Un team di scienziati del progetto europeo Atopica traccia lo scenario futuro dei pollini di Ambrosia e dell’aria in Europa. Quantità quattro volte superiori rispetto a quelle attuali: questi i livelli nell’aria che i granuli pollinici di questa pianta invasiva potrebbero raggiungere nel 2050. L’aumento sarebbe imputabile per due terzi ai cambiamenti climatici e per un terzo alla colonizzazione di nuovi ambienti favorita dalle attività umane.
Le stime parlano chiaro: è necessario intervenire a livello europeo, intraprendendo azioni di controllo coordinate, monitorando a lungo termine i pollini e mappando le aree interessate dalla presenza dell’Ambrosia. I dettagli dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Climate Change.
Originaria del Nord America, Ambrosia artemisiifolia è una pianta dal polline altamente allergenico, causa di rinite, congiuntivite e asma. La pianta, particolarmente diffusa in Ungheria, Italia (nella parte occidentale della Regione Lombardia) e Francia (soprattutto nelle regioni della Borgogna, dell’Alvernia e del Rodano-Alpi), ne produce in gran quantità in agosto e settembre, mesi in cui si raggiunge un picco, estendendo fino all’autunno, per le persone sensibilizzate, il periodo delle allergie.
Diversi studi indicano che il riscaldamento globale favorirà l’espansione territoriale di questa specie invasiva e la colonizzazione di nuove aree che in passato non offrivano, dal punto di vista climatico, condizioni adatte al suo insediamento. Nessuno, tuttavia, aveva finora stimato l’entità degli incrementi di polline nell’aria prevedibili in futuro. Lo ha fatto il team internazionale dei ricercatori di Atopica - Atopic diseases in changing climate, land use and air quality - coordinato da Michelle Epstein della Medial University of Vienna. I partner italiani del progetto Atopica sono tre: per le indagini molecolari sulle coorti, da Milano, l'Università Vita-Salute San Raffaele con un gruppo di ricercatori guidati da Dejan Lazarevic, per gli studi sul clima l'International Centre for Theoretical Physics (Ictp) Abdus Salam di Trieste con il team coordinato da Filippo Giorgi e, sempre da Trieste, per la disseminazione dei risultati della ricerca Promoscience, impresa dell’AREA Science Park specializzata in soluzioni ICT, grafica e comunicazione scientifica.
Da un punto di vista geografico, la contaminazione dell’aria da parte dei pollini è un fenomeno in evoluzione che dipende da diversi fattori, in particolare dalla capacità della pianta di raggiungere nuovi territori attraverso una varietà di fenomeni di dispersione dei suoi semi e dai cambiamenti climatici che ne favoriscono la crescita in nuovi territori. Per predire gli effetti del clima e delle diverse modalità di dispersione dei semi sulla concentrazione atmosferica del polline, gli scienziati hanno utilizzato due diversi tipi di modelli numerici: il primo per simulare i cambiamenti climatici sulla base della quantità di gas serra che sarà potenzialmente emessa negli anni a venire in relazione alle diverse attività umane; il secondo per simulare i fenomeni di invasione della pianta, la produzione e il rilascio di polline e la sua dispersione nell’aria. Questi modelli, con cui sono stati testati diversi scenari di disseminazione dei semi e climatici, hanno permesso ai ricercatori di calcolare che, per il 2050, gli incrementi di concentrazione dei pollini di ambrosia arriveranno in media a quadruplicarsi. Come ogni previsione, anche questa ha in sé un margine d’incertezza e per confermare il trend messo in luce è necessario monitorare a lungo termine i pollini e in che modo evolve la distribuzione della pianta in Europa, insieme a mapparne la presenza.
Altro risultato importante dello studio è anche l’aver pesato il contributo dei singoli fattori nel determinare gli aumenti previsti. Un terzo degli incrementi sarebbe imputabile alla dispersione dei semi, sia essa per mezzi naturali attraverso i fenomeni di ruscellamento e i corsi d’acqua, o mediata dall’uomo attraverso i trasporti su strada, su rotaia e l’agricoltura. I cambiamenti climatici, invece, sarebbero responsabili per i restanti due terzi. Questi, infatti, favoriscono da un lato l’espansione dei limiti territoriali dell’ambrosia, in particolare verso il Nord e il Nord-Est dell’Europa, e dall’altro un incremento nella produzione dei pollini. Quest’ultimo effetto è indotto dall’aumento nell’atmosfera dei livelli di anidride carbonica, che influenzano positivamente lo sviluppo della vegetazione.
Quali sono le conseguenze degli aumenti predetti sulla salute dei cittadini europei? Gli scienziati si aspettano un aumento dei casi di sensibilizzazione al polline dell’Ambrosia e un numero maggiore di persone che manifesteranno in futuro i sintomi dell’allergia in tarda estate. Questi risultati, ottenuti nell’ambito del progetto europeo Atopica, creano il presupposto per lo sviluppo di strumenti per la previsione a breve termine delle concentrazioni di polline e dovrebbero rappresentare la base scientifica per includere l’ambrosia nelle azioni di sorveglianza per la prevenzione delle allergie.