Il 7 giugno scorso la Commissione europea ha deciso di inviare un parere motivato all'Italia in quanto il suo diritto nazionale non è conforme alla direttiva sui ritardi di pagamento (direttiva 2011/7/UE).
Nel mese di aprile 2017 l'Italia ha apportato una serie di modifiche al Codice dei contratti pubblici (D.lgs n. 50/2016). Una delle nuove disposizioni estende sistematicamente di 30 giorni i tempi di gestione del pagamento delle fatture per stato avanzamento lavori negli appalti pubblici.
Le autorità italiane sostengono che tale ulteriore periodo sia necessario ai fini delle verifiche, anche qualora siano già state svolte nel corso delle diverse fasi di realizzazione delle opere pubbliche. Tale disposizione, che estende il periodo in questione di ulteriori 30 giorni, si configura come una violazione della direttiva sui ritardi di pagamento.
La direttiva dispone che le autorità pubbliche debbano eseguire i pagamenti non oltre 30 o 60 giorni dalla data di ricevimento della fattura o, se del caso, al termine della procedura di verifica della corretta prestazione dei servizi. Nel luglio 2017 la Commissione ha inviato una lettera di costituzione in mora all'Italia nel quadro di un impegno costante volto a garantire la tempestività dei pagamenti a favore degli operatori economici, spesso PMI, e a migliorare l'attuazione della direttiva in tutta l'UE.
L'Italia dispone ora di due mesi per rispondere alle argomentazioni formulate dalla Commissione; in caso contrario, la Commissione potrà decidere di deferire l'Italia alla Corte di giustizia dell'UE.
Ricordiamo che nel dicembre 2017 la Commissione europea ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di giustizia dell'UE a causa del sistematico ritardo con cui le amministrazioni pubbliche italiane effettuano i pagamenti nelle transazioni commerciali (LEGGI TUTTO).