuttavia consentito individualmente a beneficiare del teleriscaldamento urbano, né l’utilizzerebbero nei rispettivi appartamenti.

La Corte ha anzitutto esaminato la questione dell’interpretazione della nozione di «consumatore», ai sensi della direttiva 2011/83, dichiarando che ricadono in tale nozione, nella loro qualità di clienti di un fornitore di energia, i proprietari ed i titolari di un diritto reale riguardante l’uso di un bene sito in un immobile in condominio allacciato ad una rete di teleriscaldamento, laddove si tratti di persone fisiche non impegnate in attività commerciali o professionali. La Corte ne ha dedotto che i contratti di fornitura di teleriscaldamento oggetto dei procedimenti principali rientrano nella categoria dei contratti conclusi tra professionisti e consumatori, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2011/83.

La Corte ha inoltre precisato la nozione di «fornitura non richiesta» di un bene, ai sensi dell’articolo 27 della direttiva 2011/83, affermando che l’alimentazione di energia termica dell’impianto interno e, conseguentemente, delle parti comuni di in immobile in regime di condominio, effettuata in base ad una decisione, adottata dal condominio dell’immobile stesso, di allacciamento alla rete di teleriscaldamento, conformemente alla normativa nazionale, non costituisce una fornitura non richiesta di teleriscaldamento.

La Corte si è infine pronunciata sul metodo di fatturazione dei consumi di energia termica negli immobili in condominio, rilevando che, conformemente alla direttiva 2006/32, gli Stati membri provvedono affinché i clienti finali di energia ricevano, particolarmente nei settori dell’elettricità e del teleriscaldamento, contatori individuali che misurino con precisione i loro consumi effettivi di energia, laddove ciò risulti tecnicamente possibile. Orbene, secondo la Corte, appare difficilmente concepibile poter interamente individualizzare la fatturazione relativa al riscaldamento negli immobili in regime di condominio, in particolare per quanto attiene all’impianto interno ed alle parti comuni, considerato che i singoli appartamenti di tali immobili non sono indipendenti l’uno dall’altro sul piano termico, atteso che il calore circola tra le unità riscaldate e quelle che lo sono in misura minore o non lo sono affatto. Ciò detto, la Corte ha affermato, in conclusione, che, alla luce dell’ampia discrezionalità di cui gli Stati membri dispongono con riguardo al metodo di calcolo dei consumi di energia termica negli immobili in regime di condominio, le direttive 2006/32 e 2012/27 non ostano a che il calcolo del calore emesso dall’impianto interno di tali immobili avvenga proporzionalmente al volume riscaldato di ogni singolo appartamento.

In allegato la sentenza

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