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Rischio idrogeologico, presentato il report ANBI

Il Piano dell'Associazione dei Consorzi di bonifica prevede 3.581 interventi corredati da progetti definitivi ed esecutivi con un investimento complessivo di 8 miliardi di euro capaci di attivare oltre 50.000 posti di lavoro

venerdì 23 settembre 2016 - Redazione Build News

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In materia di prevenzione idrogeologica, il problema non è la disponibilità di risorse (ai circa 2 miliardi reperiti dalla Struttura di Missione nelle more dei bilanci pubblici si somma un altro miliardo di stanziamenti), ma la capacità di spesa; in questo, il Piano di progetti definitivi, redatto dall’ANBI, è non solo un esempio da imitare, ma un patrimonio da cui attingere.

Lo ha affermato il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti, nel suo intervento alla presentazione del report “Manutenzione Italia 2016 - Azioni per l’Italia sicura” dell'Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (Anbi), svoltasi ieri a Roma.

I DATI MINAMBIENTE E ISPRA. Secondo i dati del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, il 9,8% del territorio nazionale è costituito da aree ad elevata criticità idrogeologica; si tratta dell’82% dei comuni, dove si stimano a rischio 6.250 scuole, 550 strutture sanitarie, circa 500.000 aziende (agricole comprese), 1.200.000 edifici residenziali e non.

L’intensa urbanizzazione, sviluppatasi senza tenere in alcuna considerazione le aree fragili dal punto di vista idrogeologico (alluvioni, frane, dissesti), il contemporaneo abbandono delle aree collinari e montane da parte della popolazione e delle attività agricole, i cambiamenti climatici hanno acuito la fragilità del territorio.

Non è possibile stimare il valore della sicurezza, ma quello del costo del dissesto idrogeologico sì: 2,5 miliardi di euro all’anno.

L’ISPRA ha rilevato 1.221.811 ettari del territorio nazionale a pericolosità idraulica elevata (tempo di ritorno degli eventi tra i 20 e 50 anni), 2.441.080 a pericolosità media (tempo di ritorno fra 100 e 200 anni) e 3.215.040 a pericolosità bassa (scarsa probabilità di alluvioni o scenari di eventi estremi). In totale si tratta di 6.877.931 ettari (23% dell’intera superficie).

L’ISPRA, inoltre, ha individuato 1.640 comuni interessati da aree solo con pericolosità da frana elevata o molto elevata, 1.607 comuni interessati da aree solo a pericolosità idraulica media, 3.898 comuni interessati da aree sia a pericolosità da frana elevata o molto elevata, sia a pericolosità idraulica media.

Il totale dei comuni italiani interessati da aree con pericolosità da frana e/o idraulica risultano pertanto 7.145, pari all’88,3%, mentre i comuni non interessati da tali aree risultano solamente 947.

La superficie delle aree classificate a pericolosità da frana elevata o molto elevata e idraulica media ammonta complessivamente a 4.774.700 ettari, pari a 15,8% del territorio nazionale.

La popolazione italiana a rischio frane è 5.624.402 abitanti (1.224.000 abitanti nelle aree a maggiore pericolosità), le imprese a rischio sono 362.369 (79.530 nelle aree a maggiore pericolosità), 34.651 sono i beni culturali a rischio (10.335 nelle aree a maggiore pericolosità), le superfici artificiali si estendono su ha. 1.830.300 (ha. 376.300 nelle aree a maggiore pericolosità).

La popolazione a rischio alluvioni è di 9.039.990 abitanti (di cui 5.922.922 a pericolosità media ed elevata), le imprese a rischio sono 879.364 (di cui 576.535 a pericolosità media ed elevata), i beni culturali a rischio sono 40.454 (di cui 29.005 a pericolosità media ed elevata), le superfici artificiali a rischio si estendono su 292.690 ettari (di cui ha. 201.130 a pericolosità media ed elevata).

L’impermeabilizzazione rappresenta la principale causa di degrado del suolo in Europa, in quanto comporta un rischio accresciuto di inondazioni, contribuisce ai cambiamenti climatici, minaccia la biodiversità, contribuisce alla progressiva e sistematica distruzione del paesaggio soprattutto rurale.

CONSUMO DI SUOLO. Il consumo di suolo in Italia continua a crescere, pur segnando un importante rallentamento negli ultimi anni: tra il 2013 e il 2015 le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 250 chilometri quadrati di territorio, ovvero, in media, circa 35 ettari al giorno. Una velocità di trasformazione di circa 4 metri quadrati di suolo che, nell’ultimo periodo, sono stati irreversibilmente persi ogni secondo. Dopo aver toccato anche gli 8 metri quadrati al secondo degli anni 2000, il rallentamento iniziato nel periodo 2008-2013 (tra i 6 e i 7 metri quadrati al secondo) si è consolidato negli ultimi due anni.

I dati della rete di monitoraggio mostrano come, a livello nazionale, il suolo consumato sia passato dal 2,7% degli anni ’50 al 7% sper il 2015, con un incremento del 4,3 % e una crescita percentuale del 159% (1,2% ulteriore tra il 2013 e il 2015). In termini assoluti, si stima che il consumo di suolo abbia intaccato ormai circa 2.110.000 ettari del nostro territorio.

L’adeguamento delle opere di bonifica idraulica è quindi condizione fondamentale per la sicurezza territoriale, necessaria non solo all’esercizio dell’agricoltura, ma indispensabile per qualunque attività economica. Se non vi è stabilità del suolo non si realizzano investimenti per infrastrutture ed impianti.

PIANO ANBI PER LA RIDUZIONE DEL RISCHIO IDROGEOLOGICO. Il Piano ANBI per la Riduzione del Rischio Idrogeologico “Manutenzione Italia 2016 – Azioni per l’Italia sicura” prevede complessivamente 3.581 interventi, articolati per regione e perlopiù corredati da progetti definitivi ed esecutivi (serve solo il finanziamento), con un investimento complessivo di 8.022 milioni di euro, capaci di attivare oltre 50.000 posti di lavoro. L’ANBI auspica che di tali indicazioni si possa tener conto nella prossima Legge di Stabilità.

“Nel momento in cui il Paese piange ancora i morti causati dal sisma del 24 agosto scorso, si ripropone con forza il tema della prevenzione; l’ANBI, nel presentare il Rapporto 2016, indica al Governo progetti concreti per la cura e la tutela del territorio”, ha spiegato Francesco Vincenzi, presidente di ANBI. “Questo contributo è teso a realizzare un programma di manutenzione e prevenzione del dissesto idrogeologico sul territorio italiano, che potrebbe considerarsi la più importante opera pubblica di cui il Paese ha bisogno. Nel prendere atto del profondo cambiamento, verificatosi con la scelta del Governo di privilegiare la prevenzione rispetto all’intervento in emergenza come testimonia l’aver voluto creare l’Unità di Missione prima e “Casa Italia” poi, l’ANBI chiede l’assunzione di ulteriori scelte forti nella direzione della concretezza, tenendo conto del contributo progettuale dei consorzi di bonifica e del ruolo, che svolgono sul territorio del nostro Paese per la riduzione del rischio idrogeologico.”


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